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Matteo Salvini e Giorgia Meloni

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Con questo quadro geopolitico e le sue ricadute economiche non si scherza, è evidente che la Meloni è costretta oggi a fare i conti con un doppio problema Salvini. Il primo è che Salvini continua a proporre cose che non stanno né in cielo né in terra mettendo in difficoltà la Meloni rispetto all’Europa e al resto del mondo, proprio mentre lei dà segnali forti di continuità con la linea Draghi sul posizionamento strategico internazionale e su una linea politica di sovranità europea condivisa che impone realismo nei linguaggi e nei contenuti oltre che visione e ambizione. Il secondo problema è che se viene meno la Lega la Meloni non ha i voti per andare avanti nel suo disegno legittimo di governare il Paese. Un doppio problema vero con cui deve fare i conti oggi la Meloni, sapendo che sono conti complicati. Anche perché Salvini vuole per sé stesso un posto importante e questo lo autorizzerà a fare sentire il suo peso

L’imbarazzo che la campagna elettorale di Salvini a botta di uno o due scostamenti di bilancio al giorno più o meno energetico, per non parlare di ogni tipo di regalo messo sul conto del bilancio pubblico italiano promesso da una piazza all’altra dell’Italia, produce ogni giorno al centrodestra guidato dalla Meloni non può più essere sottovalutato. Perché la Meloni è fortemente orientata a volere essere il vincitore di queste elezioni e a volere governare questo Paese. Tutti i sondaggi accreditano tali legittime aspettative legate al voto che esprime la sovranità popolare. Il carico che è destinato a cadere sulle spalle della Meloni, come di qualunque altro se dovesse cambiare il risultato, appartiene alla categoria dei pesi speciali che superano quello delle due grandi crisi internazionali che hanno portato l’Italia a una doppia recessione. Prima, sia chiaro, della pandemia globale che ha chiuso il mondo e della guerra di invasione di Putin all’Ucraina con la sua scia dolorosissima di schock energetici, inflazionistici e monetari.

Tutti shock gestiti dal governo di unità nazionale, guidato da Draghi, con la forza di una credibilità internazionale che ha rimosso molti vincoli interni al nostro Paese e ha consentito di avviare un processo riformatore compiuto facendo emergere un’economia italiana vigorosa, ma che allo stesso tempo se non gestiti finirebbero con l’incrociare e esaltare le storiche vulnerabilità italiane. Dio ce ne scampi. Perché questi sono i fatti, il resto sono solo chiacchiere pericolose.

Siccome con questo quadro geopolitico e le sue ricadute economiche non si scherza più, è evidente che la Meloni è costretta oggi a fare i conti con un doppio problema Salvini, così come è evidente che ne acquisisca in fretta piena consapevolezza se ancora il tasso di percezione dovesse essere sotto il livello minimo che la situazione impone.

Il primo problema di Salvini è che continua a proporre cose che non stanno né in cielo né in terra mettendo in difficoltà la Meloni rispetto all’Europa e al resto del mondo, proprio mentre lei dà segnali forti di continuità con la linea Draghi sul posizionamento strategico internazionale e su una linea politica di sovranità europea condivisa che impone realismo nei linguaggi e nei contenuti oltre che visione e ambizione.

Il secondo problema è che se viene meno la Lega la Meloni non ha i voti per andare avanti nel suo disegno legittimo di governare il Paese. A quel punto si porta il doppio problema con sé, ma va risolto. O con la Lega stessa che fa fuori Salvini diventato il bau bau del mondo non perché è fascista, sono accuse senza senso per tutti nell’Italia di oggi tanto più per un esponente leghista che non ha nulla in comune con quella storia, ma perché non rinuncia ad essere un demagogo del giorno per giorno. O facendo un discorso chiaro a Salvini da cui discendano comportamenti coerenti di lungo termine di cui è abbastanza normale dubitare.

Questo è il doppio problema vero con cui deve fare i conti oggi la Meloni, sapendo che sono conti complicati. Anche perché Salvini vuole per sé stesso un posto importante e questo lo autorizzerà a fare sentire il suo peso.

Le vicende ultime dell’Europa che un anno dopo la proposta Draghi imbocca finalmente la strada della separazione del meccanismo di formazione del prezzo dell’elettricità da quello del gas e sei mesi dopo l’altra proposta Draghi comincia seriamente a ragionare di tetto massimo europeo al prezzo del gas importato dalla Russia di Putin delineano i contorni di una leadership politica reale che è quella di Draghi e dalla quale nessuno potrà prescindere se ha almeno un po’ di sale in zucca. Soprattutto dopo che lui stesso ha voluto pubblicamente esprimere il massimo rispetto dovuto al vincitore delle elezioni politiche e ha detto, di fatto, davanti al mondo che questo vincitore farà crescere la pianta da lui seminata perché i giocatori della politica italiana hanno accettato le regole. Ha ringraziato tutti in casa e ha caricato su di sé questo impegno pubblico che vale molto per le istituzioni internazionali e gli investitori globali.

Nella situazione data Draghi è l’unico che può rivendicare il valore e la capacità di seguire queste regole. Perché fa percepire fisicamente ai partiti il pericolo che ne deriverebbe e poi perché sono le regole che lui, non un altro, è riuscito addirittura ad imporre all’Europa. Andare contro una leadership politica europea effettiva che percorre finalmente lo schema dell’Europa politica da cui tutti gli italiani hanno da guadagnare oltre che suicida è praticamente impossibile. Anche perché metterebbe il nuovo governo in una situazione di attacco internazionale che non conviene a nessuno. Questo, non dimentichiamocelo mai, è il merito che appartiene alla storia di Mattarella. Perché lui ha voluto il governo di unità nazionale e lui ha voluto Draghi. Perché lui è stimato e rispettato dagli italiani. Perché il tavolo nuovo delle regole nuove è frutto delle sue scelte e delle sue intuizioni. L’arbitro, oggi come ieri, è Mattarella e noi di lui ci fidiamo.


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Stefano Mandarano

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