Giorgia Meloni
7 minuti per la letturaL’Europa non ha una voce sola e in un quadro così confuso il problema europeo diventa un problema italiano. Prima avevamo Draghi che esercitava una sua leadership in mezzo a tante gelosie interne, oggi abbiamo Giorgia Meloni che non può essere Draghi ma è il capo di un grande Paese con un risultato elettorale alle spalle che è suo personale e le conferisce credito internazionale. Può ottenere politicamente risultati anche superiori, ma deve essere capace di costruirli mettendo a reddito ciò che ha lasciato Draghi senza ambiguità. Ha fatto bene a muoversi a tutto campo con Stati Uniti, India, Cina, Turchia, ma la sua partita è in Europa e ha un campo da gioco strategico che è il Mediterraneo. Deve fare in modo che l’Italia non resti intrappolata nell’Europa che non c’è e fare sentire il suo peso politico perché la barca riprenda la navigazione interrotta sulla rotta indicata da Draghi a partire dai temi energetici. Per ottenere questo risultato, che è l’unico che conta oggi, e altri futuri, anche più importanti, non può consentire ai suoi alzate di ingegno in casa e deve sapere dialogare con l’opposizione riformista
Il G20 rafforza l’America e indebolisce l’Europa. La seconda si è mossa male, diciamo che praticamente non è esistita. La prima invece ha rimesso in moto il rapporto con la Cina e ha dato un contributo a stabilizzare la delicatissima situazione internazionale. Assistiamo allo spettacolo di un Biden che ha superato meglio di ogni previsione il passaggio delle elezioni intermedie e si sente rinvigorito perché legittimato a esprimere la voce di tutta l’America mentre l’Europa non riesce nemmeno a trovare un punto di coagulo interno su cui costruire il suo protagonismo. L’Europa non è in grado di avere una voce sola che parla per tutti e sconta le piccole gelosie interne dei singoli capi di stato e di governo.
In questo quadro così confuso che esprime una debolezza strategica di fondo il problema europeo diventa un problema italiano. Prima eravamo in questo stesso quadro con le stesse debolezze, ma con un presidente del consiglio italiano, Mario Draghi, che esercitava una reale leadership che faceva sì che l’unico premier non eletto, quello italiano, convincesse Scholz e Macron a mettersi con lui su un treno per Kiev e a sostenere lo status per l’Ucraina di candidato all’ingresso nell’Unione europea. Si aveva plasticamente la percezione di una guida che indicava la rotta economica e geopolitica della nuova Europa e ne esprimeva a tratti la leadership già esercitata nel governo europeo della moneta e riconosciuta da tutti.
Avere scelto la strada del realismo e della coerenza in economia mette la Meloni nella scia europea di draghi con le evidentissime differenze di storia personale e politica del tutto normali. Incidente dei migranti a parte, la nuova premier che si muove nel solco di Draghi si trova, però, in una situazione difficile in Europa perché gli altri Paesi europei sono timorosi del suo rapporto con l’America che si è potuto cogliere con chiarezza nel primo incontro bilaterale con Biden avvenuto a Bali. Per la Meloni si pone il problema strategico di lavorare per costruire una sua solida posizione europea che, però, difficilmente sarà quella di Draghi per la semplice ragione che lei non è Draghi e non può pensare di essere oggi quella che guida il sistema.
Questo non vuol dire che Giorgia Meloni possa accettare che la trattino senza rispetto o, peggio ancora, che qualcuno si permetta di considerarla insignificante. Perché, parliamoci chiaro, è evidente a tutti ovviamente che Giorgia Meloni non è Draghi, ma è il capo di un grande Paese con un risultato elettorale alle spalle importante che è suo personale e le conferisce credito internazionale. Può ottenere politicamente risultati anche superiori, ma deve essere capace di costruirli mettendo a reddito ciò che ha lasciato Draghi senza ambiguità di sorta e ponendoli su un piedistallo di stabilità politica effettiva.
È costretta a muoversi su un quadro confuso che richiede continuamente di adeguare le proprie posizioni e, anche per questo, è interessante la rotta che lei stessa ha indicato da Bali nelle sue brevi comunicazioni sul G 20 prima dell’incontro con XI Jinping. Ha voluto sottolineare l’idea dirimente di un governo italiano solido, stabile che ha una proiezione di lungo termine e può dunque rappresentare un interlocutore strategico su scala globale perché esce dall’orizzonte corto dei governi italiani abituati a inseguire l’emergenza o segnati da maggioranze variegate.
Per fare tutto ciò e costruire preliminarmente la sua posizione europea di lungo termine Giorgia Meloni ha bisogno di stabilizzare la situazione interna sia con la sua maggioranza sia con una parte significativa dell’opposizione. Ha bisogno di stabilizzare la situazione interna, da un lato, dicendo con chiarezza ai suoi di uscire dalla revanche e di darsi una calmata e spingendo, dall’altro, l’opposizione a accettare un confronto dialettico costruttivo.
Si deve sforzare in tutti i modi di aprire uno spazio di interlocuzione con l’opposizione tenendo conto che è vero che il Pd attraversa una crisi profondissima, ma lei ha il dovere di provarci e di trovare comunque gli alleati giusti per arrivare a questa interlocuzione con quella parte dei suoi rappresentanti che si pone come espressione del sistema produttivo, un esempio è l’Emilia-Romagna, senza il cui consenso governare con profitto l’economia è difficile. Si deve incoraggiare questa anima riformista dell’opposizione, in tutte le sue articolazioni di sinistra e a maggior ragione di centro, che chiede alla fine solo di essere ascoltata e che dimostra di pensare al Paese. Lei deve fare capire in modo inequivoco che con loro vuole dialogare e che terrà conto di quello che dicono.
L’impresa è resa complicata dalla malattia del talk italiano che condiziona il dibattito della pubblica opinione e esalta ogni tipo di incidente smarrendo del tutto il filo strategico di una comunità. Siccome, però, la situazione è questa, è bene che la Meloni si faccia sentire ogni volta che un sottosegretario alla sanità dice cose che non stanno né in cielo né in terra. Bisogna lavorare per stabilizzare la situazione sul lato politico dalle code demagogiche che riguardano il tema dei migranti. Occorre assolutamente disinnescare la mina dell’autonomia differenziata in salsa leghista bossiana perché si spacca ulteriormente in due l’equilibrio sociale del Paese e non si recupera più.
Sul piano interno Giorgia Meloni deve fare capire a tutti che non ci sono libere uscite per nessuno. Perché non si va molto avanti se permane la situazione che ci sono cose importanti di cui si occupa lei e gli altri che invece continuano a giocare. Perché con un rischio reale di instabilità finanziaria globale, un’inflazione scappata di mano che va subito rimessa sotto controllo, un ciclo recessivo mondiale che fa i conti con una guerra nel cuore dell’Europa che non sappiamo come finisce, l’Italia della Meloni può contare in Europa e tutelare l’interesse nazionale a patto che dimostri di essere a capo di una nazione che sta in piedi, che sa dove andare, che non è in mano alla rissa continua tra guelfi e ghibellini del talk della rovina italiana.
Ha giocato bene a tutto campo la sua partita a Bali con Stati Uniti, India, Cina, Turchia, ma la sua partita vera è quella in Europa e ha un campo da gioco strategico che è il Mediterraneo. Da Bali sono stati dati i messaggi giusti sia a Zelenski sia a Putin. Al primo è stato fatto capire che non deve pretendere la luna. Al secondo si è fatto capire che se sta alle regole del gioco nessuno forza la mano perché nessuno vuole l’apocalisse. Attenzione, però, non se lo dimentichi mai la nostra premier, l’interesse italiano si gioca dentro un’Europa che al momento ancora non c’è.
L’unico capo di governo donna presente al vertice dei Grandi deve fare in modo che l’Italia non rimanga intrappolata nell’Europa che non c’è e che, rimanendo tale, pone inevitabilmente problemi politici alla stessa Italia. Giorgia Meloni non può non tenere conto di questa situazione estremamente confusa e deve fare sentire il suo peso politico perché la barca riprenda la navigazione interrotta sulla rotta giusta indicata da Draghi a partire dai temi energetici. Per ottenere questo risultato, che è l’unico che conta oggi, e altri futuri, che possono essere ancora più importanti, non si può permettere e, tanto meno, consentire alzate di ingegno a chicchessia.
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