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L’indice di fiducia delle imprese aumenta per il terzo mese consecutivo con un livello superiore alla media del 2022. Cresce la manifattura, non solo costruzioni e servizi, aumentano le attese di nuova occupazione dopo avere creato mezzo milione di posti in più a tempo indeterminato, ma questo non si dice perché si stressa il calo della fiducia dei consumatori che resta alta e paga solo l’errore dello sconto sulle accise e la benzina di polemiche che ne è scaturita. Succede uguale per le esportazioni italiane che continuano a crescere a un ritmo doppio di quelle tedesche. Anche il successo della cattura del super boss è l’occasione per svilire il confronto su temi vitali come la riforma della giustizia. Perché la bolla comunicativa trasferisce sempre il messaggio della valanga catastrofista che si ingrossa e rotola. Per compiacere lo sponsorizzato di turno si attenta al bene comune incidendo sulle aspettative che peggiorano i comportamenti economici.

Il problema che nessuno vuole vedere è la spaccatura in questo Paese molto forte tra una grossa parte degli opinion maker e la realtà. La gente accusa la politica di fare la politica politicante, ma chi più di tutti fa la politica politicante è una parte rilevante degli opinionisti che ignora la realtà o decide di ignorarla. Soffia sul fuoco a favore del politico o dell’amico di turno sponsorizzato e a spese banalmente dell’intera collettività. Per cui è vero, ad esempio, che la maggioranza di centrodestra si spacca, ma diventa vero che il Paese è in rivolta contro la maggioranza e questo non è vero come dimostrano i sondaggi.

C’è di peggio. Il racconto terrorizzante dell’economia italiana della recessione certa, ovviamente profonda, esiste solo nelle previsioni catastrofiste di una larga parte degli opinion maker. È puntualmente smentito dalla supercrescita economica di sette trimestri consecutivi che non ha avuto nessuna grande economia europea (governo Draghi) e dalla crescita che continua (governo Meloni) come si evince dai dati reali comunicati dalla statistica nazionale che condannano nel silenzio generale i gufi di professione. Si è creato mezzo milione di occupati in più a tempo indeterminato e si continua ad assumere, aumenta anche il numero di chi rinuncia a un lavoro perché ne cerca uno migliore o più coerente con le sue idee di vita, ma di tutto questo che è profondamente vero non si fa cenno.

Si è arrivati perfino a ignorare che dopo anni e anni si è ridotto il rischio di povertà, che non vuol dire affatto che diseguaglianze e povertà non restano un problema fondamentale da risolvere, ma la bolla comunicativa deve sempre trasferire il messaggio della valanga catastrofista che si ingrossa e rotola. Quella che attenta al bene comune perché incide sulle aspettative e peggiora i comportamenti che hanno rilevanza economica. È di ieri la notizia che l’indice di fiducia delle imprese aumenta per il terzo mese consecutivo con un livello superiore alla media del periodo gennaio-dicembre 2022. Cresce l’indice di fiducia anche della manifattura, non solo delle costruzioni e dei servizi, aumentano le attese di nuova occupazione dopo averne creata tanta di nuova, ma anche questo non si dice o si dirà fievolmente perché bisogna stressare la microscopica discesa della fiducia dei consumatori, che resta sopra i 100 punti, che è influenzata esclusivamente dall’errore di avere tagliato lo sconto delle accise e soprattutto dalla benzina delle polemiche che ne è scaturita.

È finita tutta nell’inflazione fabbricata dalla speculazione nascosta italiana che riguarda tutto e tutti. Come è anche ovvio che se vado alla stazione di servizio e pago di più il pieno le opinioni sulla mia situazione personale ne risentono, ma è un fatto temporaneo esaltato dal solito racconto terrorizzante che occupa le tv da mattina a sera senza che nessuno ricordi che questo dato è inserito dentro un quadro strutturale di breve termine di prezzi del gas discendenti e dentro un quadro monetario che incide sui tassi ma tiene complessivamente molto meglio del previsto.

Anche qui si recita sempre il copione contrario con voci sempre più roboanti. Ci fosse qualcuno che si prendesse la briga di raccontare che le esportazioni italiane continuano a fabbricare record su record puntando a superare i 600 miliardi l’anno con una crescita in valore del 2022 sul 2021 del 20% e, cioè, a un tasso doppio della crescita delle esportazioni dell’industria tedesca (+10%). Di tutti questi numeri veri, certi, documentati, che hanno creato occupazione e di nuova ne creeranno, non c’è spazio informativo perché tutto è coperto dal rumore assordante delle polemiche di parte.

Permane dominante un racconto con le famiglie che sono tutte alla canna del gas che contrasta con le piste da sci piene di gente, che non vuol dire affatto che non c’è una parte rilevante del Paese che continua a soffrire e va sostenuta ancora di più, ma solo che il contesto del Paese non è quello recessivo e che ciò che si è ricevuto in eredità non è un rimbalzo ma una crescita duratura con tassi da miracolo economico che solo il gufismo professionale e la scivolata sulla benzina possono mettere parzialmente in discussione. Perché il pasticcio collegato al taglio dello sconto delle accise ha finito con mettere benzina nell’inflazione nascondendo i veri speculatori che proliferano nelle catene della distribuzione grande e piccola e nella filiera del carrello alimentare arrecando danno ai produttori e ai lavoratori del settore.

Che, peraltro, nel primo caso continuano a fare crescere le loro attività soprattutto all’estero e nel secondo caso continuano invece a registrare l’aumento della domanda di lavoro in casa. Per capire di che cosa stiamo parlando, basterebbe prendere il solito dato della statistica nazionale dove è scritto nero su bianco che l’export agroalimentare è arrivato alla cifra record dei 60 miliardi con un aumento del 17% rispetto al 2021 e il solo comparto del vino di cui si parla solo per dire che rimpicciolisce il cervello e non si sa quali sciagure gli riserva l’Europa ha totalizzato 8 dei 60 miliardi di esportazioni totali dell’intera filiera. Anche qui si dà fiato alle trombe sbagliate. In questo campo siamo degli specialisti, non sbagliamo mai musica. Potremmo continuare anche fuori dall’economia perché da questo punto di vista quello che è accaduto con la giustizia è esemplare.

Lo Stato consegue un grande risultato investigativo catturando il super boss di Cosa Nostra, ma invece di rallegrarsi e intensificare gli sforzi di intelligence sul territorio e (ancora di più) sui canali nazionali e internazionali di diffusione di un fenomeno aberrante di carattere prevalentemente economico, si impalca una polemica sulle intercettazioni che ha il solo scopo di fare saltare la riforma della giustizia che è invece assolutamente necessaria per recuperare tempi europei e il rispetto della dignità delle persone calpestato con una leggerezza e un doppio registro che fanno semplicemente paura.

Ovviamente il pensiero dominante dell’opinione dell’irrealtà accrediterà che la gente vuole le intercettazioni su tutto e tutti, mentre la stragrande maggioranza è contrarissima agli abusi che ne sono stati fatti calpestando spesso l’onore di persone oneste e tendenzialmente capaci. Per dire la verità bisognerebbe avere voglia di conoscere la realtà, ma proprio questa volontà manca o, peggio, se ne prescinde a ragion veduta.


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