Il presidente del Consiglio Mario Draghi
7 minuti per la letturaSenza l’attuale Presidente del Consiglio italiano c’è una debolezza europea, ma anche una perdita di copertura reale dell’Europa nei confronti dell’Italia. Questa garanzia è indispensabile per andare avanti. Almeno su questo punto strategico centrale gli italiani devono essere avvertiti e i partiti devono uscire dall’illusione di poterne fare a meno. Il lavoro della politica di questi giorni deve essere quello di fissare dei paletti dai quali non si fa marcia indietro. D’altro canto nemmeno il centrodestra che vince ha interesse a scrivere la finanziaria di autunno che vuol dire intestarsi la gestione di una crisi. Una cosa è fare le sceneggiate, un’altra cosa è governare, certo che puoi vincere le elezioni ma è assolutamente probabile che, dopo averle vinte, ti intesti anche il disastro del Paese e tutti te lo rinfacceranno per diverse generazioni. Se si rafforza Draghi e si riesce a portare la legislatura al dì là della finanziaria, chiunque vinca ha una situazione molto più gestibile di quanto avrebbe adesso
L’Europa ha tutto l’interesse ad avere Draghi Presidente del Consiglio del nostro Paese. L’Italia ha tutto l’interesse ad avere il sostegno dell’Europa che è così forte se c’è Draghi Presidente del Consiglio. Siamo a un interesse reciproco, il più alto possibile, che solo uno stolto può ignorare. Più palese di come è, di come è stato detto, di come si è fatto capire, oggettivamente non è possibile. Manca solo che Biden, Von der Leyen e tutti gli altri vadano ad attaccare i manifesti con su scritto “per piacere, Draghi resta”. Lo hanno detto ai quattro venti tutti. Perché se c’è oggi un leader europeo riconosciuto nel mondo questo si chiama Draghi visto che salda nella sua azione il governo della moneta che ha funzionato e il governo della Nuova Europa di cui è l’architetto politico più stimato. Senza Draghi capo del governo italiano, per capirci, c’è una debolezza europea, ma anche una perdita di copertura reale dell’Europa nei confronti dell’Italia.
La garanzia dell’economia oggi è una garanzia europea, peraltro, di livello complesso. Perché passa, in primis, dalla tutela della politica monetaria contro il rischio frammentazione che riguarda i titoli sovrani italiani e qui, diciamolo, metà del lavoro è già stato fatto proprio grazie al peso che esercita la leadership monetaria di Draghi, ma anche grazie all’azione paziente di Panetta nel board della Bce e al rispetto che ha la Banca d’Italia di Visco in quei consessi. Perché si nutre di una politica di bilancio europea in divenire che viene banalizzata con il cosiddetto Next Generation Eu che ha dato all’Italia più di tutti per la sola ragione che in quel momento l’Italia più di tutti era un problema europeo, ma può declinare nei vecchi egoismi nazionali che fanno male a tutti o può evolvere verso dieci anni di Recovery finanziati con debito comune che per l’Italia significa semplicemente l’alternativa tra la morte e la vita. Potremmo continuare a lungo, ma la vogliamo fare breve.
Quella garanzia è indispensabile per andare avanti, altrimenti finiamo subito nel girone di quelli che finiscono nello sgabuzzino. Almeno su questo punto strategico centrale gli italiani devono essere avvertiti e i partiti che giocano con le parole devono uscire dall’illusione di poterne fare a meno. Anche perché mentre loro fanno tutto questo giro di chiacchiere il Paese si liquefà. Se neppure una congiuntura internazionale così complicata, così unica, consiglia responsabilità, allora è bene prendere atto che siamo alla frutta e noi ci rifiutiamo di credere che possa essere così
Parliamoci chiaro. Nemmeno il centrodestra che vince ha interesse a scrivere la finanziaria di autunno che vuol dire intestarsi la gestione di una crisi. Una cosa è fare le sceneggiate, un’altra cosa è governare, certo che puoi vincere le elezioni ma è assolutamente probabile che, dopo averle vinte, ti intesti anche il disastro del Paese e tutti te lo rinfacceranno per diverse generazioni. Se si rafforza Draghi e si riesce a portare la legislatura al dì là della finanziaria, chiunque vinca ha una situazione molto più gestibile di quanto avrebbe adesso.
Il lavoro della politica di questi giorni deve essere quello di fissare dei paletti che non siano paletti ai quali i partiti dicono sì e poi se ne sbattono. Bisogna che sia chiaro che su questi paletti netti e riconoscibili i partiti non faranno marcia indietro, e questo vale per i Cinque stelle come per la Lega. Se non si trova la doppia quadra su questo punto strategico si scivola verso le elezioni anticipate. Viceversa si salva il Pnrr con altri 20 e passa miliardi di cui abbiamo vitale bisogno, si completa il processo di riforma di sistema che è la cosa più importante per l’oggi ma ancora di più per il domani e il dopodomani, si mette in sicurezza il Paese e si consolida una leadership nazionale europea che a questo Paese serve ancora di più.
A queste condizioni Draghi può restare perché c’è un margine di rischio, ma è calcolato. Perché se queste condizioni vengono infrante, tutti già sanno che cosa succede. Devono essere condizioni molto chiare che riguardano l’agenda sociale, con il nuovo decreto energia in arrivo si marcia verso i 50 miliardi di aiuti che non sono proprio bruscolini, salario minimo, nuovi interventi sul cuneo fiscale, ma anche piena attuazione della riforma della concorrenza, infrangendo i tabù elettorali di balneari e tassisti, come della effettiva rigenerazione esecutiva della macchina pubblica centrale e territoriale e di quella che gestisce tutte le giustizie, civile, amministrativa, contabile, penale.
Se Conte non può dire sì a questo schema di lavoro che risponde pienamente all’agenda sociale fondante dei Cinque stelle per il buco nero in cui si è infilato da solo, allora funzioni la migrazione interna verso Di Maio che può perfettamente recuperare la rappresentanza del primo partito uscito dalle urne ormai molto tempo fa secondo i canoni della realtà e di una sana evoluzione. Questo, non altro, significa salvare un’esperienza politica che ha raccolto la rabbia sociale del Paese e dimostra di saperla incanalare in un percorso fatto di cose che si vedono, che si possono toccare, diciamo che accadono. Come, peraltro, è già avvenuto in Europa dove i Cinque stelle hanno fatto una scelta ben precisa. Quella scelta possono e devono ripeterla oggi in casa.
La coscienza profonda del Paese è matura perché si costruisca sul piano interno quel clima costruttivo che permetta all’esperienza del governo di unità nazionale guidato da Draghi, di acquisire sul campo il tratto completo di un’azione solidale che è la base della Nuova Ricostruzione Nazionale e, allo stesso tempo, la base fondante della Nuova Europa che vuol dire che la democrazia occidentale non abdica al suo ruolo a favore delle autocrazie all’interno del nuovo ordine mondiale determinato dalla guerra di Putin alla Ucraina.
Il tessuto economico e sociale del Paese ha già scelto e vuole che l’esperienza Draghi prosegua. L’andamento positivo dell’economia italiana, in netta controtendenza rispetto all’Europa, ne è la prova più evidente. L’indice di fiducia di tutti i soggetti economici e le loro prese di posizione che vanno oltre la rappresentazione di categoria, esprimono il sentimento profondo di continuare sulla strada intrapresa. Invocano sicurezza e chiedono protezione. Perfino Landini è arrivato a dire che un governo in questo momento serve. Per fare le cose che abbiamo detto, però, quelle che danno risposte vere, non demagogiche, ai poveri e che non tollerano intermediazioni sindacali tra mondo della scuola tecnica e mondo del lavoro produttivo.
Fare diventare l’Italia un Paese normale significa anche avere il coraggio di rinunciare a queste intermediazioni parassitarie perché nelle democrazie economiche che hanno ancora qualcosa da dire, scuola e produzione camminano insieme e sanno loro come raccordarsi in assoluta trasparenza e nel rispetto delle regole. Perché questa è l’unica strada possibile per fabbricare lavoro di qualità e mettere in rete le intelligenze del Paese affinché riparta il circuito della grande ricerca che è come minimo europeo. Questo vuol dire guardare avanti e occuparsi con serietà dei nostri figli. Questo vuol dire non sprecare più il talento dei nostri giovani.
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