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Mario Draghi

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Lo schieramento netto operato da Mario Draghi della posizione italiana dalla parte di un’Europa che sta cambiando e dell’alleanza atlantica degli Stati Uniti, avanguardia entrambe del mondo libero nel pieno di un conflitto di civiltà globale che non è più quello tra burqa e minigonna, è la scelta giusta per l’oggi e addirittura decisiva per il domani. Draghi fa bene a fare oggi quello che fece allora De Gasperi e, in un contesto storico e in una situazione totalmente diversi, ancora prima fece Cavour. L’Italia di oggi ha solo da guadagnarci dal coraggio di queste scelte italiane e dalla leadership internazionale che Draghi esprime. Se almeno lo si capisse in casa e se ne capitalizzasse la fiducia, di certo ne guadagneremmo tutti

Ci sono momenti della storia in cui tutto è consentito fuor che fare il pesce in barile. Siamo nel pieno di un nuovo grande conflitto di civiltà tra mondo autarchico e mondo democratico e stiamo entrando a passi veloci in un’economia di guerra dove è già cambiata la globalizzazione ma non è ancora chiaro né il nuovo ordine mondiale né la nuova organizzazione mondiale dell’economia.

Nella guerra politica di civiltà, determinata dall’invasione della Russia dello Stato sovrano libero dell’Ucraina e dal genocidio di donne, uomini e bambini che hanno scandito questa invasione, la Cina e gli Stati Uniti si sono schierati subito su fronti opposti e sono impegnati in modo attivo anche se in forme più o meno coperte. Rimaniamo della convinzione che loro, non altri, potranno farla cessare.

Nel frattempo, stiamo entrando in un’economia di guerra. Perché gli Stati Uniti per combattere l’inflazione si sono prenotati la recessione, che sperano breve, ma sempre recessione sarà. Perché la Cina sta già duramente frenando a causa della politica “Covid zero” e dei conseguenti lockdown interni, ma è evidente che la contrazione del commercio internazionale prodotta dalla guerra di Putin all’Ucraina con la conseguente grande crisi delle materie prime energetiche e agro-alimentari non può non produrre danni ulteriori. Sulla crisi di fiducia che pervade l’Europa colpita direttamente perché la guerra in Ucraina si svolge nel cuore dell’Europa stessa e perché i prezzi delle materie prime sono saliti alle stelle e la loro carenza interrompe i cicli produttivi, non vale la pena di spendere molte parole.

Lo schieramento netto operato da Mario Draghi della posizione italiana dalla parte di un’Europa che sta cambiando e dell’alleanza atlantica degli Stati Uniti, avanguardia entrambe del mondo libero nel pieno di un conflitto di civiltà globale che non è più quello tra burqa e minigonna, è la scelta giusta per l’oggi e addirittura decisiva per il domani.

Perché la storia non si fa con i se e con il senno del poi né con vecchi e nuovi neutralismi di facciata. Né, tanto meno, si fa assecondando le polemiche di maniera all’italiana che appartengono a un passato di ambiguità culturali e politiche, di finte utopie smentite dalla realtà dei fatti di ieri e, prepotentemente, dalla realtà dei fatti di oggi. Ciò che non si riesce ancora a capire bene in Italia è quanto può valere sul piano interno il profilo internazionale, quanto valga il coraggio di scegliere.

Il dibattito della nostra pubblica opinione è viziato dal fatto che troppi parlano di cose, politica internazionale e economia, che non capiscono dove tutti ignorano che abbiamo un problema, il debito pubblico, che ci rende differenti da chiunque altro, e dove si attribuiscono a Macron impossibili ruoli di mediatore e si fa fatica a capire che Scholz si muove sulle uova perché la Germania ha una situazione di dipendenza per il gas dalla Russia ancora più sbrindellata della nostra.

Quando Cavour mandò i bersaglieri italiani a combattere nella guerra di Crimea (1855) fu sommerso di critiche, ma ottenne lo straordinario risultato che il piccolo Piemonte si inserì nella dinamica dei grandi poteri europei e la questione italiana diventò una questione che i grandi poteri europei presero in considerazione. Questo vuol dire fare politica internazionale. Che significava allora come significa oggi che non puoi rimanere nel tuo piccolo giardinetto di casa, ma devi fare delle scelte che poi tutti si affretteranno a definire lungimiranti quando la storia produrrà i benefici risultati che quelle scelte avranno determinato. Ovviamente a esprimere i più forti apprezzamenti saranno quelli che avevano prima espresso le peggiori critiche.

Successe nel Dopoguerra anche con De Gasperi quando scelse l’America come alleato diretto sposandone in toto scelte e collocazione mentre tutti gli consigliavano maggiore prudenza e lo spingevano a favorire il rapporto con l’Inghilterra a cui secondo questi diffusi suggeritori l’America avrebbe delegato il rapporto per suo conto con l’Italia e gli altri Paesi europei. Non fu così, De Gasperi fece di testa sua, ebbe il rapporto diretto e l’Italia fu il maggiore fruitore del prestito Marshall, la lira vinse l’oscar mondiale delle monete, si posero le basi per trasformare in un paio di decenni un Paese agricolo di secondo livello prima in un’economia industrializzata poi in una potenza economica mondiale.

Draghi fa bene a fare oggi quello che fece allora De Gasperi e, in un contesto storico e in una situazione totalmente diversi, ancora prima fece Cavour. L’Italia di oggi ha solo da guadagnarci dal coraggio di queste scelte italiane e dalla leadership internazionale che Draghi esprime. Se almeno lo si capisse in casa e se ne capitalizzasse la fiducia, di certo ne guadagneremmo tutti.


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