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Mario Draghi

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A oggi su 51 provvedimenti da attuare entro la fine dell’anno ne abbiamo realizzati 13. Sui 24 target da raggiungere per gli investimenti siamo fermi a 5 pari al 21% del totale. Sui 27 target da raggiungere per le riforme ci fermiamo a 8 pari al 30% del totale. Quello che questi numeri, però non dicono, è che al momento su 24 miliardi da investire delle Ferrovie Italiane, al momento disponibili per il Mezzogiorno sono poco più di 2. Generali e colonnelli che non sono all’altezza vanno sostituiti all’istante. Scattino i poteri di richiamo e di sostituzione a fronte di ogni singola inadempienza. La fiducia contagiosa che la mano ferma di Draghi sta diffondendo nel Paese non può essere messa a rischio perché si fa fatica a mantenere l’impegno dello stesso Draghi di riconnettere il Sud dentro un disegno che serve al Paese e che vuole l’Europa. Si usi la cabina di regia come una macchina da guerra

Il documento è tenuto assolutamente riservato, ma le inadempienze che giorno dopo giorno emergono sul fronte degli investimenti sono scrupolosamente annotate. Sono scrupolosamente annotate perché tutto può accadere meno che il governo di unità nazionale, presieduto da Mario Draghi, nel gennaio del 2022 venga anche parzialmente bocciato dalla Commissione europea alla prima verifica sullo stato di avanzamento di investimenti e riforme del Piano nazionale di ripresa e di resilienza.

A ogni inadempienza accertata in cabina di regia corrispondono sostituzioni dei delegati dei singoli ministeri e, a seconda della gravità di tali inadempienze, scattano sanzioni fino alla punta massima della esclusione totale del dicastero inadempiente dal processo decisionale. A fare salire ulteriormente la tensione è la amara constatazione che a essere più indietro di tutti sono proprio gli investimenti che riguardano le aree deboli del Paese e che di questo Palazzo Chigi è stato tenuto accuratamente all’oscuro, coprendo la debolezza operativa attraverso una coltre di comunicati stampa e di forme acutissime di annuncite del ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili che delineano congiuntamente una patologia di livello alto. Perché si continua a parlare di cantieri aperti che restano invece sbarrati con spranghe e bastoni.

Tutto questo proprio mentre Palazzo Chigi ribadisce, per bocca del suo presidente Draghi, in ogni sede la coerenza meridionalista degasperiana del Piano che persegue la realizzazione di un “Sud più forte e connesso” dentro un disegno di sviluppo unitario che riguarda infrastrutture immateriali/materiali e politica industriale e che vuole riunire le due Italie. Perché serve al Paese e perché lo vuole l’Europa. Perché questi interventi sono la base di quel patto sociale per la crescita che deve spingere a essere uniti in casa per non aggiungere incertezza interna a quella esterna.

La realtà è che su 51 provvedimenti da attuare entro la fine dell’anno, ne abbiamo realizzati 13. Sui 24 target da raggiungere per gli investimenti siamo fermi a 5 pari al 21% del totale. Sui 27 target da raggiungere per le riforme siamo un po’ più avanti, ma ci fermiamo a 8 pari al 30% del totale. Quello che questi numeri, però non dicono, è che al momento su 24 miliardi da investire delle Ferrovie Italiane, al momento disponibili per il Mezzogiorno sono poco più di 2. Abbiamo detto, e lo ripetiamo, che chi è incapace e non ha il controllo della machina decisionale, è opportuno che si faccia da parte per il bene del Paese; lo decida lui prima che altri lo escludano. Questa riflessione il ministro Giovannini ha il dovere morale di farla e gli altri hanno il diritto di pretenderla.

Quando siamo di fronte a una quantità così estesa di inadempienze, bisogna anche realisticamente valutare se ci sono le condizioni tecniche per recuperare. Perché tutto ci si può permettere meno che ciò non avvenga. Sulle riforme la spinta del sottosegretario Garofoli si è vista anche se resta insufficiente, bisogna migliorare ancora anche se siamo fiduciosi, ma sugli investimenti deve cessare brutalmente il balletto degli annunci e deve cominciare la stagione del fare. Perché la Commissione europea dei comunicati stampa del ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili non sa che farsene e, tanto meno, in quella sede potranno porre rimedio alle evidentissime inadempienze le interviste in ginocchio della grande stampa italiana al ministro Giovannini o i comunicati stampa spacciati per oro colato.

La Commissione europea chiede conto di quattro cose essenzialmente. Primo, vuole conoscere gli stati di avanzamento dei lavori in essere e lì si può rispondere solo con i numeri della verità, non con la propaganda. Secondo, vuole che sia fornita prova della approvazione formale degli atti propedeutici alla messa in atto delle opere programmate. Terzo, chiederà conto delle garanzie offerte dai soggetti preposti alla realizzazione delle opere nel Mezzogiorno. Quarto, vorrà conoscere l’articolazione territoriale degli interventi per capire con esattezza che cosa si farà nel Mezzogiorno e se ci si presenta con un programma insufficiente sarà inevitabile che la Commissione chieda conto del perché non sia partito l’unico progetto cantierabile da domani che è il Ponte sullo Stretto di Messina a una campata.

Vogliamo essere molto chiari. Questo giornale ha fiducia assoluta nella capacità concludente dell’azione del governo guidato da Draghi perché conosce determinazione e metodo di lavoro del suo premier. Il primo, però, a essere consapevole che un uomo può fare la differenza solo dentro una squadra che si muove tutta nella stessa direzione è proprio Draghi. Così come sa bene che se non si mobilitano tutte le energie migliori e lo fanno insieme con un metodo condiviso anche l’uomo che può fare la differenza non riuscirà nell’impresa. Noi ci permettiamo di invitarlo, come sta facendo, a utilizzare la cabina di regia con le modalità di una macchina da guerra per attuare il Piano e la sua coerenza meridionalista. Generali e colonnelli che non sono all’altezza vengano sostituiti all’istante. Scattino i poteri di richiamo e di sostituzione a fronte di ogni singola inadempienza. La fiducia contagiosa che oggi comincia a diffondersi nel Paese non può essere messa a rischio da qualche statistico che non ha capito la differenza tra il racconto dei numeri e la realizzazione dei numeri. No, questo proprio non possiamo permettercelo.


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