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Mario Draghi e Ursula von der Leyen

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Il modello di globalizzazione basato sul primato dei prezzi relativi per cui si va a produrre dove costa meno in giro per il mondo è finito per sempre. Nella riorganizzazione del nuovo mondo il bisogno di economia si sposa con il bisogno di sicurezza. Come lucidamente ripete Mario Draghi che è pienamente consapevole di che cosa vuol dire fare l’Europa politica dopo avere salvato l’euro, nella riorganizzazione del nuovo mondo dovrà essere l’Europa a fare stoccaggio e acquisti di gas per tutti scontando migliori condizioni e a fare piazza pulita dei profittatori autorizzati dal criterio marginale dei prezzi. Tutto si deve tradurre in una Europa che dice che cosa vuole fare in politica estera, nella difesa e negli investimenti comuni. Bisogna chiudere la guerra in dieci giorni perché lo scenario di una guerra lunga non è compatibile con la ripartenza economica e sociale del mondo. È interesse di tutti aiutare Putin a trovare la via di uscita dagli ostacoli che lui stesso ha. Perché questo è l’interesse del mondo non di Putin che rivorrebbe il suo muro per coprire la débâcle militare e economica del suo Paese

Tutti hanno chiaro che bisogna uscire da questa guerra perché non si può bloccare l’economia del mondo. Il prezzo pagato è già molto alto. Se si va avanti ancora un po’ in Italia saltano gli stoccaggi per l’anno nuovo, troppe imprese chiudono, il potere d’acquisto delle famiglie è “divorato” dall’inflazione e dalla paura. Chi ha patrimoni importanti finanziari e industriali non investe e, in genere, aumenta la quota di risparmio depositata sui conti correnti. Lo scenario cupo della crisi energetica degli anni Settanta è di sicuro più luminoso di quello che si aprirebbe per noi come per la Germania anche se, purtroppo, noi siamo più dipendenti di tutti dallo Stato aggressore, la Russia, e dallo Stato aggredito, l’Ucraina, sia per le materie prime energetiche che per quelle agricolo-alimentari. Oggi è necessario che la risposta venga dal bilancio pubblico europeo più che da quello italiano per il profilo europeo e la dimensione europea dei danni arrecati oltre che per i nostri arcinoti problemi di finanza pubblica causa indebitamento. In caso di guerra lunga sarebbe addirittura obbligatorio.

Bisogna uscire dalla morsa della guerra di Putin per l’Europa, per l’Italia, oltre che per l’Ucraina e la stessa Russia. Bisogna chiudere la guerra in dieci giorni perché lo scenario di una guerra lunga dopo la pandemia e il nuovo ’29 mondiale non è compatibile con la ripartenza economica e sociale del mondo con il suo carico di fragilità psicologiche e di diseguaglianze crescenti. Si deve aprire subito una fase interessante di ricostruzione della terra della nuova Europa che è diventata l’Ucraina e di parallela riorganizzazione di tutti i rapporti del mondo occidentale.

Questo modello di globalizzazione basato sul primato dei prezzi relativi per cui si va a produrre dove costa meno in giro per il mondo e lo si fa vantandosene pure è finito per sempre. Nella riorganizzazione del nuovo mondo il bisogno di economia si sposa con il bisogno di sicurezza. Come lucidamente ripete Mario Draghi che da salvatore dell’euro è pienamente consapevole di che cosa vuol dire fare l’Europa politica dopo avere fatto quella della moneta, nella riorganizzazione del nuovo mondo dovrà essere l’Europa a fare stoccaggio e acquisti di gas per tutti scontando migliori condizioni e a fare piazza pulita dei profittatori autorizzati dal criterio marginale dei prezzi. Che è un marchingegno odioso che fa salire alle stelle gli utili di chi non solo non ha extra costi, ma addirittura lucra sulla guerra di Putin in Ucraina. Perché l’imprenditore fotovoltaico che va con il sole non spende un euro in più per produrre la sua elettricità, ma ha la possibilità di venderla con il prezzo anche decuplicato di chi è costretto per la guerra a pagare dieci volte di più la sua materia prima che è il gas.

Per lui la guerra è una pacchia e sinceramente è intollerabile che questa pacchia prosegua per motivi etici prima che economici. Per la serietà della partita geopolitica in corso che convive con la rabbia e l’emozione che accompagnano i crimini di guerra di Putin, bisogna cominciare a parlare di ricostruzione dell’Ucraina e di una nuova fase di sviluppo economico basata sempre più sulla conoscenza prima ancora che le ostilità della guerra siano cessate. In una riunione del Consiglio dei ministri europei, Patrizio Bianchi è stato esplicito: va bene parlare di digitalizzazione e di continuità didattica, ma dobbiamo avere tutti chiaro che ora per allora dobbiamo cominciare a porci il problema della nuova Europa o altrimenti salta il blocco totale.

Tutto si deve tradurre in una Europa che dice che cosa vuole fare in politica estera, nella difesa e negli investimenti comuni. Questa vicenda dell’Ucraina ha dimostrato che il ruolo della Commissione è stato il nulla, che nemmeno l’Onu ha toccato palla, che hanno giocato chi più chi meno solo i singoli governi e nessuno nemmeno ricorda che cosa abbia detto l’Alto rappresentante della politica estera europea. Dal punto di vista militare parlano gli americani. Dal punto di vista economico parla Gentiloni ma più come gestore di problematiche interne della Unione Europea che non come soggetto propulsore dell’economia globale.

Si parla di moneta, di finanza, mai di economia reale. Si parla di apertura dei mercati, ma non di specificità micro in alcuni settori di politica industriale europea. Non si conoscono i settori chiave e nemmeno si discute di politica industriale quando non sei riuscito ad avere una posizione di sicurezza proprio in alcuni settori chiave come il legno, la ghisa, l’energia. Hai un problema di redistribuzione interna perché ognuno dei paesi pensava di avere un guadagno, ma si era illuso, non aveva capito niente di dove andava la storia. Proprio la pandemia e ora la guerra di Putin in Ucraina sono una lezione che ci insegna molte cose. Ci dice che l’Europa deve fare un grosso passo in avanti senza il quale resta bloccata. Viene meno il tabù di non parlare di politica industriale o di settori. Perché fino a oggi non si è parlato di automotive, di cablaggio, di semiconduttori? Perché non si parla mai di dimensionamento industriale europeo? Perché si è parlato sempre e solo di aiuti attribuiti e/o attribuibili? Ancora una volta un disegno importante di una nuova Europa, in questo caso per l’energia, parte da Draghi e, cioè, dall’iniziativa del capo di governo di un Paese, come altre volte è partito magari dalla Francia o dalla Germania o dalla Francia e dalla Italia insieme.

Il punto è che non parte mai da un’iniziativa comune che consenta di uscire da un livello confederale per passare a un livello federale vero e proprio che si pone problemi reali, strutturali, politiche di approvvigionamento, politiche industriali, politiche settoriali. Si continua a parlare di Europa ma senza un’analisi di impatto complessiva della guerra di Putin in Ucraina per l’Europa stessa, per tutta l’Europa. Allora facciamola finita. Poniamoci come obiettivo e operiamo concretamente perché la prossima Commissione europea fra due anni esprima un vero governo europeo guidato da persone che hanno capacità di visione. Che esprimono sin da oggi questo bisogno di andare oltre la guerra pensando alla ricostruzione dell’Ucraina e alla grande occasione economica di riorganizzazione dell’Europa come player globale consapevole. Se l’Europa riesce a uscire dalla logica interna di mutuo soccorso tra i Paesi per assumere il profilo di un soggetto economico e politico che si muove in modo unitario e consapevole delle disparità da colmare, allora il mondo avrà il player globale che ora manca e di cui ha vitale bisogno. A quel punto, non assisteremo più agli spettacolini dei ministri italiani che hanno sempre qualche settore o impresa da proteggere con soldi che non abbiamo. Perché avremo il player globale che serve all’Europa e a noi. Abbiamo dieci giorni, non di più, per costruire il negoziato politico che faccia cessare le ostilità. È interesse di tutti aiutare Putin a trovare la via di uscita dagli ostacoli che lui stesso ha. Perché questo è l’interesse del mondo non di Putin che rivorrebbe il suo muro per coprire la débâcle militare e economica del suo Paese.


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