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Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

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SIAMO tornati a Rumor. Siamo tornati, fate voi, al pontiere Mannino o al vicepresidente del Consiglio Follini. Tutti giganti rispetto al panorama politico di oggi, ma alle prese con la stessa malattia. La crisi della Democrazia Cristiana e dei suoi eredi e quella degli altri partiti, che diventano prima crisi mascherate di governo e poi crisi del Paese. Siamo al “rimpasto bilanciato” come ai tempi della prima e della seconda Repubblica in versione chiacchierologica.

Siamo alla stessa crisi di identità dei nuovi partiti con profili smaccati di inadeguatezza sul piano personale degli uomini che li rappresentano al governo e della squadra degli uomini di partito. Siamo un Paese di corporazioni che ha perso il contatto con la realtà.

Siamo alle chiacchiere del “rimpasto” voluto sottobanco dal Pd di Zingaretti non al rilancio dei consumi e alla riapertura dei cantieri.

Siamo al “rimpasto” dei pesi e contrappesi virtuali non ai treni veloci e alle scuole in sicurezza nel Mezzogiorno.

Siamo alla politica degli interessi dei microcosmi che è inconciliabile con l’interesse nazionale di una rete di fibra veloce e a poco costo che riunifichi le due Italie con la infrastruttura digitale del futuro.

La crisi della Dc la ha già pagata il Paese tempo fa. Oggi l’Italia non può pagare le crisi di potere del Pd e la frantumazione del movimento 5Stelle che si trasformano in nuove crisi del Paese. Oggi noi siamo il grande malato d’Europa e tutti ci vogliono aiutare, non c’è nessuno che ce la vuole fare un po’ pagare come fu per i greci da parte di francesi e tedeschi tranne incredibilmente noi stessi che siamo nei fatti i nostri principali nemici. Diciamo le cose come stanno.

Mai siamo stati messi così male in economia, nonostante abbiamo alle spalle due pesantissime crisi internazionali, e per questo siamo obbligati a correre, dovremmo pensare solo a fare una grande rottamazione per ogni tipo di auto e di elettrodomestico, a seppellire per sempre l’abuso d’ufficio, a nominare i commissari e aprire subito i cantieri delle grandi opere già cantierabili al Sud e al Nord. Invece no. Siamo sempre noi e continuiamo a fare pagare al Paese di domani le crisi dei partiti di oggi che sono peggio delle crisi dei partiti di ieri e le crisi di rappresentanza del sindacato che continua a difendere il privilegio dell’impiego pubblico e la classe operaia ignorando che chi sta pagando il prezzo più alto è la classe media destinata a uscire dalla Grande Depressione mondiale più indebitata e senza reddito.

Siccome non ci facciamo mancare nulla, abbiamo anche le peggiori opposizioni sovraniste europee. Prigioniere anche loro del proprio microcosmo di interessi per cui Salvini recita il copione delle elezioni perché è lì che dà il meglio di sé e la Meloni non molla pronta a sfilargli le ruote del carro comune stritolato da un anti-europeismo fuori dalla storia e dalla realtà. Forza Italia si muove più responsabilmente in un ambito europeista ma ha al centro lo stallone del suo microcosmo di interesse che a volte è macro e coincide con quello della ditta di Berlusconi. Manca alla classe politica italiana la mappa per andare da un punto all’altro e per fare che cosa. Se proprio ci si vuole occupare di poltrone (cosa aberrante in questo momento) allora si faccia un’analisi anche delle capacità dei ministri del Pd e se l’obiettivo è mettere dei tecnocrati si fa prima a cambiare i capi di gabinetto e la nomenklatura esecutiva.

Diciamo le cose come stanno. Quella che manca è un’idea politica del fare condivisa. Un percorso comune su quali sono le classi sociali da tutelare oggi. I dipendenti pubblici di cui non è stato licenziato nessuno o i commercianti che hanno perso tutto e non hanno avuto nulla? È più importante fare ripartire i consumi e aprire a ogni costo i cantieri o regolare i conti dei microcosmi di potere nel Pd post Covid e nell’arcipelago dei Cinque Stelle? Siamo seri, per piacere!

Certo, per fare tutto ciò, bisogna avere i piedi piantati nella terra, bisogna almeno sapere che cosa è la società italiana oggi e avere un progetto di breve e medio termine perché se lo ho poi metto gli uomini per attuare questo progetto, ma se l’unico progetto è l’occupazione del potere allora Conte deve avere il coraggio di dire no e di ribaltare il tavolo perché non può essere il coautore di una storia senza anima.

Oggi deve fare le cose a ogni costo. Non c’è più spazio per tatticismi e giochetti, il governo non può essere la nuova stanza di compensazione di un potere partitocratico che traballa o la solita cassa per l’ultimo problema che ha chi sta meglio. Non sono più possibili mediazioni. Sul Financial Times Richard Henderson e Colby Smith ci raccontano che Biden ha un vantaggio su Trump che è superiore a quello che solitamente i sondaggi attribuiscono ai progressisti, ma soprattutto ci raccontano quello che succederà in economia se davvero vincesse. Perché in America sai in anticipo quello che faranno in economia Biden e Trump, solo in Italia anche i Cinque Stelle “cambiano tutto” e non cambia mai nulla. Perché siamo sempre palude mai decisione.

Magari paghiamo anche il conto dell’euforia, Conte se vuole salvare se stesso e il Paese deve uscire dalla palude e deve fare capire a tutti che fa sul serio e che non farà mai marcia indietro. Non deve avere paura e tirare dritto. Sono tutti guappi di cartone e al vedo non ci arrivano.


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