Una protesta del Movimento 5 stelle al Senato
4 minuti per la letturaSi devono rendere conto che se vogliono continuare ad avere loro e il movimento un ruolo politico nel cambiamento del Paese e guadagnare sul campo la quota parte di dividendo politico della Nuova Ricostruzione non possono rimanere i burattini muti che prendono ordini da Grillo “ammaestrati” dalla rediviva piattaforma Rousseau. Come nella favola di Pinocchio devono diventare uomini
Sono senza parole. Ho in mente questa scena da quarantotto ore e non riesco a togliermela dalla testa.
Le “esternazioni” di Grillo da guitto teatrale rimasto senza palcoscenico in delirio politico, mi hanno fatto ripiombare con la testa a un bel po’ di anni fa a Cernobbio la sera prima dell’uscita pubblica di Gianroberto Casaleggio al forum Ambrosetti da me moderata.
Rimanemmo a parlare fino a tardi in una conversazione piacevole. Emergeva l’intelligenza dell’uomo e la forza anticipatrice delle sue intuizioni sul nuovo mondo.
Si esprimeva con lo schema ordinato dell’informatico e raccontava affascinato i prodigi della rete contro i partiti per “una nuova politica”. Ti faceva vedere alle porte la nuova democrazia diretta senza partiti.
A un certo punto, prese a raccontare più direttamente degli uomini del movimento, di come venivano selezionati, di come si sarebbero dovuti comportare una volta che avrebbero avuto un ruolo in Parlamento o nell’organizzazione.
Poi, quasi di colpo, abbassando il tono della voce e facendomi sobbalzare sulla sedia, cito a mente, Gianroberto Casaleggio si espresse in modo diretto più o meno così: direttore, si dimentichi i loro nomi, non contano, sono lì per realizzare la rivoluzione che io e Grillo abbiamo in testa, uno vale uno di questi parlamentari perché la rivoluzione è una e vale per tutti, loro devono premere il bottone e fare in Parlamento quello che noi di volta in volta decidiamo.
Queste parole inquietanti mi frullano nella testa da quarantotto ore e, cioè, da quando Grillo si è assunto la responsabilità suicida, questa è la mia opinione, di bruciare la carta estrema, Giuseppe Conte, che il movimento ancora aveva per uscire dal mondo dell’irrealtà e capitalizzare il patrimonio di esperienza accumulato nell’azione di governo per cominciare a dare risposte serie a quelle domande diffuse di disagio sociale e di lotta alle diseguaglianze che sono alla base del risultato da primo partito alle ultime elezioni politiche del movimento Cinque Stelle.
Invece no, assistiamo allo spettacolo surreale di un Grillo apodittico che rompe con Conte al grido di “non ha visione politica, né manageriale. Il suo statuto è seicentesco, ora voto su Rousseau”.
Non condividiamo una sillaba di quello che ha detto e ritroviamo in tale frasario quello spirito manageriale fuori dalle regole dell’economia e della democrazia elettiva che apparteneva al linguaggio di Casaleggio padre di quella sera a Cernobbio da me evocata. Sobbalzai, allora, e a maggior ragione sobbalzo oggi.
Lo abbiamo già detto, ma riteniamo a maggior ragione doveroso ripeterlo: i parlamentari grillini, donne e uomini, devono dimostrare con le loro scelte che non sono quei “burattini” nelle mani di Grillo oggi e di Casaleggio padre ieri.
Devono esprimere il loro dissenso pubblico per un metodo di gestione del fondatore fuori da ogni schema logico contemporaneo e per i contenuti che sono il capriccio di un uomo che non vuole perdere il potere reale gestito dietro le insegne di un sogno irrealizzabile di democrazia diretta addirittura reso pubblico con il ritorno alla piattaforma Rousseau.
Si devono rendere conto donne e uomini del movimento che è vero che lo sfaldamento dei Cinque Stelle fa sì che l’unico punto vero di stabilità forte del Paese diventi il governo di unità nazionale. Che non è più solo senza alternative, ma è addirittura l’unico elemento possibile di stabilità. Prima ancora, però, si devono rendere conto che se vogliono continuare ad avere loro e il movimento un ruolo politico nel cambiamento del Paese e guadagnare sul campo la quota parte di dividendo politico della Nuova Ricostruzione non possono rimanere i burattini muti che prendono ordini da Grillo “ammaestrati” dalla rediviva piattaforma Rousseau.
Come nella favola di Pinocchio devono diventare uomini. Grillo non ha più nulla da dire, Conte e Di Maio avrebbero potuto traghettare il Movimento Cinque Stelle fuori dal mondo dell’irrealtà. Facciano sentire il loro peso e dimostrino sul campo di avere chiuso con la rivoluzione sbagliata e di avere la maturità politica per combattere la rivoluzione giusta di un Paese normale che vuole dare risposte concrete al disagio sociale e ridurre le diseguaglianze in modo strutturale.
Questa, non altre, è la loro partita del futuro. Coincide, peraltro, con l’interesse generale del Paese. Servono un po’ di coraggio e schiena dritta.
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