La sede della Bce a Francoforte
5 minuti per la letturaL’abilità è fare in modo che l’effetto indesiderato di questa tassa estera monetaria sia il minimo possibile e duri per il minimo tempo. Bisogna che in Italia la compatibilità della crescita dei redditi nominali sia non orientata all’indietro ma in avanti dove ci sono margini perché i salari crescano senza portare costi non sostenibili per chi ha difficoltà e licenzierebbe. Bisogna tornare alla politica dei redditi ed è una sfida che l’Italia può vincere regalandosi uno spread molto di più al di sotto dei 200 punti. Non siamo ai tempi della Bundesbank dello shock petrolifero del 1979/80 che fece volare i tassi e dobbiamo evitare di pagare il conto di racconti aggressivi che spaventano tedeschi e olandesi. Il focus internazionale sull’Italia riguarda la capacità della sua economia di superare senza gravissimi danni la fase recessiva legata a caro energia e restrizioni monetarie. Possiamo farcela.
Gli uomini delle istituzioni europee e dei mercati si sono convinti che con la prima premier donna italiana, Giorgia Meloni, leader della Nuova Destra, non c’è il pericolo di fughe ingiustificate in avanti e di passi azzardati in tema di finanza pubblica. È un risultato niente affatto scontato che è stato conseguito grazie alle scelte operate. Si è potuto constatare che alcune bandierine ideologiche come il Pos sono state ammainate e quelle (discutibili) sopravvissute sul lavoro autonomo non hanno messo a rischio la stabilità dei conti. Anche il primo errore serio che ha riguardato il taglio dello sconto sulle accise della benzina è stato incanalato in un cordone protettivo anche se permangono alcune incognite.
Quello che viene poco detto e scritto è che gli uomini delle istituzioni italiane e europee che dialogano con Giorgia Meloni sono favorevolmente colpiti dalla padronanza dei temi economici che lei rivela nelle conversazioni che li conforta nella capacità di mettere a fuoco le cose e di tenere conto delle compatibilità derivanti dalla sovranità monetaria europea condivisa. Anche questo non era affatto scontato. Per tali ragioni il focus internazionale vero di oggi sull’Italia riguarda il giudizio che si formerà in questo trimestre e in quello successivo sulla capacità dell’economia italiana di superare senza gravissimi danni la fase pre-recessiva legata a caro energia e restrizioni monetarie. Per la precisione, gran parte del giudizio di questo focus si formerà sulla capacità di attuare i programmi concordati di spesa pubblica per investimenti e di portare avanti il processo riformatore compiuto con la stessa determinazione dimostrata nell’approvazione della riforma liberalizzatrice dei servizi pubblici locali. Il governo Meloni verrà giudicato dalla capacità di mettere a frutto i benefici derivanti dalla spesa per infrastrutture in misura tale da mobilitare altrettanti investimenti privati e attrarre capitali internazionali. Perché ciò, non altro, permetterà di fronteggiare una politica monetaria diventata oggettivamente più restrittiva.
Anche qui, però, al governo Meloni sono richieste essenzialmente due cose. La prima è di non assecondare direttamente racconti di aggressività pericolosa nei confronti della Bce perché questo spaventa l’ala nordista della banca e gli stessi mercati non aiutando la ricerca di una soluzione. Il punto dirimente per noi Italia è evitare che il costo di questa tassa estera monetaria si trasferisca sul consumatore finale e assuma le dimensioni del problema salariale tedesco e olandese trasferendo il peso di tutto a carico della nostra spesa pubblica. Questi maggiori costi sarebbero di un certo rilievo sul piano interno e inevitabilmente incidono anche sui prezzi dell’energia sul piano esterno che poi ricadono in casa. La vera abilità è determinare le conseguenze che dentro la Bce e specificamente in Italia l’effetto indesiderato di questa tassa estera sia il minimo possibile e duri per il minimo tempo possibile.
Dietro questo problema c’è la difficoltà europea di fare incontrare la politica monetaria con la politica tout court fatta da tante politiche di bilancio. Bisogna che, soprattutto in Italia, la compatibilità della crescita dei redditi nominali sia non tanto orientata all’indietro per recuperare quanto piuttosto a guardare avanti dove ci sono margini di profitto perché i salari recuperino potere d’acquisto senza che il recupero di chi può recuperare porti con sé costi non sostenibili per aziende che hanno già forti difficoltà e licenzierebbero. Bisognerebbe tornare alla politica dei redditi ed è una sfida che l’Italia di oggi può vincere portandoci in dote uno spread ancora più basso ben di più al di sotto dei 200 punti. Queste cose bisogna dirsele perché sono vere. Perché c’è una tendenza al recupero in Europa. Perché la Cina dà segnali di movimento anche se può portare a un aumento dei prezzi delle materie prime. Perché negli Stati Uniti si avvertono gli effetti della politica monetaria con forti rallentamenti sui prezzi finali. Per cui in qualche misura se non proprio temporaneo questo shock inflazionistico potrebbe essere molto limitato e durare al massimo un anno o un anno e mezzo. Perché nei fatti la crescita inflazionistica vera dura da dodici mesi. Prima in Europa non è che non è stata vista, semplicemente non c’era. Il rischio da evitare è che questa tassa estera di temporaneità non venga scaricata sui prezzi finali che sono i prezzi al consumo e i prezzi di negoziazione.
Al momento non ci sono condizioni internazionali certe di peggioramento e l’impatto estero è sostenibile anche perché la risposta dei Paesi dell’euro si sta rivelando meglio del previsto. Se il fenomeno bellico si protrae nel tempo, anzi, più correttamene peggiora, allora diventa un problema serio. Altrimenti la politica monetaria continuerà ad aumentare i tassi, ma non siamo ancora ai tempi dello shock petrolifero del 1979/80 quando la Bundesbank fece salire i tassi fino al 10/12% e esplodere i prezzi in Germania.
Oggi con l’inflazione che è arrivata fino al 10/11% si portano i tassi al 2/3% che è proprio un’altra cosa. C’è, dunque, una narrativa di un fenomeno vero che diventa però un’altra cosa non vera. Questa narrativa inventata ce la potremmo risparmiare. Anche perché ci fa solo del male.
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