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Non si può accettare che un Presidente del Consiglio italiano venga attaccato in modo così volgare e incivile dal ministro dell’Interno di un altro Paese europeo. Senza contare che parliamo dell’attacco di un Fondatore a un altro Fondatore che dimostra plasticamente la dissoluzione politica del nucleo fondante dell’Europa. Servono subito scuse pubbliche al massimo livello. Stupisce che non ci sia stata una levata di scudi delle opposizioni italiane, con le eccezioni di Conte e Provenzano, perché la difesa della dignità di un Paese viene prima di ogni lotta di politica interna. Visto che l’Italia mostra di superare nel confronto Francia e Germania non solo in dinamismo economico, ma anche nelle performance relative di finanza pubblica, è legittimo porsi l’interrogativo di fino a che punto si vuole nuocere in casa all’interesse generale per ragioni di cabotaggio elettorale.
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha fatto benissimo a non andare a Parigi per il previsto incontro con la ministra Catherine Colonna. Perché le offese al governo ed all’Italia pronunciate dal ministro degli Interni, Gérald Darmanin, ancorché figura screditata della politica francese, sono inaccettabili da ogni punto di vista. Appartengono queste offese al vocabolario dei maestrini della Francia peggiore e sono anni luce distanti dallo spirito con cui due grandi Paesi europei dovrebbero affrontare impegnative sfide comuni come quelle della immigrazione.
Ma come si permette un esponente del governo francese, addirittura con la responsabilità degli Interni, di affermare che “c’è un afflusso di migranti a Mentone perché Meloni, che guida un governo di estrema destra scelto dagli amici di Le Pen, è incapace di risolvere i problemi migratori per cui è stata eletta»? La reazione di Tajani oltre che sacrosanta è obbligata. Perché è in gioco la dignità di un Paese. Non si può accettare che un Presidente del Consiglio italiano, chiunque sia, venga attaccato in maniera così volgare e incivile dal ministro dell’Interno di un altro Paese europeo.
Senza contare che stiamo parlando dell’attacco di un Fondatore dell’Europa a un altro Fondatore che dimostra, senza scuse pubbliche a stretto giro al massimo livello, la dissoluzione politica del nucleo fondante dell’Europa. Non bastano, a nostro avviso, le parole riconciliative della ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna. Stupisce, inoltre, sul fronte interno italiano, che non ci sia stata una levata di scudi anche da parte delle opposizioni, con le eccezioni di Conte e Provenzano, perché la difesa della dignità di un Paese viene prima di ogni lotta di politica interna.
Se a tutto questo aggiungiamo che l’Italia mostra giorno dopo giorno di superare nel confronto Francia e Germania non solo nell’ormai assodato maggiore dinamismo economico, ma anche in termini di migliore performance relative di finanza pubblica, è legittimo porsi l’interrogativo di fino a che punto si vuole nuocere in casa all’interesse generale per ragioni di piccolo cabotaggio elettorale. In questo caso i francesi dimostrano di avere difetti della politica peggiori di quelli della peggiore politica italiana. Il ministro di un governo che non gode di grande salute e pensa che in un rimpasto sarà fatto fuori, crede di potere uscire dalle sue sabbie mobili francesi offendendo il capo del governo di Destra italiano.
Lo fa, addirittura, per caratterizzarsi come diga contro la crescita della sua destra interna che sta guadagnando consensi. Ma stiamo scherzando o stiamo facendo sul serio? Queste sono cose che un ministro non si può permettere di fare e di cui gli si deve chiedere conto immediato nelle sedi istituzionali più alte del suo Paese. Anche perché questa grave scivolata, addirittura stupida prima che vergognosa, danneggia la credibilità della Francia sul piano europeo.
La politica europea è oggettivamente surriscaldata dalla imminenza delle nuove elezioni. Il partitello di Macron non sa dove andare, la Meloni sta giocando una partita europea che può essere la partita della sua vita, ma anche una partita superiore alle sue forze e, quindi, per lei compromettente. Nel senso che finirebbe con indebolirla se le grandi ambizioni non si realizzassero. Tanto per dire con chiarezza che la priorità se si ha visione non può non essere la saldezza dell’alleanza italo-francese dentro lo schema della nuova Europa. Anche perché tutto questo avviene in un momento in cui nessuno sa come stanno andando davvero le cose in Ucraina e chi ha fatto cadere i droni sul Cremlino.
Tutto questo avviene, cioè, in un momento in cui servirebbe il massimo di coesione sia all’interno che all’esterno dell’Europa. Che non ha bisogno di essere frenata, paradossalmente soprattutto nell’interesse comune di Francia e Italia. La prima non ha affatto bisogno di aprire altri contenziosi con la seconda e non crediamo che Macron sia contento della sortita a uso interno di questo Darmanin. Peraltro il giorno dopo che Macron ha vinto perché la Corte Costituzionale gli ha dato ragione impedendo il referendum sulle pensioni.
Siamo fuori da ogni logica e da ogni interesse nazionale francese. Che è, invece, quello di combattere e vincere insieme con l’alleato italiano la battaglia di costruire subito un minimo di unione fiscale europea e di costruire su queste basi il fondo di garanzia europeo per i depositi e un punto più avanzato di mercato unico dei capitali. Se esce da questo scenario di alleanze, la Francia si consegna con le mani e i piedi legati alla Germania. Il discorso vale ovviamente anche per l’Italia e, con i tassi della Bce che continuano a salire e tutte le altre incognite globali, evitare la dissoluzione di questo nucleo fondante dell’Europa diventa un imperativo assoluto.
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