Nicola Zingaretti
4 minuti per la letturaNon è quella politica tra Cinque Stelle e Pd, ma il tentativo di ripetere lo scippo della spesa storica a danno del Sud nella sanità. Il Governo dica sì ma chieda che vengano ispettori europei e si rivolga se necessario alla Consulta. Non è possibile che i fondi comunitari per fare gli ospedali al Sud vadano a coprire i disavanzi del Nord determinati dal venir meno del turismo sanitario
Un Mes che replichi al quadrato lo scippo della spesa storica fa paura. Non serve al Paese anzi lo frantuma per sempre. Non siamo affatto provocatori, ma prima di prendere iniziative pubbliche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, deve prendere l’impegno che il governo di cui è azionista di peso chieda l’intervento degli ispettori europei per vigilare su come e dove verranno collocate le risorse.
Non se ne può più di questa doppia, tripla morale per cui, da un lato, si prende atto che con la distorsione della spesa storica si sono violati i diritti di cittadinanza sanitaria (pro capite al Nord vanno 76,7 euro, al Sud 24,7) e, dall’altro, si vogliono riproporre gli stessi criteri tanto iniqui quanto miopi per la riallocazione regionale degli investimenti in sanità che l’Europa ci finanzierebbe a tassi favorevolissimi non per coprire i buchi determinati dal venire meno del turismo sanitario nelle regioni del Nord ma per riequilibrare strutturalmente l’offerta ospedaliera pubblica. Per la Sinistra padronale è arrivato il momento della verità.
Vuole continuare ad avallare i criteri di rapina che da un decennio tolgono sessanta e passa miliardi all’anno ai cittadini del Sud in sanità, scuola, infrastrutture e li regalano indebitamente ai cittadini del Nord per alimentare spesa assistenziale? È giusto o no che per gli investimenti pubblici in sanità un cittadino di Reggio Calabria riceva 15,9 euro, un cittadino lombardo 40,8 e un cittadino valdostano 89,9? Vuole il Pd di Zingaretti adottare il vincolo esterno virtuoso europeo che, a differenza delle miopi classi dirigenti regionali del nostro Nord, ritiene opportuno destinare l’aiuto al recupero del Mezzogiorno di Italia? O vuole viceversa continuare con questo meccanismo casereccio – tipo Basilea 1, 2, 3 e così via – per cui si strozza chi sta peggio e poi si constata ipocritamente che non ce la fa?
Siamo consapevoli che l’alleato di governo Cinque Stelle scopre il fianco delle sue laceranti divisioni interne proprio su tale tasto, ma questi tempi drammatici non permettono infantilismi politici o giochetti retorici che provano a prolungare la vita di una maggioranza che traballa. Non è più tempo francamente di tatticismi per non misurarsi con l’onerosità di prendere decisioni. Governare vuol dire decidere altrimenti meglio dimettersi. In questo caso, però, deve essere chiarissimo al Pd che le operazioni verità condotte da questo giornale e certificate in Parlamento dalle principali istituzioni economiche, statistiche e contabili della Repubblica italiana non consentono più a nessuno di giocare con i diritti costituzionali dei cittadini meridionali e impedire così all’Italia intera di uscire dalla spirale degli egoismi che hanno condannato il Nord e il Sud del Paese a un declino strutturale che non ha paragoni in Europa.
Non si può continuare a riempire la pancia delle amministrazioni pubbliche del Nord di spesa assistenziale – alimenta la rendita privata e una preoccupante crescita di mafie imprenditrici endogene – che non è altro che la cassa sottratta alle infrastrutture di sviluppo e ai servizi scolastici, sanitari, digitali dovuti alle popolazioni meridionali.
Questo è il tempo vero della ricostruzione economica del Paese che passa attraverso l’apertura immediata dei cantieri dell’alta velocità ferroviaria nel Sud anche facendo ricorso ai poteri commissariali e attraverso una semplificazione normativa effettiva che consenta a una squadra totalmente nuova – tipo ponte di Genova – di gestire la macchina pubblica centrale e quelle regionali fuori dalle nomenklature romane e territoriali che hanno dominato in questi terribili vent’anni. Sappiamo che il presidente Conte condivide la scelta del riequilibrio strutturale, ma è stretto tra il massimalismo a tratti infantile dei Cinque Stelle e il conservatorismo padronale del Pd. Anche lui, però, deve sapere che questa volta non si scherza più. Dopo il Coronavirus nulla è più come prima.
Questo giornale ha sottolineato più volte la latitanza delle classi dirigenti di governo meridionali in quella conferenza Stato-Regioni che salda l’alleanza di interessi della Sinistra ricca che governa il “granducato” tosco-emiliano e la destra che governa il lombardo-veneto e abbiamo chiesto ripetutamente di portare le carte davanti alla Corte Costituzionale perché sono violati palesemente e persistentemente diritti di cittadinanza fondanti. Ora vediamo che anche il Presidente della Regione Campania, De Luca, non esclude di farlo (LEGGI) se lo scempio si dovesse ripetere con gli ipotetici fondi del Mes e questo vuol dire che, per fortuna, aumenta il tasso di consapevolezza. Ricordiamo a tutti che in Parlamento l’attuale ministro delle Regioni, Boccia, ha detto che oltre sessanta miliardi ballano impropriamente da un territorio all’altro. Noi oggi diciamo: vengano gli ispettori europei, si pronuncino i giudici costituzionali, ma prima di tutto batta un colpo la politica. Quella delle decisioni e dei fatti conseguenti. Non quella delle chiacchiere e dei battibecchi di giornata. Soprattutto, lo batta subito.
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