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Uno dei missili lanciati dall'Iran

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Se questo è il contesto globale, lo è, il ’68 non può tornare, e bisogna aiutare i nostri giovani a liberarsi dai miti di un estremismo che non ha senso. Le Accademie devono servire a questo e non indulgano, oltre le esigenze tattiche di spegnere il fuoco sociale, a una china genericamente sessantottina perché le contraddizioni esploderebbero in modo irrecuperabile come dimostra l’attacco dell’Iran a Israele e il rischio che altri, dai russi ai cinesi, tornino a soffiare sul vento di un intervento per procura. Viceversa, tutti operino per la moderazione. Sarebbero guai se alla voce fatti Netanyahu non seguisse Biden evitando controreazioni e spegnendo l’incendio sulla Striscia di Gaza.

L’IRAN ha voluto vendicare un assalto a una sua struttura pubblica mettendo in campo un attacco a Israele con una evidente inferiorità di mezzi per cui nelle poche ore della notte fino all’alba di ieri mattina il 99% di droni e missili iraniani sono stati abbattuti dagli asset militari americani, israeliani e di altri Paesi. A qualcuno può essere sembrato quasi uno show e non manca chi sottolinea che né americani né iraniani intendono continuare. Come dire: finisce qui.

Attenzione, però, perché in questi casi non si può scherzare con il fuoco e guai se Netanyahu nei fatti non desse ascolto a Biden e, cioè, non si accontentasse della vittoria, dovuta in gran parte all’alleato americano, e non rinunciasse a ogni idea di nuova controreazione dopo essersi macchiato di quella davvero spropositata nella Striscia di Gaza successiva all’orrore dell’attacco di Hamas a Israele. Questo, dal lato israeliano, sul fronte opposto il rischio da sventare è che tutti coloro che vogliono alzare il polverone, a partire dai russi e non si possono escludere i cinesi, decidano di mettere a disposizione dell’Iran nuovi mezzi anche semplicemente per rafforzare i colpi contro le navi, non ci sono più solo gli houti ad agire, ma adesso addirittura direttamente i pasdaran.

Tutto ciò inevitabilmente allargherebbe il conflitto e aumenterebbe lo spettro di questa guerra mondiale a pezzi. Sempre con il rischio che i pezzi alla fine si ricompongano in un conflitto globale unico. Ecco perché è assolutamente necessario spegnere l’incendio mediorientale e fare in modo che la reazione iraniana si fermi a questo colpo. Perché con un colpo si è riusciti ancora a tenere in equilibrio questo terribile equilibrio dei nostri giorni, ma con un altro colpo magari no. Il problema fondamentale geopolitico sottostante è che è tornata una voglia di scardinare l’equilibrio globale che si era determinato dopo la Seconda guerra mondiale. Purtroppo, questa voglia rischia di trovare prima o poi, di colpo in colpo a sorpresa, un suo canale pesante e di esprimersi in un conflitto allargato o qualcosa di simile. Ovviamente speriamo che la parte militare sia contenuta il più possibile.

Il conflitto richiederà comunque, questo è il punto, la forza di opporsi e di difendersi. È inutile farsi illusioni su questo e chiudere pregiudizialmente gli occhi. Soprattutto in un contesto geopolitico globale, come quello attuale, dove abbiamo due guerre in atto che rispondono esattamente a questa logica e che, benché territorialmente distinte, restano pericolosamente intrecciate tra di loro. Non è che il Putin imperialista che avanza in Ucraina, macchiandosi ogni giorno di più di crimini civili e di guerra, non è contento di ciò che accade in Medio Oriente se non altro perché distoglie risorse economiche e militari da investire a sostegno della difesa dell’Ucraina. Non è che si può rimanere indifferenti rispetto al fatto che la spropositata reazione di Netanyahu sulla Striscia di Gaza all’orrore dell’attacco di Hamas in Israele ha aperto nuovi focolai in Mar Rosso, in Libano, in Iran, dappertutto. È all’origine dell’attacco iraniano dell’altra notte per ora sventato.

Quelli che sono coinvolti direttamente, chi più chi meno, purtroppo, non cercano il compromesso e, a partire da Netanyahu che in questo mostra di difendere solo il suo potere senza comprendere il senso della storia, spingono viceversa a parole ad alzare l’attenzione perché, sbagliando, ritengono di potere portare dalla loro parte le forze che possono smantellare quell’equilibrio che a loro non va bene. Per questo abbiamo detto e ripetiamo: ora si fermino. Se questo è il contesto generale globale, lo è, il ‘68 non può tornare, e bisogna aiutare i nostri giovani a liberarsi dai miti di un estremismo che non ha senso. Le Accademie devono servire a questo e non possono indulgere, oltre le esigenze tattiche di spegnere l’incendio sociale, a una china genericamente sessantottina perché tutte le contraddizioni esploderebbero in modo irrecuperabile se l’attacco fallimentare dell’Iran a Israele diventasse una guerra tra Israele e Iran. Tutti, proprio tutti, devono operare viceversa affinché prevalga la moderazione.

D’altra parte, abbiamo visto come è andata a finire in Vietnam dove gli americani hanno fatto cose terribili da condannare in modo perentorio senza attenuanti di sorta, anche se si potrebbe argomentare che il Vietnam del Sud per carità aveva problemi enormi ed era difficile da difendere. È comunque un fatto che la vittoria del Vietnam del Nord ha portato a un regime che non è esattamente un faro nella democrazia e, per di più, nella coscienza collettiva di una parte di quel popolo è molto cresciuto il sentimento anticomunista.


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