X
<
>

La stretta di mano tra Giorgia Meloni e Mario Draghi

Share
6 minuti per la lettura

Realizza il conservatorismo moderno ed entra nella storia se riesce a fare accomodare la sua Destra di governo al tavolo di chi decide sul nuovo patto di stabilità e crescita europeo e se riesce ad avere un ruolo riconosciuto su tutti gli interventi di struttura nella produzione di beni pubblici in linea con quanto capi di stato e di governo hanno condiviso sotto la spinta determinante proprio di Draghi e Macron a Versailles. C’è un insieme di interventi che possono essere fatti a livello europeo e che a noi conviene fare a livello europeo. Servono visione strategica per la governance e per l’assetto finanziario e piena consapevolezza della nuova situazione internazionale che si è creata dentro un mondo che si sta deglobalizzando e mette in gioco la nostra sopravvivenza. Mentre si riscrive la nuova governance mondiale dobbiamo rimanere nel circuito che conta in Europa con un ruolo di rilievo. Bisogna  convincere Scholz, non perdere tempo con i giochetti interni della Lega

La sfida capitale di Giorgia Meloni non è uscire viva dalla trappola leghista del contante e del condono mascherato da tregua fiscale. Oppure da un dibattito interno che resta vecchio e intriso di derive ideologiche sul post fascismo e sui temi sanitari legati al Covid con i residui del berlusconismo pronti a fare sgambetti e un tono stanco di rivendicazioni vecchie da clima degli anni Settanta. Che è proprio quello che tutti i suoi impegnati nel partito, nel governo e nelle istituzioni, devono essere capaci di troncare sul nascere o almeno sottrarsi per non alimentarlo.

Tutte queste scaramucce da politichetta del catastrofismo italiano non fanno ovviamente bene a un governo che deve, a torto o a ragione, pienamente legittimarsi in Europa. Se si fermano agli annunci un po’ caotici fanno danni, ma finisce lì. Se invece si percepisce prima ancora della nomina dei sottosegretari che, tra mani libere sul contante, condono e taglio delle multe ai no Vax, sono già all’opera i “killer seriali” dei governi quali sono ormai diventati Salvini e Berlusconi, è chiaro che inevitabilmente si può mettere davvero male per il governo e per il Paese. Proprio quello che la delicatezza del contesto internazionale impone che non accada.

La sfida capitale da vincere di Giorgia Meloni è quella di riuscire a inserirsi nel dibattito europeo mentre per tutti in Europa il nuovo governo italiano parte per essere escluso dal dibattito europeo e tutti gli investitori del mondo si chiedono se dopo un caso Inghilterra ci sarà un caso Italia. Il linguaggio di responsabilità della Meloni in campagna elettorale che è stato premiato dagli elettori perché si sentivano rassicurati su una continuità effettiva in economia e in politica estera con il governo Draghi è incompatibile con lo sventolio dell’alleanza con Orban e con l’occhieggiare al popolo Vox spagnolo.

Continuiamo a pensare che la Meloni sia pienamente consapevole della delicatezza della situazione e che sarà conseguente, ma bisogna evitare che anche la comunicazione minore lasci spazi aperti di ambiguità. La Meloni realizza il conservatorismo moderno ed entra nella storia se riesce a fare accomodare la sua Destra di governo al tavolo di chi decide sul nuovo patto di stabilità e crescita europeo e se riesce ad avere un ruolo riconosciuto punto su punto su tutti gli interventi di struttura nella produzione di beni pubblici, dall’autonomia energetica alla digitalizzazione, nel solco di quanto capi di stato e di governo hanno condiviso sotto la spinta determinante proprio di Draghi e di Macron a Versailles. Una difesa di carattere europeo e la convergenza su una serie di campi che fanno parte dell’autonomia strategica dell’euro sono fondamentali.

Soprattutto oggi, con i cinesi che si stanno chiudendo, i russi che ci fanno la guerra, con l’America che potrebbe rivedere Trump o suoi emuli sulla tolda di comando con una nuova ondata di politiche tariffarie e di dazi.

È evidente che la riflessione dei capi di stato è figlia di una nuova impostazione sull’area euro. Hanno detto in soldoni: dobbiamo attrezzarci per essere anche noi indipendenti per le energie fossili, dobbiamo anche noi sfruttare vento, sole e mare per fare correre le energie rinnovabili, per andare veloci nella digitalizzazione e per attuare un sistema di difesa europeo.

Sono tutte cose che costano una valanga di soldi e che hanno un costo medio molto alto che per l’Italia è fuori portata. Se riusciamo a costruire un livello europeo con un sentiment unico, facciamo un debito europeo con tassi europei che non sono quelli italiani, allora potremo davvero avere indipendenza energetica, una forte digitalizzazione e un sistema di deterrenza militare. Altrimenti siamo fuori.

O si agisce tutti insieme o l’Europa non esiste perché se tu non fai fossile e lo fa il tuo vicino, l’inquinamento arriva uguale. C’è un insieme di interventi che possono essere fatti a livello europeo e che a noi conviene fare a livello europeo. Serve una visione strategica per la governance e per l’assetto finanziario. Serve avere la piena consapevolezza della nuova situazione internazionale che si è creata dentro un mondo che si sta deglobalizzando.

Come reagiamo noi davanti a un mondo dove non sappiamo più come arrivano le fonti dell’energia senza una nuova cornice europea? Con quale governance europea e con quale ruolo italiano vogliamo che ciò avvenga? Questo, altro che contante a diecimila euro e multe cassate a no vax, è il problema urgentissimo dell’Italia che coincide con la legittimazione della Meloni.

Altrimenti si assisterà a una regressione sempre più dentro un suo disegno identitario, ma se non si fa viceversa un salto in avanti anche il disegno identitario va a farsi benedire.

Serve urgentemente una classe dirigente all’altezza in questo primo anno con la speranza di sistemare una serie di cose dentro il governo e fare lavorare la rete di relazioni a livello europeo per guadagnarsi la sua sopravvivenza nel campo economico e nella politica estera. Tutto il resto, anche tutto ciò che ruota intorno a Interni e Giustizia è importante in chiave di riforme di sistema, non di bandierine ideologiche, ma ciò che conta davvero è vincere la sfida della collocazione internazionale e della sopravvivenza economica contro le spinte disgregatrici a livello mondiale. Perché se non avviene questo, noi rischiamo di rimanere stritolati.

Bisogna attrezzare l’area dell’euro in modo diverso. Draghi e il Consiglio europeo hanno avviato la svolta, se la Meloni e il suo governo, con Tajani, Giorgetti e Fitto all’opera, si inseriscono nel solco tracciato sul piano della capacità politica, amministrativa e economica a livello internazionale abbiamo qualche concreta possibilità se no rimaniamo tagliati fuori in partenza. Il mondo si sta riorganizzando a livello globale e quello che succederà all’Europa nessuno lo sa. Per l’Italia non c’è alternativa a rimanere dentro questo circuito con un ruolo di rilievo. Perché se invece rimaniamo nell’ombra, avremo responsabilità di altro tipo e la colpa per noi sarebbe enorme.

Stiamo riscrivendo la governance mondiale e il tentativo di dare un assetto più autonomo dell’area euro è la battaglia italiana da vincere in Europa. Macron è già al nostro fianco, bisogna convincere Sholz, non perdere tempo con i giochetti interni della Lega o, fuori dall’Italia, con Orban. Dopo avere fatto mille provvedimenti giusti e avere guadagnato la posizione che ci spetta in Europa ci si può anche occupare delle quisquilie salviniane. L’esperienza insegna che quelli che ti suggeriscono di arroccarti e di fare leva sullo spirito identitario sono quelli che hanno paura di rimanere indietro. Si apra invece la premier Meloni alla competizione e al dissenso e non si faccia condizionare dalla spinta di chi gli sta intorno. Non sanno loro di cosa parlano e la spinta sbagliata di chi sta intorno può produrre danni non recuperabili. Evitiamolo.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE