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Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, insieme al Professor Giorgio Parisi in visita ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

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Il metodo viene prima della scoperta, merito e attenzione alle donne che passa dalla lotta alle diseguaglianze e agli stereotipi di genere. Per questo il Pnrr mette in gioco 30 miliardi e scommette sul Sud a partire da asili nido e banchi di scuola come su scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Per questo la ricerca è fondamentale. Il Nobel di Parisi come quello di Natta della Ricostruzione del Dopoguerra è stato vinto per quello che si è fatto in Italia. Vogliamo leggere nel laboratorio del Gran Sasso e nelle parole di Draghi di ieri il segno di un cammino che si ripete guadagnandone in metodo e in organizzazione. Perché queste sono le due caratteristiche che fanno la differenza tra un Paese che cambia per un giorno e un Paese che cambia per sempre

Il capitale umano parte dalla scuola, ma si potrà formare se riusciremo a sottrarre la scuola dalla doppia demagogia. Quella buonista che consente tutto meno che studiare e quella caporalesca che tiene i ragazzi sotto una pressione sbagliata. Sono cento anni dalla nascita del maestro Mario Lodi e consiglierei a tutti di rileggere “Il Paese sbagliato” per capire che cosa è l’educazione come forma di condivisione non paternalistica tra professori e studenti. Bisogna salvare la scuola dai suoi stereotipi. Non si affrontano gli studenti con le manganellate né essendo accondiscendenti verso ogni loro richiesta.

Attenzione, però: è inutile aumentare i finanziamenti per i dottorati di ricerca se poi ci arrivano solo quelli che hanno avuto i soldi per studiare fuori dalla scuola pubblica; è inutile sottolineare il valore della partecipazione femminile al mondo delle scienze e della tecnologia se non si fanno gli asili nido in territori italiani abbandonati dallo Stato dove il capitale umano del talento scientifico femminile viene consumato nell’esercizio di una maternità che è di necessità stato, scuola, famiglia, casa, tutto.

Dove il degrado colpevole dell’ambiente educativo/infrastrutturale e la precarietà dei lavori rende il sistema economico fragile e le donne e i giovani punto estremo di questa vergognosa disparità territoriale nell’utilizzo e nella buona gestione delle risorse pubbliche. Perché allora sono fondamentali la visita ai Laboratori del Gran Sasso del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il suo discorso sul valore assoluto della ricerca – scienza, tecnologia, ingegneria, matematica – e del metodo che viene prima della scoperta, del merito e della lotta alle diseguaglianze che sono un tutt’uno? Perché questi ragionamenti poggiano su una consapevolezza che si traduce in 30 miliardi di investimenti del Piano nazionale di ripresa e di Resilienza su istruzione e ricerca. Perché poggiano su una scelta ribaltata rispetto al passato che dà il 50 e passa per cento delle risorse europee per fare asili nido e scuole nei territori meridionali e per la prima volta nella storia repubblicana gli atenei del mezzogiorno, che hanno primati globali frettolosamente dimenticati da tutti, ricevono oltre il 40% del finanziamento dei progetti di ricerca a livello nazionale.

Questo significa praticare la coerenza del fare e operare per costruire una Italia nuova che vinca le pulsioni anti-scientifiche e anti-impresa. Ci sono una quantità di esperienze straordinarie di rapporto scuola-lavoro che sono necessarie e che non emergono. Bisogna prendere coscienza che parliamo di milioni di studenti che hanno fatto questa esperienza e hanno trovato subito un lavoro qualificato.

Non può essere un incidente gravissimo, che non sarà mai troppo biasimato e di cui i colpevoli dovranno rispondere senza sconti, a umiliare l’esperienza straordinaria di milioni di ragazzi e a spingere ad annullare il futuro in un circuito perverso di pulsioni anti-impresa. Che, poi, è il fratello stretto di quel circuito di pulsioni anti-scientifiche che messi insieme portano a una scuola che non risponde mai di niente.

Non esiste che la scuola italiana non debba rispondere della preparazione dei ragazzi. Non esiste che la scelta debba essere tra una scuola solo di formazione professionale e una scuola completamente avulsa dal mondo del lavoro. Diciamoci le cose come stanno: siamo ancora tra i Paesi che spendono meno al mondo sulla formazione continua, la ricerca di base e la ricaduta della ricerca, la diffusione dei risultati della ricerca. Il capitale umano di un Paese non è ricerca o formazione, ma il continuum che si crea tra l’una e l’altro dove la ricerca diventa formazione. Nei Paesi dell’Est da una parte c’è l’Accademia e dall’altra l’impresa. Noi dobbiamo unirle nella nuova didattica e nella nuova ricerca. Che, a ben vedere, sono poi quelle simboleggiate fisicamente da Giulio Natta e da Giorgio Parisi. Che sono rispettivamente il penultimo e l’ultimo tra i vincitori italiani di un premio Nobel per una ricerca e una invenzione fatte in Italia. Nel caso di Natta quel premio Nobel per la chimica che riguardava il polipropilene isotattico, le vaschette di plastica della Moplen, era frutto di una grande stagione dove una grande università e una grande impresa lavoravano di concerto e stavano realizzando il miracolo economico italiano.

Intorno al nuovo premio Nobel per la fisica Parisi è necessario che si ritrovi oggi quello stesso spirito dove intelligenza tecnica, riformismo cattolico e cultura laica lavorarono sempre insieme e avevano nelle grandi imprese e nelle grandi università il laboratorio del futuro italiano. Vogliamo leggere nel laboratorio del Gran Sasso e nelle parole di Draghi di ieri il segno di un cammino che si ripete guadagnandone in metodo e in organizzazione. Perché queste sono le due caratteristiche che fanno la differenza tra un Paese che cambia per un giorno e un Paese che cambia per sempre.


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