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Il voto per l'elezione del presidente della Repubblica

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Fuori dallo schema Draghi c’è il nulla e dietro quel nulla sono possibili solo soluzioni di ripiego che ci riconsegnano alla storia ventennale di decadenza dopo un breve periodo di rinascita che finirà per apparire come la classica estate di San Martino. La politica ha la sua ultima grande occasione per scegliere Draghi per il Quirinale e uscire dal labirinto dei veti incrociati e impegnare i due o tre leader della nuova generazione ad assumersi la responsabilità di portare avanti il governo di unità nazionale di Draghi da loro voluto. Affidandone magari la guida a chi per esperienza, anzianità e cose già fatte in questa breve stagione di governo può ambire a farlo. La scheda bianca di massa di ieri è il foglio bianco della strategia di Capi e Capetti del circoletto della politica di casa nostra. Lo spettacolo fa paura e va chiuso in fretta

Il sentiero è stretto e i partiti devono trovare la guida alpina che permetta di percorrerlo tutto fino alla cima, ma con il consenso della cordata dell’unità nazionale che si deve portare dietro. La scheda bianca di massa di ieri simboleggia l’impotenza della politica italiana, mette a nudo la incapacità di decidere di quello che resta dei partiti. Quella scheda bianca è il foglio bianco della strategia di Capi e Capetti del circoletto della politica di casa nostra. Diciamo che lo spettacolo fa paura.  C’è bisogno di chiuderlo in fretta e, per calare giù il sipario, la politica deve scegliere Draghi per la successione di Mattarella e prendere coscienza che ha la sua ultima grande occasione per uscire dal labirinto dei veti incrociati e impegnare i due o tre leader della nuova generazione ad assumersi la responsabilità di portare avanti il governo di unità nazionale di Draghi da loro voluto. Affidandone magari la guida a chi per esperienza, anzianità e cose già fatte in questa breve stagione di governo può ambire a farlo.

Questo governo espressione di un patto di legislatura si misurerà inevitabilmente ogni giorno con il Covid 19 e il nuovo ’29 mondiale, ma dovrà fare due cose prima di tutte: portare avanti bene l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e trovare tra i partiti che lo compongono la quadra giusta per fare una legge elettorale giusta che è quella proporzionale. Se sono davvero capaci di fare questo regalano al Paese loro, non altri, una guida che garantisce per sette anni dal Colle più alto credibilità all’Italia fuori casa e restituisce a suo modo agli stessi partiti all’interno la dignità riconosciuta di un cambiamento effettivo.

Gli italiani, prima dei mercati, ringrazieranno. Perché capiranno giorno dopo giorno che cosa vuol dire vivere in un Paese finalmente rispettato nel mondo che ritrova la sua stabilità e esprime il valore aggiunto di avere alla testa chi fa parte di diritto della classe dirigente della nuova Europa, non chi è costretto a subire e registrare quello che tedeschi e francesi deciderebbero per loro e per noi.  Esattamente come potrebbe accadere se si indulgesse alla scelta per il Quirinale di personalità che possono anche piacere di più ai grandi elettori del Parlamento più frammentato e spaventato della storia repubblicana italiana, ma prive di quel profilo internazionale che è oggi indispensabile in un quadro geopolitico globale post pandemico complicato. Dove, ad esempio, la borsa di Milano può perdere oltre il 4% in un giorno solo perché c’è il rischio guerra in Ucraina con le fiammate connesse di gas e petrolio e perché la stagione di rialzo dei tassi inaugurata dalla Federal Reserve prima o poi priverà l’economia italiana dell’anestetico monetario della Bce.

È un esercizio ancora molto delicato, ma per il quale vale la pena impegnarsi. Anche perché come abbiamo sempre detto la carta Draghi è la carta estrema del Paese e giocarcela vuol dire avere fatto franare anche il sentiero stretto.

Nessuno si deve mai dimenticare che fuori dallo schema Draghi c’è il nulla e dietro quel nulla sono possibili solo soluzioni di ripiego che ci riconsegnano alla storia ventennale di decadenza dopo un breve ma intenso periodo di rinascita che finirà per apparire come la classica estate di San Martino.  Questo è il punto. I capi dei partiti dovrebbero spiegare ai loro eletti molti dei quali non hanno memoria storica e valutano tutto in base al vitalizio da preservare chi è Draghi.

Dovrebbero sapere e a loro volta spiegare che abbiamo avuto nel 2011 la fortuna che il presidente della Bundesbank Weber non era in sintonia con il governo di Berlino e si ritirò dalla corsa spianando la strada alla presidenza della Banca centrale europea a Mario Draghi che ha potuto ambire alla nomina europea più rilevante per meriti suoi riconosciuti a livello internazionale e la stima della cancelliera Merkel. Questi sono i fatti dell’inizio della storia. Abbiamo, poi, avuto la fortuna che lo stesso Draghi ha salvato l’euro e è entrato nella storia come il più grande dei banchieri centrali dell’ultimo mezzo secolo. Questo signore ha fatto altresì benissimo al governo e si è messo al servizio del suo Paese ridando all’Italia la dignità smarrita da tempo. 

Fare politica oggi significa tutelare questo valore per l’intera comunità nazionale e fare una scelta politica in continuità al governo che può valere qualche sacrifico personale se consente di andare verso una soluzione stabile. Avendo magari cura di non interrompere ancora una volta il percorso unitario della scuola perché gli effetti sarebbero devastanti. Non è possibile, dovrebbero capire tutti, bruciare a fuoco lento anche la carta Draghi. Se non lo hanno ancora capito è bene che si mettano in testa capi e capetti dei partiti che passerebbero alla storia come la peggiore classe politica dal Dopoguerra a oggi.  Stiano molto attenti, perché a pensarla così è la stragrande maggioranza degli italiani.


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