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Non c’è un Paese, ma due. Non c’è un tasso di disoccupazione, ce ne sono due. Non esiste un reddito pro capite, ma un ricco e un povero. Non ha senso parlare indistintamente di prodotto interno lordo italiano perché ci sono territori (pochi) che competono con la Germania e altri che perdono il confronto con la Grecia. Non c’è uno Stato, ma da dieci anni in qua due. Per cui la spesa pubblica cambia totalmente se ti riconoscono lo status di figlio (Nord) o di figliastro (Sud). Qualche numero per uscire dalla finzione che porta l’Italia alla dissoluzione nel silenzio complice di tutti. Il tasso di disoccupazione al Nord è del 5,7%, quello del Sud è del 16,2%, un giovane su due in Calabria è senza lavoro. Il prodotto interno lordo pro capite del Nord Ovest è di 35,4 mila euro, nel Mezzogiorno si ferma a 18,5 mila.
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Abbiamo scelto, nel giorno in cui si è votato in due regioni simbolo delle due Italie quali sono la Calabria e l’Emilia Romagna, di aggiornare e riproporre le inchieste del Quotidiano del Sud perché documentano che ogni anno 60 miliardi di spesa sociale e di infrastrutture di sviluppo dovuti al Sud vanno ingiustificatamente al Nord per alimentare il peggiore assistenzialismo. Non c’è un treno veloce da Napoli in giù ma cresce a dismisura il poltronificio degli amici degli amici nei carrozzoni regionali soprattutto in Veneto e in Lombardia. Questo scippo (miope) al Sud ignorato dal dibattito nazionale porta la nuova destra con la Lega in prima fila a governare in Calabria, ovviamente secondo gli exit poll disponibili mentre questo giornale va in macchina, e permette alla roccaforte emiliana della sinistra di dire la sua mettendo a frutto il benessere acquisito con una spesa pubblica di favore.
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Dispiace dovere ricordare, dopo settimane di delirio tra guerre di piazze, sardine, citofoni e stuoli di giornalisti televisivi senza mai un numero su cui confrontarsi e molte bufale da ingigantire, che lo squilibrio di spesa condanna l’Italia ad avere gli unici due territori europei, il Nord e il Sud, che non hanno raggiunto i livelli pre-crisi del 2008. Se non si spezza l’anomalia della Spesa Storica che regala ai ricchi e toglie il giusto ai poveri il Nord produttivo diventerà l’appendice meridionale del gigante tedesco in crisi e il Sud abbandonato priverà il Nord del suo principale mercato di consumi e l’Italia intera di un minimo di dimensione infrastrutturale e industriale nazionali per essere competitivi nel mondo. Se non si condivide l’operazione verità sulla spesa pubblica e non si abbatte il pregiudizio che i soldi messi al Sud sono buttati via l’Italia si auto condanna alla terza recessione. A quel punto chi governa a Roma, a Bologna o in Calabria sarà francamente irrilevante.
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