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Ignazio La Russa, nuovo presidente del Senato

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Il significato politico di una elezione senza i voti di Forza Italia e con un larghissimo consenso delle opposizioni nel segreto dell’urna dimostra plasticamente l’irrilevanza del partito berlusconiano che ha segnato la seconda Repubblica. È finito ieri il berlusconismo che ne è stata la vera chiave. Che è quella che ha consentito alla Sinistra di rinchiudersi nell’antiberlusconismo e vivere solo di questo fino a dileguarsi. Ha provato a farlo sostituendo la Meloni a Berlusconi e le è andata malissimo. Perché la Meloni è una altra cosa rispetto a Berlusconi e vuole provare a realizzare un conservatorismo moderno. Perché La Russa ha scelto un profilo istituzionale trasparente e ha investito sulla casa comune europea. Fa un certo effetto constatare che a colpi di astensione si è fatto cadere il governo Draghi e al coperto del voto segreto si è dato il via alla nuova legislatura

È finita la seconda Repubblica. Perché è finito il berlusconismo che è la vera chiave della seconda Repubblica. Che è quella che ha consentito alla Sinistra di rinchiudersi nell’antiberlusconismo e vivere solo di questo fino a dileguarsi. Ha provato a farlo sostituendo la Meloni a Berlusconi e le è andata malissimo. Perché la Meloni è un’altra cosa rispetto a Berlusconi. Vuole provare a realizzare un conservatorismo moderno.

Questo è, a nostro avviso, il significato politico della elezione di Ignazio La Russa alla presidenza del Senato senza i voti di Forza Italia e con un larghissimo consenso delle opposizioni che nel segreto dell’urna hanno plasticamente dimostrato l’irrilevanza del partito berlusconiano che ha segnato la seconda Repubblica. Il progetto forte di La Russa della casa comune europea, i richiami a Napolitano, Violante e Pertini, la sottoscrizione pubblica delle parole pronunciate in aula dalla “presidenza morale” di Liliana Segre sulle date che hanno fatto la storia di questo Paese, segnano un percorso politico-istituzionale nuovo che la seconda carica dello Stato espressione della Destra si è posto come obiettivo e che avrà alla prova del governo il suo esame da brividi ma che parte almeno con una impostazione corretta.

Si è capito oggi qualcosa di molto importante che mette a nudo una preoccupante spaccatura nella coalizione di maggioranza uscita vittoriosa dalle urne, ma segnala anche che il passaggio della leadership della Destra da Berlusconi alla Meloni dopo la parentesi salviniana mette fine alla Repubblica berlusconiana del “mettiamoci d’accordo”: un po’ a te un po’ a me. Perché oggi la gente vuole la stabilizzazione, ma non quella che voleva Berlusconi di dare tutto a tutti. La stabilizzazione di cui oggi il Paese ha bisogno è quella che consente di trovare alcuni punti di convergenza per fare le riforme concordate con l’Europa, evitare che l’incendio in atto sui mercati finanziari causa alti tassi e follie inglesi contagi l’Italia, attuare fino in fondo il processo riformatore compiuto incardinato da Draghi nel Piano nazionale di ripresa e di resilienza e in un metodo di lavoro che ha prodotto la migliore crescita europea.

La seconda Repubblica è stata una transizione e Forza Italia che la ha incarnata dopo la giornata di ieri è al minimo storico di reputazione e di peso contrattuale nella nuova coalizione. Mentre tutti si sbracceranno a ripetere che l’esordio della nuova coalizione vincitrice in Parlamento è stato disastroso, dicendo peraltro una verità assoluta, noi ci permettiamo viceversa di sottolineare che potrebbe (anzi, dovrebbe) segnare l’inizio di una presa di coscienza politica collettiva dell’esigenza ineludibile di affrontare il problema di una nuova fase che non può non essere una stagione dove si ritrovano il senso della cooperazione dialettica e della democrazia negoziata.

Questo impone la delicatezza del momento che viviamo immersi fino al collo dentro una guerra nel cuore dell’Europa che è a un soffio dal diventare una guerra mondiale e dentro una grande crisi determinata dalla guerra delle materie prime indotta dal conflitto militare. Sotto la pressione sottovalutata da tutti del rischio di una crisi finanziaria globale prodotta da una politica monetaria che non riesce a distinguere tra inflazione americana indotta da spesa pubblica americana e inflazione europea indotta all’80% da caro energia (60%) e rincaro della filiera agricola (20%) fenomeni entrambi di origine bellica. Rischio sottovalutato di crisi finanziaria prodotto altresì, questo è in assoluto il pericolo più grande, da un governo di destra inglese che ha voluto annunciare una manovra fiscale in debito con una situazione di alti tassi che ha rischiato di fare fallire i suoi fondi pensione e ha fatto saltare il banco dei suoi titoli di Stato con una ritirata che alla Banca d’Inghilterra è costata decine e decine di miliardi e con una minaccia latente di volerci riprovare.

A fronte di tutto ciò potremmo definirlo un miracolo italiano il fatto che la forza dei risultati elettorali porta La Russa a sottoscrivere tutto quello che ha detto Liliana Segre e a esprimere la volontà di costruire la casa comune europea così come da tempo ha portato Giorgia Meloni a dimostrare nelle parole e nei comportamenti di volere proseguire nel solco tracciato da Draghi. Tutti insieme hanno capito che il discorso “adesso entriamo in un altro mondo” è una cavolata e che invece bisogna aggiustare il mondo che abbiamo attuando un progetto conservatore di rinnovamento che si muove però all’interno di questi binari condivisi.

Volendo essere il più chiari possibile ieri è suonata politicamente l’ultima chiamata per Berlusconi. Altrettanto accadrà con Salvini anche se dovesse dimostrare maggiori capacità negoziali. Per lui l’ultima chiamata è solo rinviata di qualche giorno e sarà accompagnata da un rumore assordante. Per un fatto incontrovertibile. La tempesta che hanno entrambi seminato buttando giù Draghi nel momento in cui più serviva all’Italia è diventata buriana nell’urna condannandoli ai peggiori risultati della loro storia politica.

Siccome hanno continuato con la stessa miope arroganza a fare proclami che mettono a rischio la stabilità finanziaria del Paese e a ignorare i precisi segnali ricevuti dai loro residui elettori, è successo che il nuovo Parlamento si è sentito legittimato a dare un ceffone in piena faccia a Berlusconi che rimarrà nella storia. Siamo convinti che quello che è successo ieri a Berlusconi succederà molto presto a Salvini perché la coscienza profonda del Paese ed il senso profondo del Parlamento non perdonano loro la doppia irresponsabilità prima di avere fatto cadere anticipatamente Draghi e poi di avere condotto una campagna elettorale fuori dal tempo e dalla realtà.

Questa è una storia che racconta la fine di Berlusconi che si dimostra senza più capacità di valutare la situazione politica in un contesto interno e internazionale completamente mutati. Fa un certo effetto constatare che a colpi di astensione si è fatto cadere il governo Draghi e al coperto del voto segreto si è dato il via alla nuova legislatura. Constatare altresì la mancata convergenza delle opposizioni su un proprio candidato preannuncia uno scenario parlamentare che lascerà spazio a operazioni sempre più ardite. Sarebbe almeno utile che tutto ciò avvenisse alla luce del sole.


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Fabio Grandinetti

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