Il premier Mario Draghi a Bergamo per la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia
4 minuti per la letturaFinalmente c’è un Presidente del Consiglio che non si fa dettare la linea e, tanto meno, l’agenda dal talk permanente italiano. Rimane fedele a se stesso sapendo che su questo può costruire un rapporto di fiducia duraturo con gli italiani. Il tiglio di Biccari, provincia di Foggia, piantato nel Bosco della memoria di Bergamo, riunisce le due Italie e ci ricorda un altro Servitore dello Stato che a Biccari ci è nato: Donato Menichella. Dietro questa storia personale c’è un pezzo importante della Ricostruzione del Dopoguerra e, forse, c’è anche il segno di un modello ispiratore per la Nuova Ricostruzione
FINALMENTE c’è un Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che non si fa dettare la linea e, tanto meno, l’agenda dal talk permanente italiano. Rimane fedele a se stesso sapendo che è su questo che vuole essere giudicato e che su questo può costruire un rapporto di fiducia duraturo con gli italiani. Tanto più in una fase dove si fa a gara a chi la “spara” prima e dove l’esercizio prevalente è disegnare scenari e fare ipotesi in continua contraddizione tra di loro e di volta in volta presentati come la verità ultima. Salvo sostituirla qualche ora dopo con un’altra verità esposta con la stessa convinzione e destinata anch’essa a durare poche ore.
La linea di Draghi è invece sempre la stessa: io vi dico le cose che faccio e che posso fare.
- 1) Noi dobbiamo battere la pandemia e la batteremo con i vaccini.
- 2) Dovete sapere che lo Stato c’è e ci sarà e, aggiungo io, oggi si capirà meglio con il decreto Ristori perché lo Stato esiste e come si fa sentire.
- 3) Non accadrà più che le persone fragili non vengano adeguatamente assistite e protette.
Sono cose che possiamo e dobbiamo fare. A partire da Bergamo, “da qui, da questo luogo che ricorda chi non c’è più”. Nel giorno della tristezza e della speranza. Nel giorno della memoria di quella sera terribile del 18 marzo esattamente di un anno fa. L’immagine indelebile della colonna di camion militari carichi di bare. L’immagine indelebile del dolore di Bergamo e dell’intera nazione. L’immagine della tragedia che resta e scava nelle coscienze.
Draghi non parla del Recovery Fund per ricostruire o potenziare questo o quell’altro ospedale. Fa il contrario di quello che la gente si aspetta da un politico che è specializzato nella vendita della pelle dell’orso prima di averlo preso. Non usa lo strumento retorico dei 191,5 miliardi di euro che sarebbe una specie di befana europea che porta regali per tutti. Sta zitto Draghi. Non promette che con questi soldi si fa questo e quest’altro proprio per evitare di alimentare aspettative e di scatenare un altro assalto alla diligenza. Sa che potrà fare cose importanti con quei soldi per il nostro Paese e opera perché ciò avvenga, ma evita di indulgere al riflesso condizionato della politica che consiste da sempre nel far credere a tutti che esiste una bacchetta magica che può risolvere i problemi di ciascuno. Tu hai questo problema? Ci penso io, tranquillo. O magari, la sostanza non cambia: ghe pensi mi.
Questo non è per fortuna il metodo di lavoro di Draghi. Ci sono invece i simboli non esibiti ma reali. Che sono i più forti perché sono quelli di cui la gente si appropria scoprendoli da sola. Il tiglio adulto di Biccari, provincia di Foggia, piantato nel Bosco della memoria di Bergamo, riunisce le due Italie dentro un “monumento che respira” per ridare la speranza dopo che tanti, troppi hanno perso la vita sentendosi mancare l’aria. C’è qualcosa di profondamente spirituale ma concreto che appartiene alla speranza di ricostruire senza dimenticare.
Biccari e il suo tiglio adulto ci ricordano la personalità schiva di un altro Servitore dello Stato, Donato Menichella, nato a Biccari, studi medi a Lucera e diplomatosi ragioniere a Foggia. A quest’uomo appartengono il progetto della prima Cassa per il Mezzogiorno che raddoppiò il prestito Marshall per l’Italia e l’oscar mondiale della lira come governatore della Banca d’Italia. Dietro questa storia personale c’è un pezzo importante della Ricostruzione del Dopoguerra e, forse, c’è anche il segno di un modello ispiratore per la Nuova Ricostruzione.
Un modello austero di un uomo severo che fece all’Iri e alla Banca d’Italia quello che doveva fare. Senza mai vantarsi. Quasi nascondendosi. Con la stessa umiltà con cui frequentò i corsi e si laureò al Regio Istituto di scienze sociali “Cesare Alfieri” di Firenze occupando lui e il fratello un solo letto nel Collegio perché il padre poteva pagare una retta non due.
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