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Ad essere ricercati e assunti sono giovani con capacità digitali e innovatori che hanno studiato nei territori meridionali e qui continuano a risiedere con lavori di loro soddisfazione e una platea molta vasta di lavoratori senior. Si premiano le nuove competenze dei giovani e l’esperienza e la professionalità dei senior. L’eurozona è in recessione tecnica, la Germania affossa la situazione dell’industria europea, l’economia italiana cresce più di tutti grazie alle esportazioni extra-europee e a un boom di turismo e servizi con il Sud che è già primo attore. Candidato unico al grande hub del Mediterraneo e rilanciato come luogo attrattivo di capitali internazionali dalla trilaterale per l’industria Germania -Francia-Italia.
Sono davvero stufo di sentire ripetere un racconto sul Mezzogiorno totalmente sganciato dalla realtà che non significa affatto ignorare la pesantezza dello storico divario ricevuto in eredità che blocca il Paese, ma negarsi la possibilità reale di consolidare il cambiamento già in atto per ridurre proprio questo storico divario il più delle volte solo per ragioni, ritenute vilipese, di vecchi e nuovi feudalesimi politici e economici.
Non è normale, ma succede, riuscire a ignorare che tra il primo trimestre del 2019 e il primo trimestre del 2023 su 474 mila nuovi occupati in Italia il 55,3% del totale (262 mila) riguarda il Mezzogiorno con un tasso di crescita (4,4%) più che doppio rispetto alla media italiana (+2,1%) e con un ritmo sostenuto di espansione (+3,1%) anche nell’ultimo anno. Sono dati dell’Istat che ci segnalano che ad essere più ricercati sul mercato e assunti con contratti stabili sono giovani con capacità digitali e innovatori che hanno studiato nei territori meridionali e qui continuano a risiedere con lavori di loro soddisfazione e una platea molta vasta di lavoratori senior.
Perché chi assume premia le nuove competenze dei giovani e l’esperienza e la professionalità dei senior. Avere documentato che le performance delle piccole e medie imprese manifatturiere di qualità del Mezzogiorno sono pari in termini di ebitda e di valore aggiunto alla quota ristretta di eccellenza delle piccole e medie imprese del Nord non trova contestazioni nella parte più avanzata del Paese, ma suscita diffidenza e prese di distanze più o meno pubbliche da chi maggiormente dovrebbe esserne contento operando nel mondo partendo dal Mezzogiorno.
Abbiamo messo al primo punto della carta di Napoli, nata dai lavori del Festival Euromediterraneo dell’economia, il cambio della narrazione del Sud che non vuol dire inventarsi una narrazione ma documentare i passi in avanti compiuti e il ruolo strategico non più di periferia ma di centro del Mediterraneo che la storia e la geografia assegnano oggi ai nostri territori meridionali. Avere accorciato le catene globali della logistica per effetto della pandemia di origine cinese e avere messo fuori gioco l’asse Est-Ovest per l’accesso alle materie prime energetiche della Russia di Putin e il consolidamento dell’intreccio sulla nuova economia tra Cina e Germania, significa che l’asse del futuro della crescita europea è quello Sud-Nord e si gioca sul tavolo del grande hub energetico e manifatturiero del Mediterraneo.
Che ha in Napoli la sua Capitale naturale, ma può contare su un’eccellenza assoluta nella cyber sicurezza come nell’innovazione a Bari e Catania. Per non parlare dei primati dell’intelligenza artificiale della Calabria e quelli energetici della piccola Basilicata. Per non parlare di un tessuto diffuso di altri tesori industriali che spaziano dall’elettronica di difesa all’aerospazio, dal packaging all’agro-industria, ai nuovi materiali e a molto, molto altro ancora.
L’eurozona è in recessione tecnica, la Germania sta affossando la situazione dell’industria europea, l’economia italiana cresce più di tutti grazie al suo dinamismo nelle esportazioni extra europee e, soprattutto, a un boom di turismo e servizi che, dopo un tempo immemorabile, permette al Sud di giocare alla grande la sua parte. C’è desiderio di Italia nel mondo e, questa volta, il desiderio non si ferma a Firenze o a Roma, ma addirittura spopola per Napoli e le grandi attrazioni turistiche dell’intero Sud.
La trilaterale sull’industria a Berlino tra Germania, Francia e Italia rientra in un’azione a 360 gradi che il ministro Urso sta svolgendo in un mondo capovolto dove le direttrici storiche sono saltate e serve fare massa critica tra le tre principali grandi economie europee per affrontare insieme il problema strategico delle materie critiche che sono quelle energetiche ma anche le terre rare della nuova economia. Non era affatto scontato che un governo di destra centro avesse una regia della politica industriale così saldamente legata alle nostre alleanze storiche. Soprattutto, farebbero bene a capire tutti che in un mondo dove la globalizzazione non è più di competizione ma di conflitto tra mondo autocratico e mondo occidentale, storia e geografia spingono perché cresca in modo esponenziale il potere attrattivo di capitali internazionali industriali e finanziari del nostro Mezzogiorno.
La missione svolta sempre da Urso & C. nei luoghi del grande capitale anglosassone va nella direzione giusta e si congiunge con la grande sfida del Piano Mattei che costringe l’Italia e l’Europa a fare i conti con le armi dei russi e i soldi dei cinesi che sono arrivati prima di noi in Africa e in gran parte del Mediterraneo allargato. Il combinato disposto delle due sfide cruciali pone il Mezzogiorno nel ruolo del tutto inedito di secondo motore dell’unicum di ripresa italiana che affianca il primo potendolo superare nei tassi di espansione e di centro, non più periferia, della rinascita del Mediterraneo indispensabile per garantire all’Europa intera nuova crescita aggiuntiva. Chiudere gli occhi davanti a tutto ciò non è più solo miope. Rasenta il masochismo.
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