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Sergio Mattarella e Mario Draghi

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Ci vuole un atteggiamento politico differente nell’attuazione del processo riformatore e nella gestione corrente straordinariamente decisiva dell’economia. Bisogna almeno rendersi conto che nell’anno peggiore della storia il rapporto debito/pil che nelle previsioni del Conte 2 doveva salire poco sotto il 160% è ridisceso al 153 e il dato finale sarà ancora migliore. Se ritorniamo a fare occupare la scena dallo sgambetto di Conte a Di Maio e viceversa o dalla resa dei conti dentro la Lega e dentro il Centrodestra, siamo fregati. I partiti mettano da parte la propaganda su nuove formule politiche e i soliti giochetti su rimpasto e altro per garantire invece al governo Draghi quella concordia necessaria per attuare la Nuova Ricostruzione e realizzare tre impegni grossi: le opere del Pnrr, la riforma del patto di stabilità europeo, la riforma del Csm

Per molti dei parlamentari italiani Mario Draghi è l’alieno, non l’uomo che ha fatto il bene dell’Italia in tutti i ruoli che ha avuto. I capi partito hanno paura di un giocatore forte e hanno ritenuto che dal Quirinale avrebbe annullato i primi ministri pro tempore italiani. Per fortuna, il Parlamento ha dimostrato di essere più avanti dei capi partito. Ha avuto paura dell’alieno – si paga un lavoro non fatto da parte di chi sta intorno al premier per spiegare chi è Draghi e rimetterlo sulla terra – ma ha avuto l’illuminazione di chiedere aiuto a Mattarella perché preservi l’alieno in modo da farlo continuare a fare il bravo giocatore per loro e per tutti gli italiani.

I parlamentari hanno voluto preservare la stabilità al massimo livello chiedendo l’ennesimo sacrificio a un Capo dello Stato come Mattarella che ha fatto la storia del Paese giocando la carta estrema Draghi quando la politica – benché soccorsa -implodeva e che ha nella fiducia degli italiani la misura della sua forza che è proprio la serietà del lavoro fatto. Mattarella chiese un sacrifico a Draghi un anno fa. Oggi Parlamento e Draghi chiedono lo stesso sacrificio a Mattarella. Perché il collante di tutto è che la situazione è serissima visto che siamo dentro fino al collo nel nuovo ’29 mondiale sanitario e economico e tutto possiamo permetterci meno che giocarci la credibilità riconquistata.

Non sarà facile e dal Colle più alto c’è piena consapevolezza di tutto. Draghi ha la copertura fondamentale di Mattarella. Questo significa che ha un’arma sufficiente per contenere le pressioni elettorali dei partiti e i rimbalzi delle loro scorribande interne, ma non è detto che sia sufficiente per guidare gli stessi partiti come deve invece avvenire. Siccome questi leader politici sono talmente pazzi da fare saltare tutto c’è l’estrema difesa di Mattarella che può dire: se fate saltare Draghi, io faccio saltare la legislatura.

Questo è il nuovo quadro di riferimento politico-istituzionale. Allora è bene chiarirsi subito. Se ritorniamo a fare occupare la scena dallo sgambetto quotidiano di Conte a Di Maio e viceversa o dalla resa dei conti dentro la Lega e dentro il Centrodestra, siamo fregati uguali. Se continuiamo a perdere tempo con il racconto felliniano della donna in gamba, dico in gamba, della nostra politica da operetta, siamo fregati per sempre. Perché il rischio di catastrofe è lì come un macigno roccioso sul nostro cammino. Perché il Parlamento ha obbligato Mattarella a restare lì al Quirinale e Draghi al timone della nave in mezzo ai flutti in quanto ha dimostrato almeno di sapere che il rischio di catastrofe resta uguale e va sventato.

Allora per piacere i partiti della coalizione di governo capiscano una volta per tutte che l’unico DIVIDENDO POLITICO che possono avere è quello del successo riformatore del governo di unità nazionale e della Nuova Ricostruzione. Non ne hanno altri fuori di questo.

Si rendano almeno conto che nell’anno peggiore della storia il loro governo ha fatto la seconda crescita europea con tassi da miracolo economico e che il rapporto debito/pil che nelle previsioni del Conte 2 doveva salire poco sotto il 160% è ridisceso al 153, anzi il dato finale dovrebbe essere ancora migliore.

Mettano da parte la propaganda su nuove formule politiche e i soliti giochetti su rimpasto e altro per garantire invece al governo Draghi quella concordia necessaria per realizzare tre impegni grossi anche in un periodo elettorale: 1) portare davvero in porto le opere messe in campo con il Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) utilizzando strumenti operativi che funzionano (Promotore, partenariato pubblico-privato) e garantendo ai soggetti attuatori che sono ministeri, Regioni e Comuni una struttura centrale tecnica che invece di imbrigliare sveltisce e accompagna tutti i processi esecutivi; 2) una riforma del patto di stabilità europeo con le caratteristiche che ci servono; 3) una riforma del Consiglio superiore della magistratura (CSM) efficace e soddisfacente per il Parlamento e che restituisca ai cittadini la fiducia nella giustizia.

Ci vuole, infine, un atteggiamento politico differente nella gestione corrente straordinariamente decisiva dell’economia. Che vuol dire misurarsi con il caro bolletta energetico e i venti di guerra dell’Ucraina bandendo la propaganda e agendo prontamente in casa con tutti gli strumenti possibili e fuori con le alleanze giuste. Che vuol dire rendersi conto che il futuro di un Paese non sono i bonus immobiliari ancorché importantissimi ma l’industria e la riunificazione delle due Italie perché il rischio di avere rifatto le facciate di tutte le case e di ritrovarsi con una montagna di truffe e un debito pubblico gigantesco che strangola tutto non è un’ipotesi astratta. Almeno di questo si fidino del ministro dell’Economia, Daniele Franco, che ne capisce ed è una persona seria.


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