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A leggere i giornali il nuovo Pnrr non sarebbe stato approvato e il Paese si fermava a Sulmona. È accaduto l’esatto contrario. Ora non facciamo più scherzi sulle concessioni idroelettriche. Si rinnovino subito e si acquisiscano gli investimenti di Enel & C. che fanno Pil vero.

Abbiamo condotto questa battaglia in assoluta solitudine. Abbiamo strapazzato come più non si poteva il ministro, Gilberto Pichetto Fratin, perché ritenevamo semplicemente inconcepibile che restasse al suo posto un ministro che si presentava in Europa con un piano energetico italiano pieno di rigassificatori galleggianti che nessuno vuole in perigliosa navigazione tra un porto e l’altro del Nord e non si ritenesse di dovere mettere nero su bianco che i rigassificatori onshore di Gioia Tauro e Porto Empedocle sono considerati strategici.

Ritenevamo semplicemente lunare un piano energetico del Paese che ignorava le due capitali onshore del mondo capovolto che fanno del Sud italiano il primo dei Sud del nuovo mondo e che non si ponesse, dunque, contemporaneamente come priorità assoluta il raddoppio del gasdotto Sulmona Nord e della dorsale adriatica in modo tale da collegare il tesoro energetico del Vecchio Continente custodito nel nostro Mezzogiorno e, a sua volta, generatore di industria e ricerca nel territorio, ai due grandi motori della manifattura europea che sono quelli del Nord Italia per le macchine di precisione e della Germania per le grandi macchine.

Che si usasse la strozzatura di Sulmona per perdere l’occasione della storia e della geografia per la nuova economia globale del Paese, ci è parso dal primo momento o un pretesto miope di lobby oscurantiste del declino italiano nordista o un atto di gravità inaudita della programmazione nazionale del Paese che produceva anche l’indubbio risultato di rendere carta straccia qualsivoglia forma di Piano Mattei. Al punto da rendere totalmente vuote di significato le parole viceversa molto assennate con cui Giorgia Meloni ha sempre parlato di uno sviluppo alla pari tra sponda Nord e sponda Sud del Mediterraneo connotando il nostro intervento nei Paesi africani come dichiaratamente non predatorio e portatore di sviluppo.

Questa campagna di assoluto buon senso raccoglie oggi i suoi risultati e bisogna riconoscere al ministro Pichetto Fratin di avere avuto il coraggio di scendere sul pianeta Terra dalla Luna o Marte dove qualche consigliere più o meno interessato, di certo poco attrezzato tecnicamente, aveva cercato di condurlo.

Questa operazione di atterraggio nel mondo della realtà è stata accompagnata da una seconda scelta, altrettanto strategica, che è quella di avere collocato sempre nel Mezzogiorno del Paese i due porti dell’eolico offshore che consentono tra qualità e quantità di risorse naturali disponibili, grandi piattaforme digitali, una nuova filiera merceologica e un altro mezzo miliardo di investimenti pubblici che ne mobilitano a loro volta di privati, di dare un profondo contenuto strategico effettivo al Piano Mattei e al ruolo di capofila del nostro Sud.

Questi sono i fatti e per chi, come noi, non ha mai mollato sulla ineludibile chiarezza di questa linea strategica capace di unire le due aree del Paese e guidare il processo di pace e sviluppo dentro i quattro Mediterranei, è motivo di soddisfazione che il governo italiano si muova in tale direzione. Non abbiamo mai risparmiato critiche all’esecutivo e mai le risparmieremo, ogni volta che lo riteniamo giusto, ma è anche giusto sottolineare che a leggere i giornali italiani nessuno avrebbe scommesso un centesimo che avremmo portato a casa il nuovo Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) nei tempi preventivati o che avremmo approvato una delle manovre più restrittive e rigorose possibili a parte un extradeficit dovuto in funzione anticiclica e completamente a favore dei ceti più deboli.

Invece è tutto accaduto, ma è come se fossimo naturalmente impostati sul mood collettivo della paura contagiosa per cui quello della fiducia contagiosa, anche quando è sostenuto dai fatti, proprio non ci viene di farlo nostro. Invece no, è sbagliato e bisogna farlo. Come bisogna continuare a dire che non è obbligatorio cedere ai burocrati europei sulla messa in gara delle concessioni idroelettriche, mentre Francia e Germania se ne sono sbattute alla grande. Cedere è un errore grave a cui bisogna urgentemente porre rimedio.

I 15 miliardi di investimenti dell’Enel in casa servono come pane al Pil del Paese e servono subito. Parliamo di energia gratis e di lavoro. Perché solo un concessionario privato fa quegli investimenti, se non ti danno la concessione lui gli investimenti non li fa. Se la diga si presenta con un invaso pieno di sabbia e si vuole rimuoverla per portare la capacità di utilizzo da 60 a 100, occorrono le concessioni rinnovate e i privati che hanno le competenze e i soldi per fare quegli investimenti.

Su questo serve un ulteriore sforzo e, visto che si sono vinte le battaglie che tutti davano per perse, cerchiamo di chiudere in fretta la partita più facile tra queste e di patrimonializzare subito nella crescita questo capitale di investimenti. Anche perché si ha la fortuna di avere l’Enel, guidata da Flavio Cattaneo, che vuole continuare a scommettere sugli Stati Uniti, ma facendo gli investimenti con compagni di viaggio americani, e che vuole piuttosto vincere in casa la scommessa dell’Enel del futuro garantendo qui il 90% dei suoi 15 miliardi annui di investimenti mentre prima all’Italia non ne toccavano più di 1 o 2 su 15 investiti. Non è un segnale da poco se viene dalla prima azienda italiana per fatturato, che è anche l’azienda del futuro, e intorno alla quale gira un indotto da capogiro di piccole e medie imprese.


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