Alunni entrano a scuola
5 minuti per la letturaLa rappresentazione mediatica che il Paese dà della scuola italiana è completamente errata. Ignora il miracolo avvenuto della riapertura senza mai chiuderla e dei docenti in cattedra dal primo giorno dell’anno scolastico grazie ai concorsi e alle assegnazioni a termine fatti in estate. Evento che non ha precedenti dal dopoguerra a oggi perché mai prima di fine ottobre/novembre si era completato il collegio dei professori per una classe. È stata fatta la riforma della scuola, sono stati rinnovati i contratti, si sono per la prima volta inseriti criteri meritocratici con tutte le complicazioni del caso. Bisogna esserci per misurarsi con i problemi, non nascondersi dietro la nuvola della demagogia. Bisogna fare tutte le cose che si possono fare, non declamare e fare finta di inseguire tutte quelle cose che sono impossibili. Perché il Paese e i nostri figli prima di tutti devono pagare la crisi del sindacato e dei partiti?
Il rumore del nulla che attraversa la politica e il racconto mediatico del Paese ha impedito di cogliere lo spirito da classe dirigente e il pragmatismo delle grandi stagioni di cambiamento che hanno segnato il diciannovesimo congresso della Cisl guidata da Luigi Sbarra. Si è vista una leadership consapevole che si muove nel solco della tradizione nobile di Giulio Pastore, il sindacalista e politico ligure-piemontese che fece della scuola e della formazione nel Mezzogiorno e della riunificazione industriale delle due Italie una missione di vita.
Non a caso, forse, in questo progetto Paese della Cisl, coesione sociale, riforma della scuola e dello Stato, investimenti e lavoro, giovani e pensioni, stanno tutti insieme. Partendo dal capitale umano e dalla convinzione che per cambiare bisogna esserci. Bisogna esserci per misurarsi con i problemi, non nascondersi dietro la nuvola della demagogia. Bisogna fare tutte le cose che si possono fare, non declamare e fare finta di inseguire tutte quelle cose che sono impossibili. Abbiamo già raccontato l’ovazione che ha accompagnato il discorso del presidente del Consiglio, Mario Draghi, i riferimenti alle riforme della pubblica amministrazione e della scuola, alle cose fatte e a quelle da fare, se ne riparliamo ora è perché lì si è colto qualcosa che a nostro avviso deve durare. È impensabile che nei Paesi non ci siano dei contrasti, guai se non ci fossero, è impensabile che le democrazie non vivano il confronto anche il più acceso anche nei momenti di grandi difficoltà nazionali e internazionali, ma lì si è percepita la consapevolezza di doverli vivere sentendosi tutti al servizio del Paese. Questo fa la differenza.
La rappresentazione mediatica che il Paese dà della scuola italiana, ad esempio, è completamente errata. Ignora il miracolo avvenuto della riapertura senza mai chiuderla e dei docenti in cattedra dal primo giorno dell’anno scolastico grazie ai concorsi e alle assegnazioni a termine fatti in estate. Evento che non ha precedenti dal dopoguerra a oggi perché mai prima di fine ottobre/novembre si era completato il collegio dei professori per una classe. È stata fatta la riforma della scuola, sono stati rinnovati i contratti, si sono per la prima volta inseriti criteri meritocratici con tutte le complicazioni del caso.
Si è, soprattutto, deciso, avviato, messo in gara e in gran parte aggiudicato il più grande Piano di edilizia scolastica e di welfare sociale a partire da asili nido, palestre e mense scolastiche mai realizzato nel Mezzogiorno. Questo è tutto merito di un ministro della bassa ferrarese, Patrizio Bianchi, che non a caso era lì all’assemblea della Cisl con Renato Brunetta, che ha fatto moltissimo in un altro terreno strategico per la nuova Italia qual è la pubblica amministrazione, entrambi indicati dal presidente Draghi alla platea per il grande lavoro svolto.
Vogliamo dire tutto ciò oggi che è stato proclamato l’ennesimo sciopero generale. Perché vogliamo assumerci la responsabilità di dire e di scrivere che questo sciopero è espressione di una struttura malata di rappresentanza del Paese. Che sono i problemi di alcuni sindacati e di alcuni partiti che determinano lo sciopero generale, non i problemi della scuola. Sono questi problemi loro oggi il male del Paese che impedisce di cogliere i risultati raggiunti per individuare i nuovi obiettivi e conseguirli insieme.
Si sono messi sul tavolo 12 miliardi di investimenti in infrastrutture scolastiche, 5,7 miliardi a sostegno della formazione che non è più solo generalizzata per tutti, ma premia in modo aggiuntivo chi vuole fare il terzo livello incentivato e cioè le nuove funzioni portanti di tutor, di progettazione, di vice preside. Ci sono centinaia di milioni per pagare queste funzioni aggiuntive e cominciare finalmente a dare di più a chi fa le cose fondamentali per costruire la scuola del futuro.
Quindi, la scuola non è bloccata, ma in movimento, si pagano le funzioni, si paga il merito. Si continua a cambiare, passo dopo passo. Si è chiuso il contratto 2019/2021 con 90 euro, si è deciso di dare 200 euro a chi riceve meno, soprattutto si lavora sul contratto 2021/2025 premiando ancora di più i nostri insegnanti e inserendo finalmente le valutazioni meritocratiche personalizzate. Siamo in presenza di una caduta demografica di un milione e quattrocentomila persone e questo avrebbe dovuto significare 130 mila insegnanti in meno dal 2021 al 2031.
Non è stato così perché non si è fatta toccare la spesa di 3,5 miliardi per la scuola italiana e si sono salvate risorse in più per 120 mila docenti che non dovrebbero esserci. Lo si è fatto perché si crede nella scuola e si vuole investire di più nel capitale umano. Lo si è fatto perché si vuole provare a invertire la tendenza. Lo si è fatto perché ci si misura con i problemi pensando al futuro. L’ultimo lunedì di maggio, oggi, è sciopero generale della scuola perché il Paese e i nostri figli prima di tutti devono pagare la crisi del sindacato e dei partiti.
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