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Mario Draghi e Joe Biden nello Studio Ovale

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La situazione politica di casa nostra migliora se si vede un impegno degli Stati Uniti al fianco dell’Italia e dell’Europa sulla strada della diplomazia da perseguire oltre a quella militare per ottenere il cessate il fuoco. Questo segnale concreto Draghi lo ha dato in modo nettissimo: ha detto con chiarezza assoluta al presidente americano che in Italia come nel resto d’Europa ci si domanda che cosa si può fare per arrivare alla pace seguendo la strada della diplomazia parallelamente a quella della guerra. Il capo del governo italiano parla come premier del suo paese ma anche come leader europeo riconosciuto e lancia, in questa duplice veste, un messaggio preciso alla amministrazione americana. Dice a Biden: non basta un sostegno militare, ma serve un sostegno diplomatico. L’iniziativa assunta da Draghi sul piano diplomatico e quelle riguardanti il tema energetico in divenire possono costituire nel breve e nel medio termine un fattore decisivo per la stabilità del quadro politico italiano. Di sicuro il coraggio di muoversi nella direzione giusta a Draghi non è mancato.

Avevamo scritto in assoluta solitudine che i numeri italiani spingevano a una cauta fiducia ovviamente in un quadro globale che permane incerto e senza peggioramenti del conflitto in Ucraina. Lo avevamo scritto perché turismo e servizi vanno alla grande, i numeri sono inequivoci, e avevamo sottolineato che, da nostre fonti, risultava che anche produzione e esportazioni fossero in linea. Nonostante previsioni confindustriali di un gelo da meno 2% a marzo, il dato comunicato oggi dall’Istat è in crescita del 3% sull’anno precedente e perfettamente in linea con il mese di febbraio.

Siamo l’unico tra i grandi Paesi europei a non avere subito una caduta a marzo, primo mese interamente condizionato dal conflitto. Avevamo precisato che questo ottimismo domenicale era solo frutto di quello che ci dicevano i dati, ma che volevamo sottolinearlo perché il potere di acquisto degli italiani notevolmente compresso dalla crescita dell’inflazione ha bisogno di essere sostenuto da un po’ di fiducia vera se si vuole che i consumi continuino a trainare la ripresa italiana.

Questo lungo preambolo nel giorno storico dell’incontro del nostro presidente del consiglio, Mario Draghi, con Joe Biden alla Casa Bianca, lo abbiamo voluto fare perché riteniamo che il nostro premier fa i conti con una classe politica italiana che nonostante gli evidentissimi risultati interni e internazionali non ha il coraggio di sostenerlo. Preferisce, purtroppo, alimentare polemicucce stucchevoli ed è, quindi, proprio Draghi ad avere bisogno di tornare in Italia esibendo qualche risultato tangibile che blocchi le critiche pretestuose e tronchi sul nascere lo sterile dibattito dell’opinione pubblica alimentato proprio da quella politica e quella informazione italiana di bassissima cucina.

Questo punto non va sottovalutato dal premier perché il valore testimoniato di un nuovo europeismo e di un’altra Europa che pongono l’Italia al fianco della Francia nella guida del processo di un nuovo atlantismo con un’America che rispetta l’Europa è qualcosa di infinitamente importante, ma anche infinitamente distante dalle sensibilità di chi lo attacca strumentalmente dall’interno della sua maggioranza come servo degli Stati Uniti e dalla cassa di risonanza mediatica di questi ridicoli argomenti che esercitano invece un ruolo politico importante (estremamente dannoso) nella discussione italiana. La situazione politica di casa nostra migliora, a suo modo si placa, se si vede un impegno degli Stati Uniti al fianco dell’Italia e dell’Europa sulla strada della diplomazia da perseguire oltre a quella militare per ottenere il cessate il fuoco.

Questo segnale concreto Draghi lo ha dato in modo nettissimo: ha detto con chiarezza assoluta al presidente americano che in Italia come nel resto d’Europa ci si domanda che cosa si può fare per arrivare alla pace seguendo la strada della diplomazia parallelamente a quella della guerra. Il capo del governo italiano parla come premier del suo Paese ma anche come leader europeo riconosciuto e lancia, in questa duplice veste, un messaggio preciso alla amministrazione americana. Dice a Biden: non basta un sostegno militare, ma serve un sostegno diplomatico. Con il suo consueto linguaggio, che è strutturalmente diretto, Draghi dice al presidente americano: oltre a ciò che si sta facendo sul campo di guerra, serve un sostegno diplomatico. Fa una cosa concreta, non scontata, che prima di lui nessun leader europeo ha potuto fare rivolgendosi direttamente a Biden, e quindi porta un messaggio non solo italiano ma europeo all’America. In quella Casa Bianca che lo accoglie e lo riconosce come alleato, ma che si fa portatrice del riconoscimento della comunità americana anche all’uomo Draghi sia come presidente della Banca centrale europea salvatore dell’euro sia come capo di un governo di unità nazionale che ha guidato l’Italia con mano ferma nella lotta contro la pandemia e con mano altrettanto ferma nell’azione e nelle alleanze dentro la guerra di Putin all’Ucraina. Che si è rivelata subito un vero conflitto di civiltà tra mondo autocratico e mondo democratico.

Sul tema strategico del gas in termini di maggiori aiuti o di minore pressione su embarghi contro la Russia che bloccherebbero le economie italiane e tedesche oltre alla netta presa di posizione italiana a favore dell’azione diplomatica di pace, ci sono elementi di concretezza perché i Conte, i Salvini e, a maggior ragione, i Letta rinuncino a sollecitare le loro opinioni pubbliche su temi divisivi o strumentali come sono quelli sull’uso in un modo o nell’altro delle armi e, tanto più, provino a valorizzare presso le stesse opinioni pubbliche l’indiscutibile risultato già acquisito da Draghi di avere mantenuto l’Italia nel novero ristretto dei Paesi del gruppo di testa del nuovo equilibrio internazionale. Queste cose sono importantissime, sono fondamentali, ma i politici professionisti e gli uomini del talk show italiano appartengono tutti insieme alla categoria della politica della demagogia e fanno fatica ad afferrarne fino in fondo il valore.

Per questo riteniamo che l’iniziativa assunta da Draghi sul piano diplomatico e quelle riguardanti il tema energetico in divenire possano costituire nel breve e nel medio termine un fattore decisivo per la stabilità del quadro politico. Almeno lo auspichiamo. Speriamo che lo siano oggi un po’ come lo furono in Italia, prima e dopo la visita di De Gasperi in America, la nave carica di grano e il nuovo prestito Marshall. Anche oggi si avverte l’esigenza di un fatto concreto, l’iniziativa diplomatica europea e atlantica che porti al cessate il fuoco e un quadro realistico di tutela degli interessi europei sui temi strategici dell’energia e delle materie prime alimentari che rappresentano per l’Europa l’unica concreta possibilità di evitare una nuova recessione e per i popoli africani quella molto concreta della fame.

Draghi non ha, dunque, commesso l’errore di sottovalutare la demagogia del dibattito della pubblica opinione che esercita un ruolo negativo rilevante nella politica italiana e ha provato con il coraggio dei fatti a rinsaldare dall’estero l’unità di un Paese che è sempre più disorientato. È ancora un po’ presto per sbilanciarsi sulla concretezza finale dei risultati, ma di sicuro il coraggio di muoversi nella direzione giusta non è mancato. Speriamo che gli italiani ne colgano lo spirito e la profondità del messaggio.


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