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Questo che pubblichiamo è l’intervento di Roberto Napoletano alla Giornata su “Gabriele Pescatore: l’uomo, il giurista, il meridionalista” tenutasi il 12 dicembre 2016 al Consiglio di Stato a Roma. Gli atti della giornata – con l’introduzione di Alessandro Pajno, i saluti di Adriano Giannola e Gerardo Bianco, interventi di Giancarlo Coraggio, Giorgio Giovannini, Natalino Irti e Paolo Baratta e le conclusioni di Paolo Grossi – sono stati pubblicati dalla Svimez nel Quaderno n. 55 di giugno 2017
Vorrei sottolineare una parte della personalità di Gabriele Pescatore, storico presidente della prima Cassa per il Mezzogiorno e grande giurista, che è sfuggita a molti, e che appartiene proprio all’uomo del fare, qualcosa che dà un valore profondo a chi amministra la giustizia.
Ho sempre visto il Professore Pescatore come una persona che vedeva la norma e l’applicazione della norma come un qualcosa che doveva facilitare la vita delle persone, non complicarla. Credo che la vicenda – per me, giornalista economico – che reputo più rilevante, cioè la straordinaria esperienza della prima Cassa per il Mezzogiorno, esprimesse proprio questa capacità tecnica e questa capacità di fare squadra, e che resti un qualcosa di unico nel panorama della storia economica di questo Paese. Credo che quando noi ricostruiamo gli anni del miracolo economico italiano, e qui è importante dirlo, dobbiamo parlare di Gabriele Pescatore.
Proprio qualche giorno fa, ho presentato il libro bellissimo di un giovanotto di 93 anni, un ingegnere del Politecnico di Milano che si muoveva con la lucidità e la freschezza di un sessantenne, che ha parlato di tutti i protagonisti del miracolo economico italiano che tutti conoscono, le grandi famiglie dell’imprendito – ria della Brianza, la FIAT, il made in Italy. Però, c’è un protagonista nascosto di questo miracolo economico italiano, e questo protagonista si chiama Gabriele Pescatore. Pochi sono andati ad analizzare i livelli di crescita negli anni importanti del miracolo economico italiano. Se si guardano i dati dal 1951 al 1963, che sono gli anni d’oro, visto che nel 1961 l’Italia cresceva dell’8,3%, cioè ai ritmi di crescita dei Paesi emergenti, si potrà scoprire che il reddito pro capite del Sud aumentava a un ritmo molto più elevato di quello con cui cresceva il reddito pro capite del Nord. Dalla metà degli anni ’60, fino alla fine della stagione di Pescatore, si può riscontrare un alto livello di crescita degli investimenti industriali, perché molti hanno legato la Cassa alle grandi opere e dimenticano i grandi investimenti industriali, soprattutto quelli destinati sotto forma di incentivi al tessuto delle piccole e medie imprese.
Il grande merito della Cassa è di aver fatto quello che Cavour aveva promesso. Cavour aveva detto che avrebbe unito l’Italia con le ferrovie, e ancora non c’è un treno diretto Napoli-Bari, però di sicuro, almeno con le strade, Pescatore e la Cassa per il Mezzogiorno hanno unito il Nord e il Sud dell’Italia. Pensate alle 43 dighe e a tutti i progetti di irrigazione concepiti e realizzati, pensate al fatto che se oggi si apre il rubinetto e in Campania c’è l’acqua, in Puglia c’è l’acqua, tutto questo lo si deve alle opere fatte con la Cassa di Pescatore.
I due grandi meriti storici sono la prima grande stagione delle infrastrutture di base, e la seconda stagione dell’industrializzazione. Un’industrializzazione che, voglio sottolineare, è soprattutto dal lato delle piccole e medie imprese. Se si guardano i dati dell’ISTAT di oggi, si ha la dimensione di quanto tempo abbiamo perso dopo, bloccando questo tipo di esperienza. Vedrete che il reddito pro capite del Sud è del 44% inferiore a quello del Centro-Nord. Qualche giornale domani, visto che dal 44,5 siamo passati al 44,2% di differenza, dirà “il Sud recupera”, e qualcuno arriverà a dire che il Sud “corre”. Ma la realtà è che il Sud è sparito.
Quindi, il merito storico di Gabriele Pescatore è quello di avere agito e operato perché il Mezzogiorno partecipasse al miracolo economico italiano e riducesse le distanze rispetto al Nord. Certamente Pescatore ha fatto il Codice della navigazione, certamente è stato un importante Presidente del Consiglio di Stato, certamente ha avuto un ruolo molto importante alla Corte Costituzionale: quella cultura giuridica fa parte del “servitore dello Stato”, è stato un patrimonio che è alla base dei suoi comportamenti esecutivi nella gestione della Cassa per il Mezzogiorno. Però, se quest’uomo deve essere ricordato, lo si deve a questi ventidue anni di Presidenza della Cassa per il Mezzogiorno. Un uomo anche difficile. Ho notato alcuni aspetti di durezza del suo carattere, avendolo frequentato abbastanza e avendo da lui avuto accesso a tutto quello che erano documenti che riguardavano quella stagione. Ricordo che, per esempio, ad un inviato del “New York Times” raccontò di questa Italia che si muoveva. Questo inviato quindi parlò bene della Cassa, però poi, alla fine, disse che era comunque un centro di corruttela. Pescatore gli scrisse cinque righe, di getto: “Se lei riesce a provare un solo caso di corruzione, non mio ma anche dell’ultimo degli uscieri della Cassa, io mi dimetto all’istante”.
Quando Montanelli fu mandato dal “Corriere della Sera” a fare un’inchiesta per parlare della Cassa per il Mezzogiorno, l’inizio dell’articolo, cito a mente, suonava più o meno così: “Sono andato giù prevenuto, ed ero convinto di dover raccontare la storia di una delle tante befane che hanno contraddistinto la storia del Sud, ma qui non ruba nessuno, e si fanno le opere a tempi di record, e c’è un giudice di Avellino che li fa filare tutti”.
Questo ha scritto Montanelli. Per esempio, quanti sanno che grazie a quella Cassa per il Mezzogiorno si raddoppiò negli anni il prestito Marshall? Quanti sanno che i primi soldi esteri arrivati in Italia da banche private – non parlo più della Banca Mondiale – per finanziare interventi e opere di sviluppo in Italia, furono attivati dai progetti, i famosi complessi organici inventati e realizzati dalla Cassa per il Mezzogiorno con la sua struttura tecnica? Ecco perché Pescatore e la prima Cassa per il Mezzogiorno fanno parte, a pieno titolo, del miracolo economico italiano. Io credo che il racconto della storia economica del Paese abbia questo buco nero da colmare nella ricostruzione degli anni che trasformarono un paese agricolo di secondo livello, prima in un’economia industrializzata, poi in una potenza economica mondiale.
D’altro canto, se ne è accorta la stampa internazionale, quando l’“Economist” ha fatto la copertina e ha parlato della lepre e della tartaruga, e la lepre era la Cassa per il Mezzogiorno, che era sempre la prima nell’utilizzo dei fondi comunitari, aveva sempre un 20-30% in più di progetti seri, valutati seriamente, da finanziare prima degli altri. Ricordo quando Ciampi, da Ministro del Tesoro, volle lanciare la nuova programmazione. Mi invitarono a un Seminario, dove c’erano tutti i dirigenti del Tesoro guidati da Fabrizio Barca e c’erano soprattutto tutti i Sindaci d’Italia, perché si voleva rilanciare un po’ lo spirito della nuova programmazione, che si ispirava alla prima programmazione di quella Cassa. Mi ricordo che con sorpresa vidi che in fondo al salone c’era Gabriele Pescatore, che salutai. Quella volta, però mi sono seduto vicino a una persona che non conoscevo, e che era Remo Gaspari. Ad un certo punto, quando finì l’incontro – or – mai erano le due e mezzo – chiesi a Gaspari: “Ma che le sembra di questa cosa?”. E lui mi disse: “Questo Barca è molto bravo, questi Sindaci sono tutti molto bravi, sono tutti impegnati a fare per conoscere, e noi, invece, dobbiamo impegnarci a conoscere per fare”.
Il conoscere per fare era il conoscere per deliberare di Einaudi. Ma per me, tutta quella roba lì era Pescatore, cioè una persona capace di fare. Questo è mancato all’Italia, da un certo periodo in poi. Tutto sommato, la Cassa era una struttura di 300 persone, il 90% erano ingegneri. Ricordo, quando ero direttore de “Il Messaggero”, che qualcuno di cui non ricordo il nome mi fermò per strada e mi disse: “So che lei è uno che parla sempre molto bene di noi, io la ringrazio ma non si preoccupi tanto, perché poi noi ce ne siamo andati, ci siamo dimessi e abbiamo aperto uno studio privato, abbiamo bonificato il deserto in Egitto, abbiamo fatto opere irrigue nel Paesi dell’America Latina; invece di fatturare al Tesoro della Repubblica italiana, fatturiamo a noi stessi, non è andata così male”.
Questi sono i delitti di questo Paese. Si poteva cambiare dopo vent’an – ni, però forse era anche giusto che qualcuno informasse di questa decisione il diretto interessato. Non è stato bello per Pescatore ascoltare, al TG 1 della sera, che era cambiato il Presidente della Cassa per il Mezzogiorno. Lui mi ha sempre detto che la cosa avvenne col governo di solidarietà nazionale, perché si ritenne – e c’era stato qualche accenno precedente – che nella fase finale ci fossero state molte critiche. Ogni volta che penso al racconto che Pescatore mi fece di quegli anni, ricordo una frase che ripeteva sempre: lui era per la sinistra dell’epoca colpevole di avere attuato con successo il dogma della pianificazione comunista, ma, secondo loro, a vantaggio dei potentati democristiani. Questa era una colpa che non gli perdonavano.
Credo che non ci siano stati nessun dogma della pianificazione comunista, e nessun potentato democristiano. C’è stata solo una struttura di persone perbene, guidate da una persona perbene, che sapevano fare amministrazione e che sapevano fare le opere nei tempi giusti, e credo che questo sia il modello che dobbiamo ricordare, ed è il modello che ci può servire anche oggi. Pescatore appartiene a questa stagione, come Saraceno, Pastore, Campilli. È la fase d’oro. La fase in cui un Paese agricolo di secondo livello, in un decennio, è diventato prima un Paese industrializzato, e poi, in un altro decennio, una potenza economica mondiale. In quell’epoca, vent’anni importanti, si intrecciarono positivamente intelligenza tecnica, riformismo cattolico e cultura laica, cambiò il Paese in profondità. Oggi, si sono perse molte di queste famiglie, di quello spirito, e si fa molta confusione. Però ricordo anche altre due o tre cose di una delle ultime volte che andai a trovare Pescatore – ci – to questi due episodi e poi chiudo – dopo la morte della moglie. Una è che, a un certo punto, aveva cominciato a dire “Suzette, Suzette” e siccome la moglie si chiamava Clementina, pensai che si fosse confuso e gli ho chiesto: “Ma professore che cosa c’entra Suzette? Mi fa capire chi è?…”, “Eh no, hai capito bene, parlo proprio di Suzette”.
Ma chi era? Suzette era la moglie di Eugene R. Black, l’uomo che ha diretto il più a lungo possibile la Banca Mondiale. E lui aggiunge: “Vedi, su questo divano dove sei seduto tu, sedevano regolarmente Suzette e Black, perché Suzette era diventata una grande amica di Clementina”. Lui diceva che la moglie, sempre cinque metri indietro, in realtà per tutta la vita era stata un metro avanti. E così, in maniera spontanea, naturale, ti raccontava qual era il segreto del miracolo economico italiano: “Vedi, su quel divano io ho presentato Menichella a Black, ma grazie all’amicizia fra Clementina e Suzette, tutte le volte che venivano a Roma, dormivano da noi, senza andare in albergo”.
Questo era il Presidente della Banca Mondiale, che ha finanziato più di ogni altro la Cassa per il Mezzogiorno e quindi il Paese, perché ha dato un contributo al Sud, facendo crescere il Nord. Questo deve essere ricordato, perché è un dato storico, un dato scientifico, tecnico, non è un dato politico, ideologico. L’altra cosa che mi sono ricordato – e questo forse vale anche per il Presidente – è che Pescatore mi raccontava che la mattina venivano a trovarlo il Presidente della Corte dell’epoca e altri magistrati, e lui mi parlava di una certa paura a prendere delle decisioni. Ad un certo punto, disse: “Però vedi, i tempi che viviamo oggi sono molto differenti dai tempi in cui decidevo, e in cui vivevamo noi. Cioè, paradossalmente, oggi è ancora più difficile prendere decisioni di quanto fosse difficile in una stagione in cui si aveva poco o nulla”. Io credo che queste riflessioni ci debbano aiutare a ricordare correttamente che cosa è stata quella stagione, con tutti i protagonisti, da Nord a Sud, dalle famiglie dell’imprenditoria del Nord a questi “servitori dello Stato”, che hanno contribuito più di altri a realizzare il miracolo economico italiano.
Ma ci devono anche trasmettere una lezione e, cioè, che per fare le cose bisogna crederci, e bisogna credere che se una volta, come è accaduto, ce l’abbiamo fatta, nulla ci può impedire di riuscirci una seconda volta. Sappiamo che è più difficile ma, proprio per questo, dobbiamo aumentare lo sforzo, la determinazione e la capacità di ascolto.
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