Enrico Letta e Matteo Salvini
5 minuti per la letturaIl tasso di irresponsabilità è molto elevato e va neutralizzato subito. I capi partito vogliono continuare a fare le bizze o le solite sceneggiate sapendo che né le prime né le seconde hanno una via di uscita o vogliono tenere il timoniere e farlo andare avanti cambiando insieme le coordinate di sistema sul piano della concorrenza, del fisco e degli appalti? Non riescono a capire che o ce la fanno a sopravvivere con questo governo o l’alternativa è “morire”. Che non esistono vie di compromesso tra queste due alternative. Anche sul piano della politica estera siamo al bivio: o l’Europa rinasce o è un sogno che è finito. Chi vuole puntare sulla rinascita deve almeno capire che l’Italia deve sedere intorno al tavolo che decide con la schiena dritta e la credibilità, oltre a quella personale di Draghi, di un sistema Italia nuovo che fa corpo intorno a lui. Sistema Italia significa tutti
C’è un punto nevralgico che sfugge ai capi partito e alle loro elucubrazioni fuori dalla realtà. Giocano con le regole europee sospese del patto di stabilità e con la spesa pubblica corrente all’italiana. Non si rendono conto della fragilità storica del Paese fatta di debito e di vincoli alla crescita, ma soprattutto almanaccano su contenuti e durata del governo di unità nazionale guidato da Draghi di cui sono azionisti politici.
Non sono riusciti, dunque, neppure a capire che o ce la fanno a sopravvivere con questo governo o l’alternativa è “morire”. Che non esistono vie di compromesso tra queste due alternative. Che devono farcela, per forza, perché se non ce la fanno sono finiti. Che non hanno uscite di sicurezza e che loro e noi, con loro, siamo all’ultimo appello. Che è sbagliato, molto sbagliato, proprio per questo, il ragionamento che fanno sull’istinto di sopravvivenza, che si va avanti comunque. Perché in un quadro internazionale così complicato dal triplo shock inflazionistico, energetico e alimentare e con i titoli sovrani decennali italiani al 3% di rendimento, una volta di più il diavolo si nasconde nei dettagli e tutti stanno facendo di tutto perché uno di questi dettagli faccia diavolescamente scivolare tutto. Vanno neutralizzati subito perché il tasso di irresponsabilità è molto elevato.
Il problema è che l’Italia deve mandare un messaggio chiaro fuori dall’Italia. Ci teniamo Draghi oppure no? Siamo cambiati e vogliamo cambiare oppure no? Questo è il problema: non è cambiato il sistema, ma è cambiato il timoniere. Si vuole continuare a fare le bizze o le solite sceneggiate sapendo che né le prime né le seconde hanno una via di uscita o si vuole tenere il timoniere e farlo andare avanti cambiando insieme le coordinate di sistema sul piano della concorrenza, del fisco e degli appalti?
Lo si vuole fare o no sapendo peraltro che tutto questo non vuol dire la catastrofe? Che non vuol dire che si raddoppiano le tasse, ma che invece proprio come ha voluto Draghi si procede con il massimo di equilibrio mettendo tutti i paletti necessari per andare avanti sui balneari come sul catasto in modo equo e trasparente. Che le riforme della concorrenza come quelle del fisco e degli appalti sono riforme abilitanti del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) il che vuol dire che, senza di esse, i soldi europei svaniscono. Non è che abbiamo a Palazzo Chigi un novello Robespierre, ma un uomo che ha un realismo formidabile che ha dimostrato in una vita di lavoro e in tutti questi passaggi recenti. Che, però, sa bene che il realismo non è vivacchiare o che, andreottianamente parlando, sopravvivere è meglio che tirare le cuoia nella fase attuale non vale.
Questo oggi l’Italia per problemi interni e internazionali non se lo può più permettere.
Perché, anche sul piano della politica estera, si apre il grande capitolo della rinascita dell’Europa. Siamo al bivio: o rinasce o è un sogno che è finito. Chi vuole puntare sulla rinascita deve almeno capire che l’Italia deve sedere intorno al tavolo che decide con la schiena dritta e la credibilità, oltre a quella personale di Draghi, di un sistema Italia nuovo che fa corpo intorno a lui. Sistema Italia significa tutti.
Ci sono i capi partito, ma anche l’Italia profonda dei governi locali che ha mille facce, dell’imprenditoria sana e meno sana, del sindacato rinnovato e di quello radicato in un passato smentito dalla storia, e delle cooperative che devono uscire dalla rendita e sapersi misurare con il mercato. Sono tutti processi complicati che non possono essere guidati da chi non guarda oltre il proprio ombelico.
Questa è la vera sfida che l’Italia ha davanti a sé in casa e in Europa dove tutti oggi peraltro ci guardano con occhi nuovi proprio per come l’Italia ha saputo affrontare la pandemia, per come ha reagito sul piano economico e per come si muove sullo scacchiere internazionale. Sono parole del vicepresidente olandese della commissione europea, Frans Timmermans, dette in tv in un italiano perfetto ma non al punto da superare le orecchie del pregiudizio italiano politico e informativo di taglio populista-sovranista.
L’unico, vero grande sogno della nuova Europa federale, che è ciò che serve al mondo dilaniato dalla guerra in Ucraina e dal conflitto globale tra autocrazia e democrazia, dipende molto da noi. Dipende dal fatto che il Pnrr non sia un’eccezione ma diventi una regola annuale europea per un decennio anche proprio perché noi avremo dimostrato di essere capaci di spendere i soldi europei che ci sono stati dati. Non possiamo proprio permetterci di fallire l’appuntamento con la storia. Anche perché, Next Generation Eu a parte, la battaglia per la nuova Europa federale, di cui Draghi è da sempre l’architetto politico, quella con debito, bilancio, esercito, politica estera comuni, non è una cavalcata in campagna di mezza stagione. È un sentiero di montagna da scalare e conquistare metro dopo metro con temperature avverse. Perché l’insidia è nascosta in ogni angolo.
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