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Il Governo Draghi in Parlamento

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I partiti dimostrino di avere un residuo di attenzione reale all’interesse nazionale evitando di chiedere l’impossibile che è lo scostamento di bilancio che crea danni di gran lunga superiori ai vantaggi immediati che determinerebbe. Si faccia tutto quello che si deve fare perché paghino la tassa sugli extraprofitti che non hanno pagato, ma prima ancora si operi perché il nuovo meccanismo di formazione del prezzo elettrico entri subito in vigore, si agisca sui consumi e si faccia il nuovo decreto aiuti. La battaglia delle battaglie, però, sarà in Europa e qui i signori della politica che hanno deciso di staccare la spina a Draghi perché i sondaggi li davano vincenti devono sentire sulla loro pelle la pesantezza del danno arrecato ai loro elettori. Perché non si indebolisce la posizione di un premier italiano che ha conquistato un ruolo guida riconosciuto da tutti in Europa e che ha messo sul tavolo l’unica proposta seria come i fatti stanno dimostrando. Il tetto massimo europeo al prezzo del gas russo non è stato messo per evitare il blocco delle forniture di gas da Putin, ma esattamente come aveva previsto Draghi i blocchi sono arrivati uguali solo che i prezzi sono saliti alle stelle

Resterà un mistero la stravaganza di alcuni partiti di avere voluto a tutti i costi anticipare elezioni e campagna elettorale per andarsi a prendere la grana di conquistare il timone della barca italiana nel pieno di una guerra che è diventata un conflitto di civiltà e si porta dietro un carico di problemi geopolitici, energetici, inflazionistici da fare impallidire tutte le grandi crisi internazionali che hanno segnato l’ultimo quindicennio e hanno già portato all’Italia due cicli recessivi e un rischio reale di default sovrano.

Resta una stravaganza anche per la semplice ragione che la formula dell’unità nazionale e l’indiscusso credito internazionale di chi è stato chiamato da Mattarella a guidare l’esecutivo del Paese si sono rivelati una combinazione di tale successo da consentire allo storico fanalino di coda della crescita europea, che è l’Italia, di diventarne la locomotiva nei due anni più difficili della storia europea. Fare gestire una roba così complicata sul piano globale, così poco controllabile, così imprevedibile, così direttamente influente sul gioco delle aspettative dei ceti produttivi, della fiducia dei consumatori e della capacità di attrazione dei capitali internazionali da chi, come Draghi, ha guidato con successo l’unico governo europeo esistente, che è quello della moneta, equivaleva a garantire una polizza assicurativa sul reddito a tutti gli italiani e ai partiti stessi affinché potessero tornare al pieno comando fuori dalle macerie della guerra di Putin.

Non è andata così ed è andata fin troppo bene che proprio il senso delle istituzioni di Draghi che segnerà la sua azione fino all’ultimo giorno del disbrigo dei cosiddetti affari correnti ha consentito ad oggi di evitare che la perdita del vantaggio che quel credito internazionale determinava nella rimozione dei vincoli interni non si sia tradotta in un boomerang di segno opposto e contrario con effetti devastanti su un tessuto produttivo che comincia a godere ora dei primi benefici del processo riformatore compiuto avviato.

Il punto è, però, che in un Paese che deve ancora capire fino in fondo che il suo interesse nazionale non coincide con l’isolazionismo ma con una sovranità europea condivisa, i problemi che vengono da fuori e riguardano essenzialmente i mercati e i ricatti energetici di Putin diventano inevitabili se qualcuno legge i sondaggi e decide che il cosiddetto potere o lo prende ora o non lo prende più e se ne frega di tutto il contesto internazionale che pesa sulla situazione italiana. Non funziona così e ci ritroviamo davanti a un settembre da fare tremare vene e polsi per la gravità dei problemi economici che abbiamo davanti e per l’effetto moltiplicatore di questi problemi che una campagna elettorale sgangherata può determinare. Allora su questo punto, vogliamo essere molto chiari: abbiamo un’economia che ha una posizione finanziaria netta verso l’estero seconda solo a quella tedesca e l’ipotesi di un fallimento sovrano italiano non è improbabile ma impossibile.

I problemi, però, ci sono oggettivamente e sono anche oggettivamente rivelanti perché facciamo i conti con pandemia, guerra in Europa, nuovo ordine mondiale da ridisegnare e, come sempre, l’affidabilità e la capacità di decidere della classe politica italiana saranno determinanti affinché si preservino quei tassi di crescita indispensabili per ridurre le diseguaglianze e stabilizzare il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo. I problemi con cui misurarsi sono essenzialmente due.

1) L’attacco ai titoli di stato italiani era ovvio, non c’è nulla di cui sorprendersi perché non si sa quale sarà la politica successiva e c’è grande attenzione in quanto l’economia è oggi tutta interdipendente.

Per cui la sola idea che ci sia un governo italiano che non vuole o semplicemente potrebbe non rispettare questa interdipendenza spaventa i mercati e, con molta più cautela che in passato, accende appetiti speculativi che andranno a testare a quota 250 di spread BTP-Bund che cosa farà la Bce. Staranno lì a vedere se attiverà o meno il nuovo scudo visto che sia pure in modo molto più contenuto la Bce sta continuando a reinvestire le scadenze tedesche sui titoli italiani. Mi ha molto colpito l’incontro che ho avuto qualche giorno fa con un imprenditore iberico e soprattutto una sua frase: io spagnolo so che il mio interesse coincide con l’interesse europeo e nessuno mi farà più cambiare idea, questa è la differenza tra Spagna e Italia che spinge i mercati a fare pagare di più a voi che a noi quando dovrebbe essere l’esatto contrario.

Esistono frange opposte anche da noi, ma sono contenute, lo spirito del Paese è questo, vince, non arretra perché lo spagnolo sa pensare bene al suo interesse. Noi siamo convinti che se la destra dovesse andare al governo rispetterà lo spirito europeo con ancora maggiore determinazione perché ha capito che il potere a cui aspira è vincolato a questo atteggiamento, ci piacerebbe molto che in un tempo relativamente ristretto le scelte europeiste fossero dettate da convinzione assoluta legata in modo indissolubile alla tutela dell’intesse nazionale, non a ragioni di stato di necessità. Dovremmo capire tutti o quasi, come hanno capito in Spagna, che l’ombrello europeo serve a noi prima di tutti, soprattutto quando fuori piove e rischia di grandinare.

2) Questo governo Draghi deve prendere provvedimenti di urgenza sul tema energetico in casa e deve avere pieno sostegno all’azione ancora più strategica che ha già intrapreso in Europa. I partiti la smettano di fare propaganda e dimostrino di avere un residuo di attenzione reale all’interesse nazionale evitando di chiedere l’impossibile che è lo scostamento di bilancio. Che è impossibile solo perché crea danni di gran lunga superiori ai vantaggi immediati che determinerebbe. Si concentrino piuttosto nel dare sostegno a un intervento che agisca anticipatamente sui maxi ingiustificati guadagni delle fonti rinnovabili predeterminando il prezzo elettrico in modo da sganciarlo da quello del gas e determinando un nuovo meccanismo di formazione del prezzo.

Si faccia tutto quello che si deve fare perché paghino la tassa sugli extraprofitti che non hanno pagato, ma si operi perché il nuovo meccanismo entri subito in vigore e impedisca queste aree di indebito, immorale accaparramento di utile da rendita che fa a pugni con la storia di oggi e principi minimi di equità in tempi di guerra. Non si trascuri nulla di quello che si può fare sui consumi perché è vero che i prezzi hanno già spinto a razionalizzare e tagliare nell’uso del gas, ma proprio sull’elettricità c’è ancora molto da fare e riguarda famiglie e imprese. Così come sulla base delle coperture possibili si dovrà fare un altro decreto aiuti che proroghi e amplii tutte le agevolazioni e rinnovi le scadenze connesse. La battaglia delle battaglie, però, sarà in Europa e qui i signori della politica che hanno deciso di staccare la spina a Draghi perché i sondaggi li davano vincenti devono sentire sulla loro pelle la pesantezza del danno arrecato ai loro elettori.

Perché in una trattativa europea così delicata non si indebolisce la posizione di un premier italiano che ha conquistato un ruolo guida riconosciuto da tutti in Europa e che ha messo sul tavolo l’unica proposta seria come i fatti si stanno incaricando di dimostrare, perché il tetto massimo europeo al prezzo del gas russo non è stato messo per evitare il blocco delle forniture di gas da Putin, ma esattamente come aveva previsto Draghi i blocchi sono arrivati uguali solo che i prezzi sono saliti alle stelle. Questa partita l’Europa ha tutte le condizioni per giocarla in attacco, non in difesa. La convocazione del vertice straordinario europeo dei ministri energetici è un punto a favore della proposta di Draghi.


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Francesco Ridolfi

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