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Nonostante l’autonomia consenta alle Regioni di richiedere la competenza esclusiva sulle grandi infrastrutture, Salvini centralizza come fosse il primo oppositore di Calderoli
Una delle caratteristiche del Governo di Giorgia Meloni consiste nel modificare in profondità l’assetto normativo esistente. Usando come veicolo atti con diversa finalità. Soprattutto quando ci si occupa di grandi infrastrutture, diventate uno dei mantra. Ai quali si dedica maggiore attenzione, soprattutto, per motivi istituzionali, dal Ministro Matteo Salvini.
Non si capisce poi perché si percorra una centralizzazione straordinaria e derogatoria. Visto che lo stesso Governo, con la legge sulla autonomia differenziata, consente alle Regioni a statuto ordinario di richiedere la competenza esclusiva anche sulle grandi infrastrutture, i porti e gli aeroporti. Ne viene fuori insomma un grande guazzabuglio.
Tra centralizzazione delle decisioni nelle mani del presidente del consiglio dei ministri e devoluzione nelle mani dei presidenti delle regioni non esiste possibile punto di contatto o possibilità di coesistenza. Presidenzialismo ed autonomia differenziata sono in estrema e drammatica antitesi. Eppure, sono i pilastri sui quali si basa il patto istituzionale di governo della attuale maggioranza. Gli esempi che faremo sul destino legislativo delle grandi infrastrutture sono evidentemente il segno di una pericolosa divaricazione nel disegno istituzionale. Destinato a generare rischiose contrapposizioni tra poteri, come è peraltro già accaduto con la riforma del Titolo V.
Riforma che ha dato vita ad oltre 2,200 pronunciamenti della Corte Costituzionale per conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni in poco più di venti anni.
Utilizzando norme inserite in modo surrettizio in provvedimenti che sono determinati per altra finalità, il governo rafforza i poteri centrali di decisione sulle grandi infrastrutture. Mentre invece la legge 86/24, detta anche Calderoli, prepara il terreno per una devoluzione delle grandi infrastrutture, dei porti e degli aeroporti alle Regioni che ne faranno richiesta.
Era accaduto con il nuovo Codice degli appalti. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 marzo 2023, entrato in vigore il 1° aprile 2023, con piena efficacia a partire dal 1° luglio 2023. Si occupa di procedure per le gare pubbliche, ma ha cancellato il processo di pianificazione per le infrastrutture strategiche.
Più di recente, qualche giorno fa, nel testo del decreto legge sull’ambiente, viene introdotta una norma derogatoria sulle grandi opere. Per superare i casi nel quali la procedura di valutazione di impatto ambientale registri un andamento non conforme alla volontà del committente. Alle decisioni del presidente del consiglio dei ministri sono affidati strumenti per scavalcare le difficoltà che emergono dalla VIA.
Cominciamo dalla cancellazione della pianificazione per le grandi opere. Si tratta di questione assolutamente strategica, della quale non si è nemmeno discusso nel nostro Paese. E’ di tutta evidenza che se la programmazione non è più seguita per le grandi infrastrutture, il resto della pianificazione non serve assolutamente a nulla. Oltretutto, il famigerato elenco delle opere prioritarie di berlusconiana memoria viene reintrodotto.
All’articolo 39 del nuovo codice degli appalti, nella ultima versione approvata dall’attuale governo, si legge, nei primi due commi: “Le disposizioni del presente articolo disciplinano le procedure di pianificazione, programmazione e progettazione delle infrastrutture strategiche la cui realizzazione riveste carattere di urgenza e di preminente interesse nazionale ai fini della modernizzazione e dello sviluppo della Nazione. Il Governo qualifica una infrastruttura come strategica e di preminente interesse nazionale con delibera del Consiglio dei ministri, in considerazione del rendimento infrastrutturale, dei costi, degli obiettivi e dei tempi di realizzazione dell’opera. La qualificazione è operata su proposta dei Ministri competenti, sentite le regioni interessate, ovvero su proposta delle regioni al Governo, sentiti i Ministri competenti”.
Come questa norma possa essere compatibile con la devoluzione delle grandi infrastrutture alle Regioni, va chiesto innanzitutto al Ministro Matteo Salvini. Che con orgoglio vuole che il nuovo codice degli appalti sia chiamato con il suo cognome. Possibile poi che il Ministro Roberto Calderoli non si sia accorto di nulla e non abbia protestato vibratamente con un provvedimento di matrice così spiccatamente centralista, quasi bolscevico?
Ad un anno e mezzo dal colpaccio centralista del Codice degli Appalti, il governo ha ora inserito nel testo del decreto legge Ambiente, appena approvato in Consiglio dei ministri, una frase con cui punta a cambiare la norma sulle autorizzazioni ambientali delle grandi opere. La nuova regola permette al presidente del Consiglio di bypassare la commissione di Valutazione impatto ambientale, qualora quest’ultima sia impossibilitata a garantire il via libera. Una norma che, se venisse approvato il dl Ambiente, potrebbe riguardare anche il Ponte sullo Stretto di Messina
Il punto 4 del primo articolo della bozza di DL Ambiente recita: “Nel caso di progetti sottoposti a valutazione ambientale di competenza statale gli eventuali atti adottati ai sensi della legge 400 del 1988 sostituiscono a ogni effetto il provvedimento della Via”. Il passaggio della legge di 36 anni spiega i poteri: “Il presidente del Consiglio dei ministri può deferire al Consiglio dei ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti”.
Quindi il governo – con questa norma – può superare qualsiasi obiezione della commissione Via, autorizzando le grandi opere nonostante il mancato via libera delle strutture tecniche. Anche in questo caso, incredibile dictu, siamo in presenza di una norma spiccatamente centralista, che attribuisce potere derogatorio al presidente del consiglio dei ministri.
Stavolta la svista avviene a valle della approvazione della legge sulla autonomia differenziata. Insomma, esiste una pervicace volontà di centralizzare le decisioni sulle grandi opere. Nonostante la retorica autonomista che a chiacchiere avanza nelle periferie venete dell’impero di Salvini.
Cosa accadrà quando le regioni reclameranno il loro diritto alla competenza esclusiva sulle principali infrastrutture, sui porti e sugli aeroporti? Decadranno queste norme? Dovranno essere modificate, sostituendo al presidente del consiglio dei ministri il presidente della regione che ha chiesto la competenza esclusiva su questa materia? Il mistero è fitto, e non parliamo del neocommissario europeo. L’impressione che se ne ricava è una confusione non solo tra le forze della maggioranza, ma innanzitutto in casa della Lega. L’ideologia federalista pare declamata con forza onestamente minore rispetto alla pratica centralista che la stessa Lega di governo intende attuare sulle grandi infrastrutture. Il primo grande oppositore di Roberto Calderoli è Matteo Salvini.
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