Matteo Renzi e, sullo sfondo, Giuseppe Conte
4 minuti per la letturaQuesta volta a gridare “Fate presto” sono i soccorritori. Siamo la solita Italia. Al posto di fare partire gli investimenti pubblici facciamo partire il mercato delle vacche in Parlamento. Serve una squadra all’altezza per disincagliare il Titanic Italia dalle secche della nostra politichetta. Serve una società civile che dimostri di esistere. Tutto deve avvenire molto presto. Consigliamo di ripartire dalla tesi di dottorato del ministro dell’Economia Gualtieri sul Piano Marshall dove si riconosce il ruolo della Banca d’Italia di Menichella e della Cassa per il Mezzogiorno. Se si fosse ripartiti da lì non saremmo in queste condizioni
Al posto di combattere il virus combattiamo tra di noi. Al posto di fare partire gli investimenti pubblici facciamo partire il mercato delle vacche in Parlamento. Ritorna nel mondo la solita Italia. Questa volta a gridare Fate presto sono i soccorritori. Perché è l’Europa che ha paura di essere travolta dal Titanic Italia. A fine anno la Banca centrale europea avrà in pancia il 30% del nostro debito e la Commissione europea ci ha posto in testa ai beneficiari del Fondo Next Generation Eu finanziato per la prima volta con debito comune europeo.
Pensate che la Bce e la Commissione si aspettino qualcosa di molto differente dal fatto che l’Italia sia la prima a fare i progetti, la prima a presentare un disegno organico di riforme esecutive e di missione italiana di sviluppo? Che colga questa irripetibile occasione per destinare l’intero fondo pubblico in investimenti sociali e infrastrutturali che consentano di risolvere lo storico problema di riequilibrio territoriale? Se ritenete che pensino qualcosa di differente da ciò vi sbagliate di molto perché vorrebbe dire che hanno sbagliato tutto loro.
Purtroppo, con la ciliegina finale di una crisi politica al buio hanno la prova provata che stiamo facendo l’esatto contrario di ciò che a noi conviene e di ciò che loro ci chiedono. Il governo Conte non ha fatto una unità centralizzata all’interno del Consiglio dei ministri per fissare le linee sulle quali procedere, mettere a terra i dati e i paletti e dire, insomma, dove andare per fare che cosa. Non era nemmeno così difficile. Visto che il mandato è vincolato abbastanza al green, al digitale e, nel caso dell’Italia, trasversalmente alla coesione interna e al recupero del Mezzogiorno.
Invece no. Ha fatto l’esatto contrario. In linea con una folle propaganda che parla solo di centinaia di miliardi in arrivo dall’Europa e mai dei debiti che galoppano disperdendosi in monopattini e water ecologici, si sono aperte le porte di un forziere che non esiste e si è detto a tutti di mandare progetti. Ne sono arrivati 600 senza né capo né coda. Si è dovuta fare una scrematura a un certo numero di progetti. Alcune delle caselle erano vuote. Altre erano piene di troppa roba e, in alcuni casi come per l’energia, non si sono nemmeno create occasioni di incontri tra le strutture coinvolte perché discutessero insieme dei singoli progetti e provassero a fare una mediazione tra tutta questa gente più o meno titolata a occuparsi della materia.
Bisogna fare debito buono, certo, che vuol dire sostenere investimenti produttivi ma anche preservare la fiducia delle imprese sane che hanno visto chiudere le attività per colpe non loro e farsi carico di ridurre il disagio dei poveri vecchi e nuovi.
Fare ciò – di cui non siamo stati capaci – non significa fare debito che pagheranno i nostri figli per riempire le città vuote di monopattini o per soddisfare le pretese da Politburo dei Capi dei carrozzoni regionali della Destra e della Sinistra per consentire alle Regioni di lucrare sulla pandemia foraggiando il trasporto pubblico e, di fatto, bloccando attraverso il contagio la riapertura delle scuole. Purtroppo, anche questo è avvenuto.
Non sappiamo più cosa dire. Abbiamo ri-scoperto che Renzi non sa vincere per cui la sua autostima ha bisogno di vedersela riconosciuta a ogni ora del giorno e della notte. Abbiamo dovuto constatare che un Conte che ha fatto molto bene in Europa non è riuscito a andare in casa oltre la mediazione. Siamo diventati il Titanic Italia pur avendo un ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che ha fatto una tesi di dottorato sul piano Marshall dove si riconosce il ruolo della Banca d’Italia di Menichella e della Cassa per il Mezzogiorno. Se si fosse ripartiti da lì non saremmo nelle condizioni in cui siamo.
Questa è la vera crisi italiana. La pervicace (ottusa) volontà di non riprendere il cammino interrotto di una macchina del fare che riunifichi la rete dei porti italiani, che faccia i treni veloci dove non ci sono, e che porti la banda larga ultra veloce nel Sud e nelle aree interne del Nord. Che torni a investire sulla scuola e sul capitale umano. Questo Paese non può più permettersi un governo di basso profilo. Serve una squadra all’altezza per disincagliare il Titanic Italia dalle secche della nostra politichetta. Serve una società civile che dimostri di esistere. Tutto deve avvenire molto presto.
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Ripeto, si sono sommate due incompetenze, quella di Conte e quella di Gualtieri.
Dove si sarebbe andati a finire, lo si era già intravisto con la NADEF predisposta da Gualtieri, che – per aderire ai desiderata dell’UE di destinare una parte delle risorse alla diminuzione del debito pubblico – aveva poco di espansivo (https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/gli-editoriali/2020/10/22/leditoriale-di-roberto-napoletano-laltravoce-dellitalia-loro-vincitori-noi-vinti/ ).
Renzi lo ha costretto a ricalibrare l’ammontare e la destinazione delle risorse; nel contempo, però, ha affossato l’unica scelta giusta di Conte-Gualtieri, che probabilmente l’avevano fatto per gestire “in proprio” le ingenti risorse: la creazione di una tecnostruttura dedicata di alto livello di competenza e svincolata dalla PA. Che assieme all’altra decisione altrettanto se non più importante di destinare al Mezzogiorno la quota maggioritaria delle risorse del PNRR costituisce il binomio vincente in questo compito immane che farebbe fare al nostro Paese un salto epocale.
Sarebbe necessario sfruttare la crisi del governo Conte2 per immettere nella squadra di governo nei posti giusti almeno due o tre membri all’altezza di questo compito (https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/gli-editoriali/2020/10/22/leditoriale-di-roberto-napoletano-laltravoce-dellitalia-loro-vincitori-noi-vinti/ ), in primo luogo Conte o Gualtieri o entrambi, anche se credo sia difficile.
Il criterio di selezione prioritario è che le nuove immissioni siano consapevoli o capaci di individuare e attuare al più presto le due variabili critiche del PNRR, oltre all’adozione delle norme di funzionamento più efficaci/efficienti, idonee anche a superare i dubbi e le riserve di Ercole Incalza sull’indisponibilità di cronoprogrammi credibili. Non sono in grado di stabilire se ha ragione, ma (i) se si crea una tecnostruttura adeguata, le si mette a capo una persona competente, si è consapevoli dell’obiettivo strategico del PNRR (sviluppo del Mezzogiorno come fattore di crescita nazionale e di riduzione degli attuali, abnormi divari), (ii) si ripartiscono le risorse come indicato sopra, che è in linea con ciò che esige l’UE, e (iii) si cambiano le norme di funzionamento in direzione dell’efficacia e dell’efficienza, non credo che l’approntamento dei cronoprogrammi credibili dei progetti sia un problema. Anche perché il PNRR si svilupperà sull’arco di sei anni, con un andamento crescente.
Non è facile, ci sono troppi se, ma quel che è certo non c’è più tempo da perdere per costruire e varare la barca, darle un comandante all’altezza e con lo spirito giusto e selezionare l’equipaggio competente, coinvolgendo le migliori tecnostrutture nazionali.
E, per completare il quadro, evitando che gli arroganti Mandarini ministeriali – come paventa Romano Prodi, che ha una certa esperienza in materia – possano mettersi di traverso. E Prodi consiglia perciò di coinvolgerli. Come se non fossero loro il vero e principale problema dell’inefficienza della PA. Ad essi si sono aggiunti quelli regionali.
PS: Ascoltando i dibattiti sul PNRR, mi è spiaciuto anche constatare che neppure il meridionalista Prodi è consapevole che il fattore critico per il successo del PNRR è la RIPARTIZIONE delle risorse, con l’assegnazione al Sud della quota maggioritaria di esse.