Il Generale Francesco Paolo Figliuolo
5 minuti per la letturaBisogna chiedersi: chi è il migliore in Italia per capacità di organizzazione e di visione di insieme delle grandi e piccole opere? Chi sul piano tecnico è capace di assecondare un disegno politico virtuoso che riscopre la programmazione e l’esecuzione del disegno programmato? Ci rifiutiamo di credere che non sia possibile fare una scelta all’altezza di quella che fu fatta per la pandemia con il generale Figliuolo individuando la migliore competenza italiana nella logistica. Non era di nessun partito e ha posto le basi per liberare la socialità e l’economia in casa nostra prima di quando è avvenuto negli altri grandi Paesi europei. Il miracolo economico di Draghi colpevolmente nascosto dal rumore mediatico catastrofista, nasce da quella scelta strategica compiuta con lucidità e tempestività.
Si è parlato per quasi due anni di una recessione italiana che è stata sostituita dalla prima crescita tra le grandi economie europee. Sette trimestri consecutivi sempre con il segno più anche questo è un primato europeo assoluto. Si è creata nuova occupazione a tempo indeterminato e si sono ridotte come mai prima diseguaglianze e rischio povertà grazie all’assegno unico e a tutte le misure sociali adottate calibrando bisogni e sollievi. Ovviamente tutto questo è avvenuto mentre il rumore mediatico raccontava la catastrofe italiana e nascondeva la verità rappresentando un quadro totalmente opposto.
Ora a novembre, nonostante gufi e catastrofisti continuano a fare il loro per attentare al bene comune, famiglie e imprese italiane hanno ancora fiducia e, cosa davvero strepitosa, a trainare la crescita dell’indice in controtendenza europea sono soprattutto le aspettative sulla produzione nel comparto manifatturiero, da quelle sugli ordini nei servizi di mercato e dalle attese sulle vendite nel commercio al dettaglio. Riteniamo che se dopo due anni di errore previsionale sistemico di un ordine di grandezza macrospico che alimenta dubbi di ogni genere si chiudessero almeno per un po’ i centri studi delle organizzazioni imprenditoriali e commerciali, si darebbe solo un contributo a ristabilire la verità sul piano interno e si offrirebbero meno alibi agli sciacalli internazionali che ripetono e, a volte, amplificano gli stessi errori.
Quello più grande, non recuperabile, che potrebbero commettere Giorgia Meloni, il suo ministro delegato Fitto, e gli altri ministri della compagine di governo è interrompere questa resiliente fiducia di imprese e consumatori dando continui messaggi di difficoltà nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza facendo l’esatto contrario di ciò che si dovrebbe fare. Per questo se ne guardano bene dal farlo nel loro e nel nostro interesse. Perché una cosa è dire in modo sacrosanto che bisogna aggiornare i prezzi causa rincari delle materie prime e innovare su meccanismi normativi e di governance, altra cosa è fare circolare sempre a mezza bocca il venticello catastrofista del disastro ricevuto in dote che non dà patenti di esenzione di responsabilità ma piuttosto contribuisce a produrre la solita paralisi italiana.
Mettere a terra il nuovo Pnrr, a nostro avviso, non si può fare senza una struttura che dal centro guidi le manovre esattamente come è avvenuto per la pandemia con il generale Figliuolo che non ha cancellato Regioni e Comuni ma ha fatto il regista nazionale di operazioni concatenate e complesse. Bisogna recidere in fretta ogni cordone anche solo mediatico con bandierine di tipo elettorale perché minano la possibilità di concentrarsi sul Pnrr e fanno perdere la lucidità per compiere le scelte strategiche necessarie.
Oltre un certo livello di inflazione i consumi non possono fare più di quello che fanno perché rischiano di portare nuova inflazione, l’unico modo concreto per non entrare in recessione, preservare e consolidare nel medio termine la crescita possibile è quello di fare partire alla grande gli investimenti pubblici cumulandoli con quelli già molto elevati del mondo privato e attraendo capitali dal mondo.
Tutto questo per diventare realtà ha bisogno di scelte competenti, rapide e funzionali. Il criterio non può non essere quello seguito dal governo Draghi per combattere la pandemia quando davvero il passaggio di consegne tra un esecutivo e l’altro coincise con un disastro lasciato in eredità. Allora, ci si chiese: chi è il migliore che abbiamo in Italia nella gestione della logistica? La domanda fu posta all’esercito e l’esercito indicò il generale Figliuolo e non mancò chi ironizzò su medaglie e stellette. Oggi ugualmente bisogna chiedersi: chi è il migliore in Italia per capacità di organizzazione e di visione di insieme delle grandi e piccole opere? Chi sul piano tecnico è capace di assecondare un disegno politico virtuoso che riscopre la programmazione e l’esecuzione del disegno programmato? Ci rifiutiamo di credere che non sia possibile fare una scelta di identico valore, cioè, all’altezza di quella che fu fatta allora con Figliuolo.
Comprendiamo perfettamente che il problema cruciale di oggi è ampio, complesso, sfaccettato. Comprendiamo che entrano in gioco meccanismi normativi, retaggio delle ombre del passato che si traducono in paura del nuovo stile Ponte Morandi e dei poteri della nuova governance del Pnrr, ma la crescita si può costruire solo misurandosi con la gravità di questi problemi individuando le risorse per i singoli obiettivi e avendo la capacità sia di risolvere i problemi sia di centrare gli obiettivi nei tempi prestabiliti. Qui il governo non si faccia fregare dall’idea di cercare il suo “nel senso politico del meglio che ha tra i suoi”, ma operi con urgenza per trovare il migliore proprio in senso assoluto per quello che si deve fare. Se questo primato tecnico coincide con uno che ha sensibilità politiche affini bene, se no male, molto male. Perché l’indipendenza tecnica della scelta deve prevalere su tutto.
Bisogna fare esattamente come accadde con il generale Figliuolo che non era di nessun partito e che per i requisiti di base non discutibili di cui era in possesso ha saputo rappresentare l’Italia intera e ha posto le basi per liberare la socialità e l’economia in casa nostra prima di quando è avvenuto negli altri grandi Paesi europei. Il miracolo economico di Draghi colpevolmente nascosto dal rumore mediatico catastrofista, nasce da quella scelta strategica compiuta con lucidità e tempestivamente. Oggi il Paese ha bisogno che quella scelta si ripeta con una persona all’altezza e senza farsi condizionare dal principio naturale della politica che guarda spontaneamente al fatto che sia uno dei nostri. Qui non c’entra l’appartenenza, ma la competenza e anche un po’ di carisma che non fa mai male.
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