Il premier Mario Draghi al centro vaccinale dell'aeroporto di Fiumicino
4 minuti per la letturaÈ partito il tiro italiano al piccione di quel mondo privilegiato dell’irrealtà che guarda il suo ombelico e non sente ciò che ruota intorno a esso. Il punto è che se come sistema Paese attui un processo di delegittimazione della carta estrema che hai, è come segare il ramo dell’albero su cui si è seduti. Anche perché Draghi ha idee chiare e compie scelte nette. Queste cose ben precise, però, vanno precisamente comunicate. Bisogna dire qualche parola in più e la deve dire il Presidente del Consiglio perché in situazioni simili il vuoto viene riempito e se non comunica lui comunica qualcun altro
Bisogna stare attenti a evitare il solito tiro italiano al piccione italiano di turno. In questo siamo insuperabili, non ci fermiamo davanti a nessuno e davanti a nulla. Non abbiamo vergogna. Il punto di oggi è che se come sistema Paese attui un processo di delegittimazione della carta estrema che hai, rischi l’implosione. Se lo fai a ogni ora del giorno pensando che puoi continuare a fare come nulla fosse le solite speculazioni politiche e il solito mercimonio di miserevoli interessi, vuol dire che non hai la benché minima consapevolezza del momento che il Paese stremato sta vivendo.
Altrimenti capiresti da solo che mettersi a fare i giochetti sopra e sotto il tavolo con la carta Draghi messa in campo dal Capo dello Stato Mattarella è come segare il ramo dell’albero su cui sei seduto. Perché stiamo parlando dell’uomo più autorevole che l’Italia può spendere nel mondo e un suo fallimento significherebbe agli occhi di chi ci osserva da vicino e da lontano che l’Italia è insalvabile. Se tutto ciò avviene, come avviene, dopo appena qualche settimana di governo Draghi, trascurando alla grande il fatto che una regola rigida di limitazione della comunicazione è benemerita perché serve a pulire l’aria dall’inquinamento velinaro dei mesi precedenti, vuol dire che si sopravvive in quel mondo privilegiato dell’irrealtà che guarda il suo ombelico e non sente né capisce alcunché di ciò che ruota intorno a esso.
A maggior ragione se avviene, come avviene, che Draghi ha le idee chiare e compie scelte molto nette. Il Comitato tecnico scientifico che passa da 26 a 12 membri e in questo numero così brutalmente ristretto statistici e matematici affiancano i virologi, significa una cosa ben precisa. Il generale Figliuolo alla testa della macchina per l’emergenza significa una cosa ben precisa. Il cambio della guardia alla guida della Protezione Civile significa una cosa ben precisa. Cinque miliardi per il piano vaccini contro i 400 milioni del Conte due e l’avvio della produzione nazionale significano una cosa ben precisa.
Queste cose ben precise e molte altre vanno, però, precisamente comunicate. Soprattutto perché tutto ciò avviene in un mondo dove un presidente “democratico” degli Stati Uniti, Biden, è più incendiario di Trump e dichiara che il Capo della Russia Putin è un assassino e in una piccola Italia di cui si ha la responsabilità entrata da tempo nel tubo catodico di una informazione televisiva sudamericana compiaciuta di essere tale. Che ha una tale autoreferenzialità da non consentire nemmeno il dubbio e, tanto meno, l’approfondimento.
In questo scenario terribile da nuovo ’29 mondiale con la febbre altissima in casa e fuori, ci si rende conto che forse bisogna dire qualche parola in più. Che questo qualcosa in più lo deve dire il Presidente del Consiglio perché il decreto di venerdì scorso ha l’intensità psicologica delle misure di marzo del 2020. Perché in situazioni simili il vuoto viene sempre riempito e se non comunica lui comunica qualcun altro: se tutto va bene, non è la stessa cosa; ma se tutto va male, è un problema gigantesco.
I grandi riformisti, lo abbiamo già detto ma ci piace ripeterlo, hanno vinto non con il gradimento delle persone ma con la mobilitazione collettiva della comunità di persone perché gestire le grandi crisi e fare i cambiamenti non sono mai processi indolori e, quindi, il leader politico ha bisogno di un muro sociale che lo protegga dagli incapaci, da chi non ha capito niente e da chi in malafede si mette di traverso. Addirittura indispensabile se si considera la tendenza autodistruttiva di questo Paese che tritura i propri leader nella macchina infernale della polemica quotidiana e riesce a ripetere il miracolo distruttivo in tutti gli ambiti professionali in cui si esprime un ceto dirigente. Ricordiamocelo.
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