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Nunzio Galantino e Papa Francesco

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Galantino: il coraggio dei gesti e delle parole che vanno oltre la politica e riscrivono il modo di stare insieme. Si cerca di uscire dai luoghi comuni di pacifismo e di non pacifismo mettendo in gioco il travaglio della fede e la ragione per uscire dalla cultura delle curve da stadio. Perché il Papa non va in Ucraina? Forse le cose non dipendono da una sola persona. Spending review e strumenti di controllo hanno messo a posto i conti della Chiesa

Nunzio Galantino è stato per oltre trent’anni il parroco di Cerignola, in quel Sud di dentro foggiano che è la terra di Di Vittorio, per gli amici Peppino, bracciante figlio di bracciante e il coraggio eretico del leader della Cgil del miracolo economico italiano. La parrocchia storica di San Francesco d’Assisi di Don Nunzio a Cerignola è a pochi chilometri da Biccari, che ha dato i natali a Donato Menichella, il governatore della Banca d’Italia che ha vinto l’oscar mondiale della lira. Famoso per i suoi cappotti rivoltati perché “è peccato, non si butta niente” o per avere imposto a Gabriele Pescatore, presidente della Cassa con lui in America a trattare i finanziamenti della Banca Mondiale, di consumare un solo pranzo al giorno perché “caro Gabriele non è che poi passa per la testa di qualcuno che siamo venuti qui a fare bagordi e non a raccogliere dollari per gli italiani”.

Sarà anche per questi conterranei illustri che Papa Francesco ha voluto Galantino prima come segretario generale della Conferenza episcopale italiana e poi, prima che venisse a galla lo scandalo del palazzaccio di Londra, come ministro dell’economia del Vaticano che formalmente si dice Presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (APSA).

In questo colloquio con il Quotidiano del Sud-l’Altravoce dell’Italia, Galantino ci spiega come Papa Francesco ha fatto a cambiare la musica per mettere a posto i conti del Vaticano, ma forse è anche la persona più giusta per spiegarci il Papa Francesco che chiede il cessate il fuoco della guerra in Ucraina, che parla alla coscienza del mondo, il magistero della fede e gli affari della politica. Cominciamo da qui.

“Vuole capire perché il Papa fa il Papa?” butta lì. Sì, diciamolo così, rispondo io, o meglio: mi spiega che cosa è davvero la diplomazia di Francesco? “Allora, per rendersi conto davvero delle cose si tratta di capire quali sono gli snodi fondamentali di carattere culturale da fare incontrare, non solo le persone, non solo su questa guerra particolare, così come le sente Francesco”. Si spieghi meglio, monsignor Galantino. “Guardi, si tratta di fare incontrare il mondo, ma su un modo diverso di concepire la convivenza tra di noi. Non vede che non manca occasione in cui lui non ripeta questo suo invito a smettere di fare la guerra. Questa insistenza, questo suo insistere, questo suo non rassegnarsi che è fatto di gesti e di parole, quando manda due cardinali in Ucraina e in Polonia, quando celebra, quando va lui in ambasciata, quando manda gli aiuti in Ucraina, quando mobilita le coscienze e tutte le chiese. Non si rassegna Francesco, questa è la forza della sua diplomazia. Che è la stessa di quando invita ad accogliere i profughi.”

Fermo, Galantino, mi risponda a questa domanda: perché il Papa non va lui in Ucraina? Risposta secca: “Penso non dipenda soltanto da lui. Forse le cose, che dice?, non dipendono da una sola persona”. E aggiunge: deve capire che la forza della diplomazia di Francesco sono il coraggio dei gesti e delle parole che vanno oltre la politica, riscrivono il modo di stare insieme.

Poi Galantino si ferma di suo. Sembra quasi sovrappensiero. Invece vuole articolare meglio il ragionamento. Dice: “Si sta lavorando a diversi livelli. Primo: quello diplomatico che è più intenso perché è la diplomazia dei gesti e della parola, che non è la diplomazia fatta di strutture, che va a toccare motivazioni profonde di questa guerra, che è fatta di principi che valgono più a lungo della tensione e dell’attenzione nei confronti di questa stessa guerra. Parliamo di prima e di dopo perché questa è una guerra che si combatte a pezzettini. Poi c’è un secondo livello che la Chiesa vive più da vicino. Sono le singole conferenze episcopali nazionali perché ognuno faccia la sua parte sia in termini di accoglienza sia di sostegno materiale. A giorni una delegazione della Chiesa italiana e di alcune associazioni partirà per Leopoli. Il viaggio che ha fatto il cardinale Krajewski, l’elemosiniere pontificio, che ha portato una nuova ambulanza a Leopoli si muove proprio in questa direzione. Il terzo livello è lo stimolo aggiuntivo alle conferenze episcopali nazionali di riflessione sui problemi che stanno sorgendo, di mobilitazione delle teste, di sostenere la discussione sulle armi, di pronunciarsi pubblicamente, di chiarire le cose facendo riflessioni serie che coinvolgono anche la dimensione culturale e teologica della Chiesa e della comunità mondiale delle donne, degli uomini, delle famiglie e dei giovani.”

Prenda fiato, don Nunzio, il ragionamento mi sembra chiaro, non è necessario dire tutto insieme. “Guardi, quello che voglio che sia chiaro è che sono tre livelli e che nessuno di questi si identifica con il canale della politica e degli affari politici. Si cerca in modo lucido di uscire dai luoghi comuni di pacifismo e di non pacifismo mettendo in gioco il travaglio della fede e la ragione per uscire dalla cultura delle curve da stadio. Questi livelli, questi gesti, queste parole sono un altro canale, chiaro?” A me sì, e già da un po’, ma lo vada a spiegare a chi muore dalla voglia di usare il Papa nella politica! Più qualunquista è la proposta, più forte è la tentazione, ma lasciamo perdere perché, purtroppo, questa è una parte dell’Italia. Anche il copione che si recita cambia a seconda delle circostanze per cui gli stessi soggetti possono dire tutto e il contrario di tutto senza che nessuno dica niente.

Ma i conti della Chiesa nel frattempo li abbiamo messi a posto? Lo sa che c’è chi sostiene che si fa un gran parlare, ma si rischia il default? Risponde Galantino: “Che fesseria! Guardi, ora le procedure sono chiare per tutti, sono finite le prassi sovrapposte, quello che era mancato fino a oggi era una regia centrale ed è stato necessario fare un salto anche in termini di cultura e di mentalità. Ogni giorno è sempre più chiaro a tutti che non esistono persone e strutture che possono agire al di fuori di un controllo. Ovviamente man mano che andiamo avanti vengono fuori gli aspetti positivi e anche le fragilità, vengono a galla tutte le falle”. Mi scusi, monsignor Galantino, capisco che per il Vaticano può apparire una rivoluzione, ma accettare che non esistono né persone né strutture che possono sottrarsi al controllo di vigilanza e che bisogna agire secondo standard di trasparenza amministrativa mi sembra la regola. Ci può dire con quali procedure e quali strumenti si fa rispettare questa regola e si perseguono i risultati?

Galantino, il ministro dell’economia del Vaticano

“Intanto abbiamo chiarito che esiste un dicastero, un ministro che ha il compito di amministrare, e che tutti si devono muovere secondo le stesse regole, che tutti devono passare da questo schema, esiste un dicastero che deve controllare e a questo controllo tutti sono sottoposti. Ora il Papa ha detto che tutti, comprese la segreteria di Stato e Apsa, devono essere soggetti al controllo. A lei sembrerà poco, ma in modo così chiaro fino ad oggi non era stato detto”.

Ho chiesto: quali sono gli strumenti? “Il primo è il consiglio per l’economia che è molto più di un collegio dei sindaci o di una corte dei conti, è uno strumento di livello internazionale con economisti di ogni nazionalità che dà gli indirizzi economici ed esercita i controlli. Penso che non esista un equivalente negli altri Stati. L’articolo 205 della nuova Costituzione apostolica descrive bene i compiti: a esso compete la vigilanza sulle strutture e sulle attività di amministrazione e finanziarie delle istituzioni della curia esercitando le sue funzioni alla luce della dottrina sociale della chiesa e attenendosi alle migliori prassi internazionali della pubblica amministrazione che ha come obbiettivo la gestione della finanza in maniera etica ed efficiente”.

Questo è il primo, qual è il secondo strumento? “La segreteria per l’economia (art. 212) che è la segreteria generale del Papa per le materie economiche e finanziarie guidata dal prefetto Juan Antonio Guerrero Alves. Questa segreteria esercita il controllo e la vigilanza in materia di amministrazione sulle attività economiche e finanziarie e sulle istituzioni culturali e ha un apposito controllo sull’obolo di San Pietro e sui fondi papali”.

Siamo alla fine, monsignor Galantino, come vanno i conti della Chiesa? “Dipendono dalle offerte e dalle entrate del patrimonio della Santa sede e devo dire che rispetto a quanto ci si attendeva vanno meglio del previsto. Voglio dire che il tonfo atteso non c’è stato, pur essendo diminuiti gli introiti, le entrate sono superiori alle attese grazie ad un attenta spending review che stiamo attuando. Tutto ciò nonostante la situazione generale e la nostra scelta di rinunciare a un terzo dei canoni delle entrate commerciali e a rateizzarne un altro terzo durante la pandemia. Che le devo dire? Vuol dire che la storia del palazzaccio di Londra è archiviata, che si ha ancora fiducia in questa Chiesa. Non ci date per morti, stiamo uscendo dalla crisi. Soprattutto abbiamo ancora tanta voglia di spenderci per il Vangelo.”


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