La conferenza stampa di Mario Draghi in Ucraina
10 minuti per la letturaVogliamo mettere in discussione un governo che ha la fiducia di imprese e famiglie al punto da viaggiare verso una crescita del 3% pieno dopo il 6,6% da miracolo economico del 2021 con un probabile secondo trimestre da +0,5% dopo che il primo che tutti davano per negativo si è chiuso con un +0,1% contro il -0,4% degli USA e il -0,2% della Francia? Ci siamo resi conto che nel trimestre febbraio-aprile la produzione industriale ha avuto nettamente la crescita più alta tra i principali Paesi dell’Eurozona con un secco +2% o siamo rimasti frastornati da tutte le previsioni rivelatesi terrorismo mediatico puro a fini lobbistici? Come si spiegano turismo e servizi in crescita esponenziale con una quota estera di arrivi sempre più rilevanti? È vero o no che l’edilizia, senza un cantiere aperto del nuovo Pnrr che sono programmati per il 2023, sta facendo impallidire le performance della stagione post bellica della Ricostruzione del Paese? Abbiamo la percezione che dopo il miracolo di avere girato in un anno un rapporto debito/Pil che andava verso il 160% (stima governo Conte 2) al 150%, alla fine del 2022 saremo al 147% e che, in termini assoluti, il debito pubblico della Francia ha superato quello italiano? Fino a quando potremo assistere indifferenti a questo gioco pericoloso dei Cinque stelle fuori dalla storia e dalla realtà che si ripete peraltro ogni volta che si hanno appuntamenti internazionali – Consiglio europeo, G7 e vertice Nato – dove l’Italia di Draghi non è più una comparsa ma un protagonista molto ascoltato e molto apprezzato?
Non è vero che la corda non si può spezzare abbiamo scritto in assoluta solitudine. Avvisando che il gioco che stanno facendo in casa grillina è quello di tirare la corda a fini mediatici senza spezzarla. La situazione economica e internazionale dopo il successo storico dell’iniziativa di Draghi a Kiev con i capi delle due grandi potenze europee, che sono Germania e Francia, non lascia più spazi per neutralismi di sorta. L’esatto contrario del balletto indecente, oltre che ipocrita, che sta scandendo il comportamento dei più elevati in grado del movimento grillino fino all’apoteosi del Presidente della Camera, Roberto Fico, che dall’alto del suo scranno istituzionale riesce non solo ad attaccare il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che appartiene al suo partito e di cui è stato il leader che ha vinto le elezioni, ma addirittura riesce a sfidarlo dicendo “quando mai i Cinque stelle hanno messo in discussione la collocazione atlantica” salvo volere fare l’esatto contrario di quanto la collocazione atlantica esige in questo momento e di cui questo governo, come tutti i principali esecutivi europei, ha assunto precisi impegni.
Vengono in mente le parole evangeliche di Gesù quando dice, cito a mente, non conta chi dice Signore, Signore, ma chi fa la volontà di mio Padre. Ma fino a che punto si ritiene di prendere in giro questo Paese che consegue sul piano economico risultati che Germania, Stati Uniti e Francia semplicemente sognano con il binocolo nel pieno di una guerra lunga che ha ricadute inflazionistiche di ogni tipo fino al rischio di carestia per i più poveri e vive una fase di credibilità a livello internazionale che forse non ha mai avuto in queste dimensioni neppure ai tempi d’oro del miracolo economico degasperiano? Ma perché, chiedo, la collocazione atlantica e gli impegni sull’uso delle armi scolpiti in tutti gli ambiti europei dovrebbero cambiare di segno perché lo vuole confusamente non l’azionista di larga maggioranza dell’alleanza che è Biden né uno dei grandi Paesi europei, ma una componente mai contatasi realmente del partito italiano che ha perso più parlamentari iscritti dall’inizio della legislatura a oggi? Ma siamo su scherzi a parte o stiamo facendo sul serio? Vogliamo davvero mettere in discussione un governo che ha la fiducia di imprese e famiglie al punto da viaggiare verso una crescita del 3% pieno dopo il 6,6% da miracolo economico del 2021 con un secondo trimestre che viaggia verso un più 0,5% dopo che il primo trimestre che tutti davano per negativo si è chiuso con un +0,1% contro il -0,4% degli USA e il -0,2% della Francia?
Ma ci siamo resi conto che nel trimestre febbraio-aprile la produzione industriale ha avuto nettamente la crescita più alta tra i principali Paesi dell’Eurozona con un secco +2% o siamo rimasti frastornati da tutte le previsioni di categoria rivelatesi terrorismo mediatico puro a fini lobbistici? Siamo consapevoli o no che l’export italiano, pur scontando le perdite sui mercati russi e ucraini e un impatto da caro materie prime energetiche e agricole di prima grandezza su cui il governo è intervenuto senza fare scostamenti di bilancio, cresce, sì cresce, al ritmo del 3% come volumi rispetto all’anno scorso? È vero o no che le imprese manifatturiere sono piene di ordini nel mondo e hanno aumentato di oltre il 4% gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto rispetto all’ultimo trimestre del 2021 che è l’anno italiano da miracolo economico dopo oltre mezzo secolo? Ma almeno vi domandate come si spiegano turismo e servizi in crescita esponenziale con una quota estera di arrivi sempre più rilevanti? È vero o no che l’edilizia, da sempre motore di ogni fase seria di crescita, senza un cantiere aperto del nuovo Pnrr che sono tutti programmati per il 2023, sta facendo impallidire le performance della stagione post bellica della Ricostruzione del Paese?
Abbiamo, per caso, in mente che il mondo si è accorto che siamo riusciti a fare più riforme – concorrenza, scuola, pubblica amministrazione, giustizia, primo taglio del cuneo fiscale – in un anno e mezzo di governo di unità nazionale di quanto si è fatto negli ultimi trent’anni? Che si incide giorno dopo giorno, come è avvenuto ieri con “Capacity Italy”, un altro strumento voluto dal ministro Brunetta, per aiutare le amministrazioni soprattutto quelle comunali più in ritardo nell’attuazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e di resilienza fornendo in tempo reale competenze e esperienze con la potenza di fuoco di Cassa Depositi e Prestiti? Ci rendiamo conto di che cosa potrebbe avere e dare al Paese il Mezzogiorno d’Italia locomotiva dell’area geopolitica più strategica che è diventata il Mediterraneo? Per una volta ci vogliamo credere e, soprattutto, vogliamo investirci in modo efficiente e senza ipocrisie?
Siamo o meno consapevoli che abbiamo la migliore posizione finanziaria netta sull’estero in rapporto al Pil (+7%) dopo la Germania contro una Francia che è sotto di oltre il 30%, una Spagna del 70% e un Portogallo che sfiora il -100%? Ci rendiamo conto che tutto ciò è avvenuto e sta avvenendo nonostante sui rendimenti dei titoli pubblici italiani che servono per pagare stipendi e pensioni e sui mutui contratti dalle famiglie pesino 80/100 punti di spread da rischio politico legato alle convulsioni demagogiche sovraniste e populiste che sopravvivono anche all’interno di componenti politiche al governo? Abbiamo la percezione che dopo il miracolo di avere girato in un anno un rapporto debito/Pil che andava verso il 160% (stima governo Conte 2) al 150, alla fine del 2022 saremo al 147% e che, in termini assoluti, il debito pubblico della Francia ha superato quello italiano? Che tutte le agenzie di Rating internazionali hanno migliorato il giudizio sulla posizione italiana?
Vogliamo interrompere tutto questo per un presunto pacifismo grillino a fini inutilmente elettorali, che non è nient’altro che benzina nei motori dei carri armati dell’invasore russo e, quindi, tutto meno che azione concreta per la pace o il cessate il fuoco che ha invece bisogno di risorse economiche e militari per l’autodifesa di Kiev e parallela azione diplomatica sul fronte economico, a partire dal tetto massimo europeo al prezzo del gas e all’intervento per sbloccare il grano fermo nei porti del Mar Nero, e su quello politico a livello di Nazioni unite e di grandi player globali Cina compresa? Fino a quando potremo assistere indifferenti a questo gioco pericoloso dei Cinque stelle fuori dalla storia e dalla realtà che si ripete peraltro ogni volta che si hanno appuntamenti internazionali – Consiglio europeo, G7 e vertice Nato – dove l’Italia di Draghi non è più una comparsa ma un protagonista molto ascoltato e molto apprezzato?
A pensarci bene, come ho già detto ieri, la corda che i grillini di Conte e Fico tirano in Italia è la stessa corda che sta tirando Putin agli stessi fini mediatici tagliando le forniture di gas all’Europa che è oggettivamente una mossa da disperato. La riprova ne è che i vertici di Gazprom e la stessa rete di vendita non condividono questa stretta di Putin in quanto preferirebbero prezzi giusti più bassi perché non sono nel loro interesse prezzi alti e instabili. Sanno bene che l’instabilità allontana il cliente Europa dal gas: c’è chi si fa il nucleare, chi le rinnovabili, chi attinge al carbone, tutti aumentano le produzioni interne e fanno accordi internazionali di medio termine per gas liquido mentre loro, Gazprom e dintorni, hanno riserve di miliardi e miliardi di metri cubi di gas da sfruttare e percepiscono il rischio concreto che, tra un giochetto mediatico e l’altro di Putin, accada loro quello che è successo in passato all’Arabia Saudita con il petrolio. Gazprom sa bene che su 210 miliardi di metri cubi di gas 150 sono comprati dall’Europa e Putin ora fa lo splendido perché taglia le forniture come rappresaglia politica e il prezzo vola a 126 euro grazie alla inevitabile speculazione che ingrassa i proventi olandesi, ma sa anche che se l’Europa fa quello che Draghi suggerisce da tempo e, cioè, pone un tetto massimo ragionevole al prezzo e fa cartello o la Russia accetta questa minestra o non ha più entrate valutarie e va in default. Perché non si fabbricano gasdotti e tubi in Artico o dove meglio si crede dalla sera alla mattina per convertire verso Cina, India o chiunque altro sempre un po’ autocratico tutto quello che l’Europa compra oggi a peso d’oro. Senza considerare la cecità nel medio termine perché si avrebbe il problema di piazzare ciò che resta invenduto e quello che ancora di più si è scavato al prezzo di onerosissimi investimenti.
L’Eni che ha ritrovato finalmente la sua centralità europea negli approvvigionamenti energetici è il partner prescelto dal Qatar per la nuova piattaforma di gas liquido e il prezzo concordato ritenuto di livello alto è di 30 euro a megawattora. Questo solo per dire che non solo dall’Algeria al Congo all’Egitto fino al Qatar siamo tornati ai tempi di un’Italia primo player europeo nell’approvvigionamento di gas per l’Europa partendo dal Sud verso il Nord con la leadership sulle due sponde del Mediterraneo, ma anche che guerra o non guerra, guerra lunga o non lunga, poi alla fine il prezzo del gas dovrà tornare intorno ai suoi livelli fisiologici. Che sono quelli del mercato prima di essere alterato dai piani finanziari-militari della Russia di Putin che faceva affari con i tedeschi e aveva deciso, forse addirittura con il loro silenzio-assenso, un giorno lo si capirà, di annettersi il granaio e l’industria di un Paese, l’Ucraina, che ha un’estensione doppia di quella dell’Italia.
Si sta giocando la partita della nuova Europa e finalmente l’Italia è in prima linea per la considerazione che Draghi ha come ex presidente della Bce salvatore dell’euro e come primo ministro di un governo che fa le riforme e consegue risultati economici pur procedendo in un mare tempestoso a livello geopolitico e sul piano interno. Questi sono i fatti. Che vanno tenuti molto distanti dalla propaganda. Che è un po’ quello che sta accadendo anche con la Francia dove indubbiamente Macron non ha avuto il risultato della maggioranza assoluta, ma ha comunque vinto e dove, sbagliando, si sprecano gli accostamenti con una situazione francese all’italiana in cui il governo si troverebbe stretto tra l’arcipelago di sinistra e la destra ringalluzzita della Le Pen. Si dimentica che la Francia ha una costituzione che consente manovre che noi non possiamo permetterci. In Francia se il governo presenta una legge, il parlamento non può respingerla, perché se lo fa dà la sfiducia al governo e si deve tornare alle elezioni. Quindi può farlo, ma sa che cosa succede. Chi ha conseguito risultati che non immaginava di conseguire ci penserà molto prima di compiere un simile passo. Viceversa l’area socialista dell’arcipelago di Melenchon e la stessa area repubblicana non rimarranno a lungo insensibili alle sirene del governo. Non sarà una passeggiata, Macron ha avuto una battuta d’arresto, ma il cammino per il cambiamento dell’Europa non potrà che giovarsi della spinta congiunta italo-francese in termini di politiche di bilancio, debito e investimenti comuni oltre che di sicurezza e di politica estera destinate a camminare insieme. Anche qui, per fortuna, l’alternativa non esiste.
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