Il premier Giuseppe Conte
5 minuti per la letturaVorremmo che fosse chiaro a tutti che la Grecia ha una macchina nell’utilizzo degli incentivi europei migliore della nostra. Le Regioni del Sud pretendano il rispetto delle regole europee sul fondo perduto e Conte dica chiaro e tondo che la missione è la riunificazione delle due Italie e la condivida con la sua maggioranza di governo. Tutti, però, accettino una struttura esecutiva centrale che sia un punto di incontro tra Cdp e Bei e che operi sotto la Politica e in osmosi con la amministrazione
Siamo sull’orlo del precipizio. Non abbiamo capito che cosa troveremo dopo. Molte imprese si avviano a morire senza neppure il passaggio del concordato preventivo. Chiudono con il consenso dei proprietari e dei gestori. Venti milioni di persone rischiano di declinare senza accorgersene dalla soglia della povertà a quella della sotto povertà.
Non riusciamo a aprire un cantiere uno ma ne elenchiamo a parole fino a stufare mentre centoventimila imprese di costruzione hanno chiuso per non riaprire mai più. Parliamo solo dei soldi dell’Europa, mai dei debiti, tutti i protagonisti del dibattito politico italiano si sentono un po’ novelli Paperoni con gli euro al posto dei dollari negli occhi. Siamo all’irresponsabilità più assoluta.
Perché mentre noi contiamo ottocento morti al giorno, rischiamo una crisi di governo senza avere neppure capito che cosa sia l’oggetto misterioso della Task force di Palazzo Chigi e senza nemmeno un barlume di dibattito politico pubblico per capire che cosa ci sia scritto nel Recovery Plan. Quale sia la missione politica e quali siano i soggetti attuatori.
Allora vogliamo essere molto chiari. Noi abbiamo chiesto da sempre ai Presidenti delle Regioni del Sud di uscire dai loro giochetti territoriali per dare al Mezzogiorno una sola voce e condividiamo l’iniziativa di fare chiarezza sul fondo perduto. È inammissibile che l’Europa assegni all’Italia 65,4 miliardi perché il suo Mezzogiorno ha tassi di disoccupazione e di inversione del Pil che richiedono una terapia d’urto e si decida viceversa di impacchettare tutte le incompiute (alcune decisamente clientelari) delle Regioni del Nord e di finanziarne l’esecuzione con i soldi che l’Europa dà all’Italia per attuare finalmente la coesione territoriale nel verde come nel digitale e ridurre una volta per tutte il suo intollerabile squilibrio interno.
Vogliamo allora essere ancora più chiari. Pieno plauso a questa iniziativa che dovrebbe essere estesa ai diritti di cittadinanza negati uscendo dalle storture di una spesa sociale che fa figli e figliastri. Attenzione tutti, però, che il problema italiano principale è la sua capacità esecutiva.
Vorremmo che fosse chiaro a tutti che la Grecia ha una macchina nell’utilizzo degli incentivi europei migliore della nostra e evitiamo per carità di patria il confronto con Spagna e Portogallo. Sui 54 miliardi del programma europeo 2014/2020 ne abbiamo impegnati solo 24, spesi forse 6/7, ma sui restanti trenta miliardi il Tesoro apposta in cassa negli anni 2021,2022, 2023 rispettivamente 2, 3, 1. Non credono che si riuscirà a spendere più di sei miliardi su trenta e questo ci condanna senza appello.
Schiere di perditempo della convegnistica della inconcludenza rispolverano l’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno di Pescatore senza neppure sapere di che cosa parlano. Farebbero bene ad andarsi a rileggere alcuni passaggi di “Governare gli italiani: Storia dello Stato (Collezione di testi e di studi) a cura di Sabino Cassese” dedicati al dibattito parlamentare sulla legge istitutiva della Cassa. Ne riproduciamo di seguito uno: “(…) De Gasperi, presentando il disegno di legge, parlò espressamente della necessità di «sottrarre all’amministrazione statale le nuove funzioni», della necessità di «elasticità» per compiere operazioni finanziarie in Italia e all’estero, di «alleggerimento di controlli burocratici».
Il relatore di maggioranza Jervolino affermò che bisognava evitare la «snervante lentezza dei procedimenti amministrativi» e che occorreva creare «un ente che unifichi le competenze delle varie amministrazioni dello Stato» e che «le condizioni dell’apparato burocratico sono tali che non permettono una procedura tempestiva ed urgente dell’azione pubblica».”
Avviso ai naviganti. A noi oggi serve questo. Serve un Genio civile moderno con dentro i migliori amministrativisti ma anche i migliori semplificatori, informatici e uomini di finanza. Un punto di incontro tra Bei e Cdp che operi come braccio esecutivo della amministrazione dello Stato in osmosi con questa amministrazione e i suoi uomini migliori. Sotto la politica, non sopra la politica. Pescatore operava con il suo team dove c’erano già allora tutte le competenze giuridiche, tecniche, finanziarie e così via, ma adempievano in piena libertà nella scelta dei progetti e degli esecutori agli indirizzi e alle direttive che la Politica dava alla Cassa nel Comitato dei ministri che erano frutto di un grande dibattito tra le forze di governo e di una scelta finale sempre condivisa.
Questo serve oggi all’Italia non altro. Il presidente Conte deve dire con chiarezza che la missione nazionale del Recovery Plan è la riunificazione infrastrutturale immateriale e materiale delle due Italie, a partire da scuola e digitale, e deve avere la forza di coinvolgere le Regioni nella scelta strategica nazionale e di buttare nel cestino gli scatoloni di marchette che di sicuro le stesse Regioni vorranno rifilare a Roma da Nord a Sud perché quelle marchette non portano sviluppo ma aiutano la corsa dell’Italia verso il precipizio. Poi deve dotarsi di una macchina esecutiva che operi dentro l’amministrazione dello Stato, non contro, che gestisca e realizzi i progetti nei tempi prestabiliti e che importi strutturalmente il metodo delle buone pratiche dentro una amministrazione dello Stato interamente digitalizzata.
Le Regioni devono capire che la clausola di supremazia esiste e va rispettata. Che l’Italia deve uscire dalla frammentazione decisionale e deve recuperare una capacità esecutiva che è strutturalmente incompatibile con un assetto federale incompiuto o della irresponsabilità qual è quello italiano di oggi. All’Europa interessano il vincolo territoriale (recupero del Mezzogiorno) e l’elaborazione di progetti con avanzamenti sistematici dell’opera, incardinati in un disegno organico di sviluppo. Tutto il resto è colore italiano. Dove gli eredi politici di quello stesso PCI che impose a Andreotti nei giorni del governo di Solidarietà Nazionale la rimozione di Pescatore, sono quelli che imbandiscono oggi tributi pubblici a un uomo di cui vollero la testa e che rimossero senza neppure la delicatezza di una telefonata.
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Reitero il mio commento di 2 giorni fa con qualche variante.
E’ vero, il PNRR è un’occasione straordinaria, e perciò è necessario un soggetto attuatore di alto livello di competenza. Che viste le resistenze e le idee confuse del PdC, dei ministri, [dei Renzi] e dei media, appare oggettivamente un’impresa titanica.
Basti dire che la burocrazia nazionale, in grandissima parte delle Regioni considerato l’attuale assetto “triangolare” della gestione dei fondi europei ordinari, riesce a spendere in media 2 mld all’anno. Questo significa che dovrebbe moltiplicare miracolosamente per oltre 15 volte la sua capacità di spesa, visto che il PNRR dovrebbe spendere 209 mld in 6 anni, cioè mediamente 35 mld all’anno.
A leggere ed ascoltare in giro, non mi pare ci sia la consapevolezza dell’elemento più importante della Bozza del PNRR e cioè che al Sud è stato ipotizzato di assegnare una quota del 34%, quando la stessa Bozza attesta che il Sud ha un moltiplicatore di quasi 5, mentre il Nord è sotto 1.
Ecco, al Mezzogiorno deve essere assegnata una quota del 60%, come prescrive Bruxelles, dopodiché è molto più agevole definire i singoli (grandi) progetti; e (ii) bisogna sostenere la creazione di una struttura straordinaria di alto livello di competenza, sulla falsariga della Cassa del Mezzogiorno di Pescatore adeguata alla bisogna, per la gestione del PNRR.
Nella struttura straordinaria di gestione e controllo, come peraltro è previsto genericamente nella Bozza del PNRR, io aggiungerei la nostra migliore tecnostruttura: la Banca d’Italia.