X
<
>

Il presidente del Consiglio Mario Draghi

Share
5 minuti per la lettura

C’è un virus nel Paese che fa ritenere che se cambiamo perdiamo sempre qualcosa. Migliorare ciò che prima non funzionava non basta, bisogna scrivere un capitolo nuovo. Questa è la grande rivoluzione morale che serve al Paese. Quella che i Ciampi, i Napolitano e i Mattarella con caratteri differenti hanno sempre perseguito. Servono un po’ di gente interna che conosce bene la macchina e un po’ di gente esterna che apporta nuove competenze. Serve un amalgama che valorizzi i migliori sul campo. Si devono reinventare le classi dirigenti che da noi sono purtroppo cambiate solo con le rivoluzioni

Il bello viene adesso. La fatica di cambiare è qualcosa che appartiene ai cromosomi nazionali. C’è un virus nel Paese che fa ritenere che se cambiamo perdiamo sempre qualcosa. Per cui anche chi ha niente si accontenta del niente che ha perché qualcuno lo ha convinto che se cambiano lui non avrà più neppure quel niente. Bisogna cambiare come è avvenuto con i vaccini e con la riapertura in sicurezza dell’Italia facendo, cioè, cose di buon senso e per step. Avendo la testa di comando ben salda sulla rotta e una squadra esecutiva all’altezza. Bisogna farlo avendo fiducia in Draghi e nel suo governo di unità nazionale che sono per noi la carta estrema.

Dobbiamo fare rinascere questo Paese per i nostri “tesori nascosti” e per le persone normali, i molti che hanno niente e meritano molto di più, ma deve cambiare la mentalità di tutti. Dobbiamo vincere la seconda campagna di vaccinazione e mettere il Paese al sicuro da questo virus che è il più odioso di tutti perché è entrato in modo sottile dentro di noi e cambia in modo diffuso il Dna della comunità. Perfino le maestre di Trento si rifiutano di tenere aperti gli asili nido a luglio perché non sono “un parcheggio”. Lo sceriffo che guida la Regione Campania è pronto metaforicamente a fare a “pistolettate” se i corsisti da loro selezionati non possono essere assunti senza prova meritocratica nei Comuni del suo territorio.

Cova sotto la cenere un fuoco di sbarramento del sindacato contro la necessità di intervenire bene e presto per rafforzare la pubblica amministrazione svuotata nel tempo delle sue competenze in modo da non sprecare l’occasione storica del Recovery Plan. Il provvedimento sulla governance, che seguirà quello fondamentale sul decreto unico delle semplificazioni, avrà una seconda parte altrettanto importante che va sotto il nome di reclutamento. Si pensa a un portale su cui gli esperti mettono i loro curriculum e l’amministrazione sceglie in base alle proprie esigenze offrendo contratti di cinque anni.

Il secondo punto del provvedimento è quello di raddoppiare dal 10 al 20% il numero dei dirigenti esterni per coprire in modo veloce i vuoti di competenze. Perché se prendi chi da dentro non ha mai fatto quel lavoro e ti metti a fare formazione non ce la fai, finisce che non riesci a fare i progetti e non prendi i soldi. Apriti cielo! Ancora non si è deciso nulla, ma è già scattata una guerra sotterranea del sindacato dei dirigenti pubblici che vogliono che nulla cambi. Per loro va bene così. Per loro va bene che siamo gli ultimi nell’utilizzo dei fondi comunitari e che, continuando in questo modo, perderemmo l’ultima occasione marciando spediti verso il default sovrano. Che di sicuro impedirà l’assunzione di nuove competenze esterne, ma molto probabilmente metterà a rischio anche il loro stipendio pubblico. Nulla si vuole che accada. Nulla deve cambiare.

La prova più evidente di questa mancanza di sintonia sui tempi di guerra che viviamo e il cambiamento che questi tempi impongono, si è avuta con la decisione della Corte dei Conti di bloccare il finanziamento sul vaccino italiano del futuro. Non vogliamo entrare nel merito della decisione, anzi vogliamo spingerci fino al punto di ritenere che l’ex ministro Patuanelli e i suoi uffici abbiano fatto pasticci normativi come si fa trapelare ufficiosamente dalla Corte e che, quindi, il provvedimento sia giusto.

Quello che, però, ai nostri occhi appare gigantescamente intollerabile è che si debbano attendere trenta giorni per conoscere ufficialmente le motivazioni del provvedimento che di sicuro ha già arrecato un danno al Paese indipendentemente di chi sia la colpa nel merito. Che cosa succederebbe se intervenisse qualcuno dicendo che oltre le motivazioni sono sospese di trenta giorni anche le retribuzioni di chi deve scriverle?

È ovviamente una provocazione, ma spero aiuti a capire l’enormità di danni che può produrre il persistere di mentalità operative che appartengono a un passato fuori dalla storia. Per questo abbiamo scritto ieri e ripetiamo oggi che è bene prendersi anche qualche giorno in più per il decreto semplificazioni, ma l’importante è che sia unico e che nessuno si permetta di reintrodurre dalla finestra ciò che si deve togliere dalla porta in materia di vincoli ambientali, culturali, contabili e di trasparenza. Il futuro dell’Italia si gioca qui in questo strettissimo quadrilatero. Perché migliorare ciò che prima non funzionava non basta, bisogna scrivere un capitolo nuovo.

Questa è la grande rivoluzione morale che serve al Paese. Quella che i Ciampi, i Napolitano e i Mattarella con caratteri differenti hanno sempre perseguito. Servono un po’ di gente interna che conosce bene la macchina e un po’ di gente esterna che apporta nuove competenze. Serve un amalgama nuovo tra dentro e fuori che valorizzi i migliori sul campo e che è del tutto incompatibile con le logiche corporative e sindacali che da decenni imperano nei ministeri come nelle Regioni. Si devono reinventare le classi dirigenti che da noi sono purtroppo cambiate solo con le rivoluzioni. Sono cambiate con il fascismo. Sono cambiate con il dopo fascismo e la Democrazia Cristiana. Sono cambiate con la seconda Repubblica. Hanno svolto un ruolo importante per una lunga stagione la chiesa e i partiti con le loro scuole di formazione.

Oggi bisogna trovare un luogo nuovo di confronto dopo decenni di sbandamento. C’è per chi molto sbrigativamente e impropriamente viene definito tecnico, l’occasione straordinariamente politica di cambiare i meccanismi comuni e regalare al Paese la Nuova Ricostruzione. Tra fine maggio e giugno si gioca la partita decisiva del governo Draghi. La posta in gioco è il futuro dell’Italia. Cerchiamo di non farci riconoscere.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE