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Matteo Renzi ed Elena Bonetti nella conferenza stampa in cui sono state annunciate le dimissioni dal Governo della stessa Bonetti e di Teresa Bellanova

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Oggi siamo alla perdita di Pil più grave dal ’44 quando l’Italia era sotto i bombardamenti. Siamo alla più tafazziana delle crisi di governo. Non possiamo che sperare nella saggezza di Mattarella

SIAMO senza parole. Siamo al nuovo ’29 mondiale e le marionette italiane stanno dando il meglio di sé. Siamo al Titanic Italia. Lavorano tutti per il problema della giornata, nessuno per il problema della settimana.

Dovrebbero invece occuparsi del problema almeno dei prossimi dieci anni. Si riempiono tutti la bocca di soldi europei che rischiano di non arrivare mai. Giocano al pallottoliere con l’Europa a botte di centinaia di miliardi, ma fanno ogni giorno debiti che non aiutano chi devono aiutare e tolgono il futuro ai nostri giovani.

Conte non è uno stratega, è una persona perbene, e ha fatto più di quello che gli viene riconosciuto, ma è rimasto un tattico che cerca di mettere tutti d’accordo ogni giorno sul problema del giorno.

Renzi è divorato da un esercizio quotidiano di autostima che non lo ha mai aiutato e, tanto meno, lo aiuta oggi perché gli fa porre problemi veri nella sede sbagliata.

Siamo alla più tafazziana delle crisi di governo. Abbiamo la Presidenza del G 20 che deve fare la nuova Bretton Woods. Abbiamo la Copresidenza di COP 26 per il cambiamento climatico. Siamo nel pieno di un’emergenza sociale che non abbiamo mai conosciuto. Impiegati e proprietari di bar fanno la fila alla mensa dei poveri e cinque milioni di posti di lavoro sono in pericolo.

Abbiamo una generazione di studenti che rischia di finire sul lettino dello psichiatra e un numero rilevante di imprenditori che possono non sopravvivere alla morte delle loro imprese. La bomba sociale a orologeria del Mezzogiorno sta per esplodere.

Facciamo i conti con la realtà di un Paese che non ha ancora risolto la contraddizione di fondo di non essere un’unità ma un insieme di tante unità. Dove alcune unità pesano più delle altre e sono odiosamente quelle più ricche. Per fortuna sui mercati l’anestetico delle banche centrali riduce la speculazione e calma tutti, ma nel caso dell’Italia è come un coperchio sulla pentola a pressione di un’economia che è pronta a esplodere perché ha perso in un solo anno dieci punti di prodotto interno lordo (Pil) e, cioè, più di quanto ha perso in quattro anni dal 2008 al 2012 attraversando due grandi crisi internazionali come quelle finanziaria e dei debiti sovrani.

Per capirci, i danni cumulati delle due grandi crisi sono stati pari a quelli di una terza guerra mondiale persa. Oggi siamo alla perdita più grave di prodotto interno lordo dal ’44 quando l’Italia era invasa dai tedeschi e sotto i bombardamenti. Questa volta i danni rischiano di essere pari a quelli di una terza e di una quarta guerra mondiale insieme. Al netto dell’anestetico monetario, ci collochiamo per la nostra irresponsabilità a mezza strada tra Grecia e Argentina.

Non si fa mai una crisi al buio, ma è un delitto farla oggi con una pandemia devastante e una macchina arrugginita da mettere a posto per fare ripartire gli investimenti pubblici e fare in modo che i ristori vadano dove devono andare e non siano solo nuovo debito.

Vogliamo essere come sempre politicamente scorretti. I due principali problemi che bloccano la crescita di questo Paese sono ignorati dalla prima e dalla seconda bozza del Recovery Plan del governo Conte. Anzi la seconda potrebbe addirittura essere peggio della prima. Perché sui due temi strategici del rilancio degli investimenti pubblici e, a seguire, privati nel Mezzogiorno e sulla distorsione della spesa pubblica nel rapporto malato tra Stato e Regioni, la prima bozza non si permetteva di dire niente, la seconda invece fa scelte all’opposto di quello che serve e pasticcia con i fondi europei fino al punto di metterci nella condizione di farci restituire le carte indietro.

Ma come si fa a decidere otto zone economiche speciali, dire a destra e manca che si farà la grande piattaforma logistica sul Mediterraneo da Napoli a Bari, Taranto, Gioia Tauro fino a Augusta e Pozzallo, e poi si scrive che Trieste e Genova sono gli snodi strategici della portualità per l’Italia e per l’Europa nei traffici da e per vicino e medio-estremo Oriente mentre gli interventi per i porti del Sud sono a fini turistici? Siamo pazzi o che? Vogliamo fare di Gioia Tauro un porto turistico? Abbiamo perso lucidità fino al punto di sostenere che il Mezzogiorno è abolito e che l’Italia tutta è solo un lungo transito di navi cinesi? Dove sono finiti gli investimenti pubblici per fare la connessione interna al Mezzogiorno continentale e il ponte sullo Stretto per connettersi con la Sicilia?

Non volete fare nulla, ma almeno non dite che volete fare i porti turistici.

Patrizio Bianchi, da par suo, ricorda che cosa fu il piano Marshall italiano. Una classe di governo che scelse quattro cose: 1) collocazione atlantica e ruolo nel Mediterraneo; 2) il Mezzogiorno come questione nazionale; 3) ruolo dello Stato nell’economia; 4) la Programmazione di azioni che consentano di realizzare negli anni le missioni esposte prima. Questo significa avere in testa una visione d’insieme e la missione di un Paese.

Possiamo permetterci di attraversare una crisi pandemica con paesi come l’Inghilterra cancellati e paesi come Francia e Germania in ginocchio senza una rotta chiara che induce fiducia a tutti e una macchina che traduce in atti concludenti quelle scelte strategiche? Ma possiamo andare avanti con i governatori abusivi delle Regioni, a partire dal Sud, che chiedono solo i soldi senza mai dire per fare che cosa? Ma davvero pensiamo di potere affrontare la più grande crisi epidemica globale e il nuovo ’29 mondiale con i venti staterelli delle venti sanità che possono evitare il default solo se paga Stato Pantalone?

Lilli Gruber

Ma fino a quando potremmo assistere allo spettacolo serale di una Lilli Gruber, sempre più di parte in tutto (peccato!), che interpella la dottoressa Viola dell’università di Padova sulla crisi di governo e su Renzi? E di fare la stessa cosa con il dottor Galli che si schermisce ma è costretto a dare lezioni di politica a tutti? Di questo passo i Bassetti, i Burioni, i Galli, ovviamente le Viola li vedremo ospiti della D’Urso ovviamente non per parlare del Covid, ma per dire la loro sull’ultimo fidanzato di Belen Rodriguez.

Suggerisco al mio amico Enrico Vanzina di dedicare il nuovo cinepattone “lockdown all’italiana” ai virologi e ai protagonisti degli spettacoli serali dei talk, a partire dalla Gruber. Non male anche la scena della Berlinguer che tiene attaccato allo studio un Galli che non ne può più dopo l’ennesimo comizio di Renzi. O magari potrebbe Signorini convocarli tutti nelle stanze del Grande Fratello così almeno per un po’ eviteranno di parlare di politica. Per i vaccini e tutto il resto punteremmo su chi preferisce gli ospedali alle comparsate televisive a ogni ora del giorno e della notte.

Ballare sul Titanic è una caratteristica italiana. Ci è andata bene all’ultimo istante utile nel novembre del 2011 quando senza ombrelli monetari lo spread alle stelle sospingeva la nave italiana verso i lidi argentini. Consigliamo di non ripetere l’esperimento e non possiamo che sperare nella saggezza di Mattarella perché quando si è a un passo dal baratro tocca a lui fare ragionare tutti e trovare la soluzione. Di lui ci fidiamo.


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