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Vladimir Putin

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Non è vero che il voto delle Europee sia stato un buon risultato per Putin. Da noi si sottovaluta il successo in Francia di Place publique

ELEZIONI europee: i risultati “sono un riflesso della vostra politica inetta di fornire sostegno ai banderisti in Ucraina a spese dei vostri cittadini, della vostra idiota politica economica e migratoria, aspettate e vedrete cosa accadrà”, è stato il commento di Dmitry Medvedev – il più squallido reggicoda di Putin – con particolare riferimento agli esiti del voto in Francia e in Germania in un rivolto esplicitamente al presidente francese e al cancelliere tedesco.

Purtroppo, in giro per le capitali europee sono in tanti a pensarla così, a dare una interpretazione del voto in modo strumentale ad assecondare il disegno di un negoziato/resa secondo la logica per cui il più forte ha sempre ragione. Sicuramente la pensa così anche Matteo Salvini che aveva duramente criticato Emmanuel Macron accusandolo di fomentare la guerra anziché lavorare per la pace.

Ma la ‘’fuga in avanti’’ dell’invio di militari Nato a combattere in Ucraina non era stata certo apprezzata da alcuni loschi figuri che Elly Schlein ha voluto candidare e far eleggere nel parlamento europeo, sottraendoli alla mano lesta di AVS che si era aggiudicata – niente meno – Ilaria Salis. A parte Salvini anche un senatore meloniano d’antan, Roberto Menia, aveva definito ‘’femmineo’’ Macron per ironizzare sulla sua vocazione alle armi.

Personalmente ritengo che per l’Europa vi sia oggi una sola priorità: difendere l’Ucraina nell’ambito di una svolta politica sulla sicurezza che prepari il Vecchio Continente a pensare in proprio, se il Grande Fratello americano dovesse avere una ricaduta isolazionista alle elezioni di novembre. Questa scelta politica comporta dei cambiamenti nella politica economica e nelle nuove convenienze su cui instradare l’industria. La Russia, Putin lo dichiara apertamente, ha intrapreso un’economia di guerra che sta sostenendo il modello precedente messo in crisi dalle sanzioni economiche europee e dalla caduta delle forniture energetiche. Dopo la riconversione, la Russia ha trovato altre clientele europee, ma deve fare degli sconti alla lunga insostenibili come si vede dalla crisi di Gazprom. Rispetto alla guerra in Ucraina, dopo la svolta dell’uso anche offensivo delle armi fornite dalla coalizione dei paesi alleati, come sono assestati i rapporti di forza per quella (la guerra) che anche per Putin ormai è la principale priorità? Le democrazie hanno le pareti trasparenti. Le dittature no: così hanno il vantaggio di studiare le mosse dei propri avversari, di influire sulle loro scelte, persino sulle elezioni come è avvenuto a favore di Trump contro Hillary Clinton. Non è un mistero che la Russia anche in questa occasione si sia avvalsa della strumentazione cibernetica per mettere in difficoltà le democrazie al voto.

Anche l’apertura di un secondo fronte in Palestina ha dato modo di fomentare in Europa un movimento sostanzialmente anti-occidentale che è arrivato persino a insinuarsi nelle università americane e da lì fino in Europa. Ma affermare che il voto dell’8-9 giugno alle Europee porta acqua al mulino di Putin è solo un modo per spezzare un’altra lancia i suo favore. Perché non è vero, o almeno non lo è ancora: la guerra continua, grazie alle componenti storiche, popolari, liberali, socialiste, ecologiste che hanno tenuto in piedi l’Unione fin dalla sua fondazione. Poi anche nei Paesi dove il cambiamento è stato più inquietante rimangono delle opportunità. In Germania, AfD è un partito bandito da tutto il mondo civile. In Francia, per esempio, Macron ha avuto la disperata lucidità di sfidare l’estrema destra sul governo. Se il voto che il Rassemblement National alle europee si tradurrà in una maggioranza in Parlamento vi sarà un ulteriore caso di coabitazione come è già avvenuto durante la V Repubblica sia con presidenti gollisti o socialisti. Portare al Governo Jordan Sbardella è in fondo un modo per sdoganare quella forza politica che si è portata appresso fino ad ora lo stigma di Vichy. E che è diventata troppo importante per essere lasciata a fare da tappezzeria nel grande ballo della politica francese.

Marine Le Pen e Giorgia Meloni non hanno mai avuto momenti di convergenza, ma la loro storia politica è simile. E anche Marine come Giorgia è consapevole che Parigi val bene una messa. Dall’Eliseo, dove rimane ancora per un paio di anni, Macron è in grado di condizionare la politica di qualunque governo. Noi italiani – sia pure in un contesto istituzionale diverso – abbiamo visto che un capo dello Stato capace di esercitare i suoi poteri è in grado di contare nella politica di un Paese. Mattarella dal Quirinale ha potuto mettere più volte in ‘’braghe di tela’’, la maggioranza giallo verde. RN non ha una storia troppo diversa dal MSI e dai suoi eredi. Come FdI da noi, RN è il partito più votato dai lavoratori.

In Francia, Putin perde il suo più stretto alleato, quel Jean-Luc Mèlenchon che negli ultimi mesi era diventato un grande sostenitore di Hamas. Poi, da noi si continua a sottovalutare il successo in Francia di Place publique, una forza liberal-socialista, europeista e solidale con l’Ucraina, promossa e sostenuta tra le accuse dei francesi non sottomessi, fondata da Raphaël Glucksmann. Auspichiamo che questo homo novus sia meno scontroso di qualcuno dei nostri centristi e riformisti che hanno gettato alle ortiche milioni di voti


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