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Le bandiere dei Paesi europei

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Nelle grandi partite dell’economia a partire dai prezzi stellari del gas e della politica estera che si misura con l’oneroso rischio di guerra in Ucraina tanto narrativo quanto razionalmente inesistente sperimentiamo plasticamente la crisi dei poteri in Europa e in Italia. O, se volete, facciamo i conti con la crisi degli equilibri in Europa e in Italia. In Europa c’è un problema di equilibrio tra Stati, nessuno dei quali vuole accettare che ci sia un superStato europeo e una guida europea all’altezza della sfida. In Italia c’è una crisi dei partiti, nessuno dei quali vuole che ci sia una guida comune a cui tutti fare riferimento durante il nuovo ’29 mondiale

Siamo alla crisi dei poteri in Europa e in Italia. O, se volete, facciamo i conti con la crisi degli equilibri in Europa e in Italia. In Europa c’è un problema di equilibrio tra Stati, nessuno dei quali vuole accettare che ci sia un superStato europeo e una guida europea all’altezza della sfida. In Italia c’è una crisi dei partiti, nessuno dei quali vuole che ci sia una guida comune a cui tutti fare riferimento durante il nuovo ’29 mondiale, minaccia inflazionistica e caro energia aggravati dall’oneroso rischio di guerra in Ucraina tanto narrativo quanto razionalmente inesistente.

Cominciamo dall’Ucraina. Non si riesce a capire bene di che cosa stiamo parlando. Se Putin vuole solo la legalizzazione che si è preso la Crimea e poi il Donbass che è Ucraina ma si ritrova ad essere teatro di una guerra continua tra bande filorusse da un parte e un po’ di esercito ucraino e tante bande filoucraine dalla altra parte. Il mondo sviluppato si è mobilitato. Noi abbiano mandato soldati e avremo il ministro degli Esteri Di Maio oggi a Kiev domani a Mosca.

Il Capo dell’Eliseo Macron si è incontrato con Putin ma fallisce. Il cancelliere tedesco Scholz si incontra con Putin ma fallisce. In realtà è il fallimento del ruolo dell’euro sistema che non esiste. Perché non ci sono ancora una vera struttura europea, una politica estera unitaria, un esercito unico, una politica comune per l’Est ingovernabile. Non siamo gli Stati Uniti d’Europa ma una confederazione molto vasta tenuta insieme da un po’ di politica comune a livello Nato perché l’Europa dell’Est – Polonia, Ungheria, Estonia, Lituania – è preoccupata della Russia e, in questo caso, fa una politica di sostegno del discorso Nato mitigando le loro tensioni con l’Europa unita. Non è che ci si può fare conto più di tanto perché è molto pericoloso rafforzare l’Europa sulla base del nemico a Est. Perché di fatto ciò rafforza polacchi e ungheresi che sono a favore delle democrazie illiberali.

Capite che così l’Unione europea non c’è e si nasconde dietro questo oggetto misterioso che si chiama diplomazia. Che la invoca Macron e poi la invoca Scholz. Tutti vogliono la soluzione diplomatica. Domanda: che cosa vuol dire? Vogliamoci bene? Vogliamo bene a Putin e Putin ne vuole a noi? Qual è di grazia la soluzione diplomatica? Che cosa sarà quest’accordo? Fatto da chi per fare che cosa? La verità è che il problema fondamentale è il ricordo per tutti dell’accordo di Monaco del 1938 quando si consentì a Hitler di prendere vasti territori della Cecoslovacchia e tutto quello che ne seguì. Si è restii ad andare su questa soluzione perché si dice: siamo disposti a dare a Putin un pezzo di successo e lui si ferma, ma se va a finire come Hitler poi che facciamo? Quindi sale l’isteria sul campo, aumentano i dialoghi europei che parlano di diplomazia e, cioè, del nulla, e cresce il ruolo di una presidenza americana non all’altezza.

Perché il problema fondamentale di fondo è l’Europa che non c’è. Con la Germania che ha bisogno del gas russo e l’Italia che ne ha bisogno ancora di più, mentre la Francia si fa forte del suo nucleare. Se l’Europa esistesse scoprirebbe che è compratore dipendente dalla Russia per il gas ma che la Russia stessa è esportatrice altrettanto dipendente per cui ha interesse a allungare le scadenze delle forniture e ad abbassare i prezzi. Questo è l’interesse europeo che coincide con l’interesse italiano. Ci vorrebbe l’Europa appunto per perseguirlo. Ci vorrebbe un’Europa che almeno capisse che il prezzo del gas non è uguale tra Stati Uniti e Europa e poi tra Europa e Italia. Chiaro?

***

In casa si naviga tra gli scogli delle turbolenze dei partiti, che le attese referendarie aumentano, perché la ciurma della nave non aiuta il capitano a muoversi tra gli scogli. Perché tutti pensano a chi sarà il nuovo vice comandante dopo il confronto alle elezioni regionali e nel momento in cui c’è incertezza sul futuro tutti comprano il maggior numero di biglietti sperando che lì dentro ci sia quello vincente. Corrono dietro qualsiasi cosa, diciamoci la verità.

Siccome il Parlamento non è in grado di fare le riforme aumentiamo le difficoltà perché entro maggio giugno dobbiamo fare i referendum e bisogna fare anche le elezioni amministrative. I partiti non sono stati capaci di mettersi d’accordo sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura e bisogna andare avanti con due campagne elettorali così parallele. Si discute se sorteggiamo o meno gli eleggibili per il Csm come se sui sorteggiati non si riverserebbero i voti delle correnti sempre ammesso che non sia sorteggiato qualcuno di loro molto attivo. Questi nuovi eletti rischierebbero di essere ancora di più nelle mani di quelle correnti. Si tratterebbe piuttosto di scegliere un sistema proporzionale che permetta di dare spazio vero di scelta a chi non è legato al sistema delle correnti. Invece, no. Propaganda, propaganda, propaganda. Mi viene da pensare a quando si votò in un referendum lo scioglimento del ministero dell’agricoltura e poi lo si sostituì con il ministero delle politiche agricole.

Speriamo piuttosto che i decreti delegati siano coerenti con le riforme della giustizia penale e civile già fatte dal governo Draghi e che il Parlamento non perda tempo perché i passi in avanti sono davvero tanti. Cannabis, eutanasia, è ovvio che i referendum sono fatti apposta per aumentare tutti i cascami dell’età della ideologia e rischiano di spianare la strada a soluzioni di tipo ideologico che non sono quelle che servono. Chiariamoci: che ci voglia una spinta forte per intervenire su tutte le ingiustizie italiane è fuori di dubbio perché incidono sulla qualità della vita delle persone e riducono la capacità di attrazione di investimenti danneggiando gravemente l’economia. Sono, però, temi seri, troppo seri, e proprio per questo seguire la rotta del governo di unità nazionale autorevolmente guidato aiuta a deideologizzare le questioni e a cambiare verso al Paese. Aiuta a consolidare il recupero di credibilità mondiale conquistato in dieci mesi prima delle fibrillazioni quirinalizie che fa la differenza tra la vita e la morte per un Paese che viene da venti anni di crescita zero e ha dimostrato di sapere fare il suo taglio record del debito nell’anno peggiore della storia proprio grazie a una crescita del 6,5% da locomotiva europea. Questo dovrebbero capire i partiti e invece inseguono bandierine sul gas come sul superbonus e così via.

Siamo in mezzo alle strumentalizzazioni che non sono quelle che servono per fare la riforma della concorrenza, per ridurre strutturalmente la dipendenza energetica italiana, proseguire sulla strada della riforma fiscale e della messa in sicurezza del sistema previdenziale italiano. Per fortuna Draghi tira dritto e Mattarella vigila ma se non cambia l’equilibrio tra i partiti i problemi rischiano di diventare serissimi. Perché sulle famiglie pesa una mazzata extra energetica da 30 miliardi e sulle imprese da 50 miliardi. Perché il Piano nazionale di ripresa e di resilienza va attuato e non declamato. Perché le riforme di struttura vanno fatte tutte, ma non per finta. Perché dobbiamo diventare un Paese serio e la politica che si è rivelata del tutto inadeguata abbia almeno l’intelligenza di affidarsi a chi sa come si fa. Solo così potrà recuperare legittimazione e ruolo. Se continua con le bandierine non guadagnerà né voti né reputazione e condannerà l’Italia al default sovrano. Mi sembra davvero troppo.


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