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Il ministro per la Cultura, Gennaro Sangiuliano

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Per farlo occorre alzare la bandiera riformatrice con nettezza di parole e chiarezza di indirizzi senza sbandamenti inutilmente demagogici. Forza Italia e la mezza Lega che gioca contro  capiranno presto che non hanno spazi reali per continuare le loro battaglie indecenti. La legge di bilancio è un pezzetto della sfida complessa che Giorgia Meloni ha davanti a sé. Può contare su una squadra di testa di ministri – penso a Fitto e a Sangiuliano, a Giorgetti come a Tajani – che hanno tutti i numeri per accompagnarla in questo percorso innovatore che appartiene alla storia più nobile del conservatorismo moderno. Questo pragmatismo servirà nelle grandi partite che riguardano la governance degli investimenti, la rete delle telecomunicazioni e la privatizzazione della compagnia di bandiera. Con il mercato non si può giocare. L’intelligenza della politica è conseguire i risultati che si ha in mente di conseguire misurandosi con la realtà scegliendo le persone giuste e evitando scorciatoie rischiose. Perché anche qui l’Europa ci controlla e i mercati ci guardano. Ricordiamocelo.

Non è il tempo, che era pochissimo, a mancare. Non sono le risorse, che erano e sono pochissime, a mancare. Quello che difetta è la comunicazione delle tante scelte riformatrici messe in atto e la volontà di proseguire con più metodo e ancora più determinazione su questa strada. Se si avesse il coraggio di fare la prima e la seconda cosa non si sarebbero consumate così tante energie su provvedimenti di nessuna fattibilità per il contesto europeo in cui abbiamo scelto di essere perché ci conviene in modo assoluto e di esclusiva natura elettorale con indulgenze inammissibili che minano la modernizzazione del Paese e ne sfibrano la coscienza etica.

Parliamoci chiaro. La legge di bilancio del governo Meloni sono i 23 miliardi contro il caro energia, l’intervento attuato e lievemente ampliato del cuneo fiscale, l’attenzione ai ceti più deboli che fanno i conti con la tassa più ingiusta che è l’inflazione. Questa parte draghiana della manovra viene difesa con poca determinazione. Così come la riforma della App 18, che con la Carta Cultura Giovani e la Carta del merito esprime il pragmatismo del migliore riformismo conservatore coniugando insieme merito e bisogni, non viene rivendicata con la forza che merita sopraffatti come si è da un dibattito malato che gratta gratta si riduce a quali escamotage trovare per scudare chi si è macchiato di reati penali (un’indecenza improponibile) e a fare finta di liberare da pericoli inesistenti questo o quello dei lavoratori autonomi.

Dentro questa manovra c’è il pragmatismo innovatore del ministro Sangiuliano che affianca la responsabilità della gestione della finanza pubblica del ministro dell’economia Giorgetti e lo straordinario lavoro di intelligenza politica e di dialogo costante con l’Europa del ministro Fitto che ha svolto un ruolo decisivo per accelerare sulla riforma liberalizzatrice dei servizi pubblici locali, la semplificazione del codice degli appalti, l’accelerazione sull’innovazione della governance della spesa e, in generale, sull’identità di un governo riformatore che vuole attuare gli impegni concordati con l’Europa.

Allora, chiariamoci subito. Il mal di pancia di Forza Italia c’è e si vede. Quello che è avvenuto sullo scudo penale poi abolito ne è emblematico. I mal di pancia interni alla Lega sono altrettanto evidenti e le schermaglie tra il Presidente della Camera, Fontana, e il ministro dell’Economia Giorgetti ne sono stati un altro esempio lampante che ha peraltro inciso sull’aumento del tasso di confusione che segna questo passaggio parlamentare. Potremmo continuare con altri esempi di meline misto elettorali-demagogiche, la mancata ratifica del Mes ne è un altro, ma non ne vale la pena e non serve per quello che ci preme dire qui oggi. Bisogna capire che la legge di bilancio, ancorché decisiva in questa fase perché non ci possiamo permettere l’esercizio provvisorio, è un pezzetto della sfida complessa che il governo Meloni ha davanti a sé per affrontare la congiuntura più difficile della storia che mette insieme guerra mondiale delle materie prime e tensioni monetarie con il suo carico di prezzi in risalita e tassi alti.

Dovendosi misurare con una sfida di queste dimensioni Giorgia Meloni deve battere ogni giorno di più senza infingimenti sul tasto riformatore compiuto e sulle alleanze strategiche in Europa che sono il portato più importante del governo di unità nazionale guidato da Draghi che è riuscito in questo modo a tutelare l’economia che si è rivelata la più resiliente in Europa e la più attrattiva a livello internazionale. Quella stessa economia che continua a sorprendere con i suoi tassi di crescita di investimenti in macchinari e di quota globale di esportazioni continuando a produrre occupazione e a ridurre sia pure con un ritmo meno forte le diseguaglianze. Non bisogna rompere il giocattolo e, per farlo, bisogna alzare la bandiera riformatrice con nettezza di parole e chiarezza di indirizzi senza sbandamenti inutilmente demagogici. Forza Italia e la mezza Lega che gioca contro capiranno che non hanno spazi reali per continuare le loro pericolosissime schermaglie e Berlusconi, in particolare, dovrà rendersi conto che uscire dalla sua lunga storia politica con dignità è per lui l’unica, vera priorità. Giorgia Meloni può ancora farcela anche perché ha una squadra di ministri – penso a Fitto e a Sangiuliano, penso a Giorgetti – che ha tutti i numeri per accompagnarla in questo percorso innovatore che appartiene alla storia più nobile del conservatorismo moderno.

Questo pragmatismo servirà anche nelle grandi partite che riguardano la rete delle telecomunicazioni italiane, gli asset strategici e la privatizzazione della compagnia di bandiera. Con il mercato anche qui non si può giocare. L’intelligenza della politica è conseguire i risultati che si ha in mente di conseguire misurandosi con la realtà, scegliendo le persone giuste, evitando ingenuità e scorciatoie pericolosissime. Anche qui l’Europa ci controlla e i mercati ci guardano. Ricordiamocelo.


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