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Il Presidente del Consiglio Draghi nel suo videomessaggio

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La democrazia è partecipazione. La partecipazione è responsabilità. Questa è la scintilla di cui il Paese ha bisogno per ripartire insieme. C’è l’appello all’opinione pubblica che avevamo chiesto di “chi non vuole promettere nulla che non sia veramente realizzabile”, ma ha la consapevolezza che soprattutto il governo deve fare la sua parte presto e bene. La nostra economia è ferma a quasi 4 punti sotto i livelli del 2007. Chissà se qualcuno riuscirà mai a dirlo in uno dei mille talk italiani perché questo aiuterebbe la formazione di una pubblica opinione consapevole

Avevamo chiesto al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, di fare un appello all’opinione pubblica perché quando si vive in un Paese che conta oltre centomila morti da Covid non basta il gradimento. Serve che quel consenso si trasformi in mobilitazione a fianco del Condottiero perché la nave da portare in salvo è una sola e bisogna che tutti remino dalla stessa parte. Le scialuppe del grillismo e del paragrillismo che solcano a ogni ora del giorno il mare mediatico italiano non hanno gli strumenti per cogliere fino in fondo la gravità del momento.

Fanno finta di non rendersi conto che Draghi è la carta estrema e che se questa carta perde la partita il mondo intero non sarà più disposto a dare credito al Paese. Il nuovo ’29 mondiale italiano ha già un bilancio di lutti familiari e di morti in economia da fare paura, la partita che si sta combattendo oggi è quella di evitare che lutti familiari e morti in economia si moltiplichino e producano la più grave emergenza sociale conosciuta da questo Paese nella sua storia repubblicana. Una sfida da fare tremare vene e polsi che è incompatibile con il talk permanente italiano dove tutto si riduce a bega politica di quarta serie e dove chi nulla capisce di nulla pontifica su tutto mai interrotto e mai contrastato nel merito perché i contenuti non hanno valore e, forse, non fanno nemmeno share.

Mario Draghi e il suo ministro dell’Economia, Daniele Franco, hanno battuto due colpi. Un messaggio istituzionale e un’audizione in Parlamento. Da parte di Draghi nel giorno della festa della donna c’è l’appello all’opinione pubblica che avevamo chiesto di “chi non vuole promettere nulla che non sia veramente realizzabile”, ma ha la consapevolezza che soprattutto il governo deve fare la sua parte presto e bene. C’è la consapevolezza profonda che gli altri danno fiducia a lui nel momento in cui ciascuno ha fiducia in sé e partecipa al contributo comune. La fiducia si costruisce con i fatti, bisogna rendere efficiente l’azione dell’esecutivo nella salute, bisogna dare risposte a chi perde il posto di lavoro, combattere le diseguaglianze. Azioni mirate e profonde riforme sono necessarie per coinvolgere pienamente le donne nella vita economica, sociale e istituzionale del Paese. Serve la mobilitazione delle energie femminili per costruire la nuova Italia.

C’è una traiettoria lineare per l’economia che è piena di insidie nella presentazione in Parlamento della “Proposta di piano nazionale di ripresa e di resilienza” del ministro dell’economia, Daniele Franco. Vi invito solo a riflettere su un dato che è messo alla testa di tutto: la nostra economia è ferma a quasi quattro punti sotto i livelli del 2007 e non è così per gli altri Paesi europei. Chissà se qualcuno riuscirà mai a dirlo in uno dei mille talk italiani perché questo aiuterebbe la formazione di una pubblica opinione consapevole.

Della relazione di Franco ci ha colpito la descrizione minuziosa delle tre grandi disparità italiane: il Mezzogiorno, i giovani, la parità di genere. Il tasso di occupazione nel Sud è di oltre 20 punti inferiore a quello del Centro Nord. Il tasso di disoccupazione di chi ha meno di 30 anni è quasi tre volte maggiore rispetto a quello dei lavoratori più anziani. Il tasso di occupazione femminile è di 18 punti inferiore a quello degli uomini. Non abbiamo bisogno di dire altro. Tutte e tre le disparità parlano molto del grande problema italiano che è il Mezzogiorno e, per questo, ai nostri occhi su questo terreno si misurerà la qualità degli interventi del nostro Recovery Plan e, non a caso, nelle direttrici strategiche oltre a digitalizzazione e transizione ecologica c’è solo l’inclusione sociale. Questi impegni sono scolpiti negli atti parlamentari e sono pietre sia nell’indirizzo dell’azione sia ancora di più nella capacità di attuazione di quegli interventi. Il ritardo delle amministrazioni meridionali è noto, lo si affronti a livello centrale. Si faccia esattamente quello che si sta facendo con le Regioni per i vaccini. Questa volta non sono ammessi alibi perché il problema è noto e va affrontato prima a livello centrale. Presto e bene, entro il 30 aprile.

Quello che ci preme sottolineare è che le sedi istituzionali prescelte sono le sedi pubbliche. Sono messaggi per tutti, ma non a reti unificate in mezzo al telegiornale. La politica parla e si propone in modo che venga capita da tutti, può essere letta, può essere risentita, ma non è invasiva, risponde al dovere che ciascuno se vuole venga a cercarti. C’è un dato di responsabilità perché se mi vieni a cercare vuol dire che vuoi capire e ti accorgi che si è scelta una forma rispettosa per portarti alla coscienza del problema e alla partecipazione volontaria attiva. Che vuol dire io faccio il massimo e anche tu devi farlo, anche tu devi metterci qualcosa. Per cambiare davvero le cose non c’è bisogno dell’orpello della sceneggiata televisiva, non è un demagogo che parla al popolo, la cosa fondamentale della democrazia istituzionale è la trasparenza, che proviene dalla sue sedi e dal linguaggio. Tu puoi sapere che cosa lui dice e lui può essere controllato dal rappresentante del popolo, lui si prende sempre le sue responsabilità, non sta scrivendo un post su Facebook. Il messaggio istituzionale di Draghi non è un messaggio che si impone, che ti obbliga a sentirlo, se tu vuoi sapere che lui lo fa puoi saperlo e puoi scegliere di sentirlo o di andare dopo a risentirlo. La democrazia è partecipazione. La partecipazione è responsabilità. Questa è la scintilla di cui il Paese ha bisogno per ripartire insieme. Questa è la base sociale della Nuova Ricostruzione.


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