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Il presidente del Consiglio Mario Draghi incontra il presidente del Consiglio della Repubblica dell’Iraq Mustafa Al-Kadhimi

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Siamo entrati in un decennio diverso e l’Europa ha bisogno del suo timoniere. Una leadership forte che non può che essere quella di Draghi. Siamo sicuri che verranno al pettine molti nodi, ma sappiamo che in queste condizioni ore c’è anche la possibilità di scioglierli. Ripristinare il ruolo di guida dell’Italia in un contesto internazionale, dimostrare coi fatti di restituire al Paese primo beneficiario europeo una macchina di investimenti pubblici in grado di fare le cosem ripetere con il Next Generation Eu l’operazione compiuta con la Banca Centrale Europea dove si è trasformato una specie di regolatore di questioni interne tra banche nel soggetto economico più rilevante in Europa e uno dei protagonisti assoluti della politica monetaria mondiale

ALL’ACCADEMIA dei Lincei Maria Cristina Marcuzzo ha parlato prima di Mario Draghi. È una delle maggiori studiose del pensiero di Keynes e ha voluto ricordare che era stato lui, prima di Bretton Woods, a prefigurare la necessità di uscire dalla situazione di rischio economico e politico globali delineando anzitempo lo scenario internazionale del dopo. Erano nella sua testa il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e la stabilità monetaria su una unità di conto paritaria. Qui ebbe partita vinta il segretario di stato americano e si impose il dollaro come moneta di riferimento.

Non so in quanti avranno pensato che la Marcuzzo aveva passato il testimone al nuovo Keynes in carne e ossa e, cioè, a Mario Draghi. Il nuovo Keynes in azione si deve misurare con un debito pubblico italiano al 160% del prodotto interno lordo (Pil) che è sostenibile se abbiamo una crescita sostenuta del 4% e passa di lungo termine. Perché solo così la crescita può permetterci di ripagare il debito.

Le condizioni realizzative di questo tipo di  crescita qualitativa hanno bisogno di un quadro di stabilità politica e di un atteggiamento assolutamente laico che  consente di portare il Paese fuori dalla recessione dopo avere evitato la depressione. Tutto ciò significa ripristinare  il ruolo di guida dell’Italia in un contesto internazionale, fare funzionare questo Paese mentre cadono le stelle di Merkel e Macron, capitalizzare il credito reputazionale di Draghi. Dimostrare con i fatti di restituire al Paese primo beneficiario europeo una macchina di investimenti pubblici in grado di fare le cose, significa ripetere con il Next Generation Eu l’operazione compiuta con la Banca centrale europea dove si è trasformato una specie di regolatore di questioni interne tra banche nel soggetto economico più rilevante in Europa e uno dei protagonisti assoluti nella politica monetaria mondiale.

Questa è la portata della sfida di oggi che l’Italia e il capo del governo di unità nazionale, Mario Draghi, hanno davanti a sé. Una partita che si gioca in casa e fuori. In casa, vincendo la doppia scommessa della campagna di vaccinazione e dell’attuazione del progetto Italia contenuto nel Recovery Plan sottraendolo alle mille camarille italiane. Fuori, mettendo a segno un risultato importante a livello di multilateralismo con un nuovo ruolo della WTO e una nuova governance mondiale. In questo scenario la presidenza del G 20 nelle mani di Draghi aiuta.

La sfida dell’Italia di oggi è quella di superare i singoli problemi e di avere il fiato per superarli tutti perché se i singoli problemi diventano l’ultima spiaggia non ce la fai più. Se invece fai un pezzo alla volta in un quadro organico riesci nell’impresa. Per questo bisogna riconquistare il tempo e dare al Paese in qualunque funzione lo si utilizzi questa guida. Che non è di garanzia, ma di indirizzo e di azione.

Stringi stringi, servono due condizioni prima di tutte:

1) stabilità interna

2)  stabilità europea

Per quanto vi potrà apparire paradossale la seconda, quasi più della prima, è legata a una leadership forte che non può che essere quella di Draghi. Siamo sicuri che verranno al pettine molti nodi, ma sappiamo che in queste condizioni ora c’è anche la possibilità di scioglierli. Forse, la cifra più profonda dell’intervento di Draghi ai Lincei è quello di un discorso costituente per la nuova Europa. Proprio come in casa dobbiamo fare i conti con il macigno antico del debito e quello nuovo dell’uscita dalle macerie della pandemia, e possiamo venirne fuori solo con un progetto Italia complessivo, non a spizzichi e bocconi, così in Europa il futuro si costruisce con la complementarietà di politiche fiscali, di bilancio e monetarie.

Non si parla più di sostitutività di una funzione rispetto all’altra, ma di complementarietà. Siamo entrati in un decennio diverso e l’Europa ha bisogno del suo timoniere. Perché la navigazione non sarà più a vista.


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