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Nel Mezzogiorno abbiamo avuto i primi livelli essenziali di prestazione per la parificazione dei diritti di cittadinanza nel welfare per bambini e anziani, ma soprattutto abbiamo avuto il più clamoroso piano di investimenti che la storia repubblicana ricordi nel capitale umano, dall’edilizia scolastica all’università, nella rete ferroviaria veloce e in quella digitale ultra veloce, industria del mare, porti e retroporti. Abbiamo avuto assunzioni a raffica nella pubblica amministrazione centrale e, soprattutto, territoriale. Ciò di cui sarebbe utile discutere oggi è l’esigenza di mettere in campo una classe dirigente nuova, spiazzante rispetto al passato e totalmente all’altezza delle nuove sfide. Questa volta, per la prima volta, siamo in partita. Non ci hanno lasciato a bordo campo. Dobbiamo spingere perché si candidino i migliori o comunque scegliere all’interno dei candidati chi più rassicura sulla possibilità di dare al Mezzogiorno una classe dirigente politica e poi, ancora di più, di amministratori del territorio che siano capaci di fare tandem con il governo di Roma
I giornali del Mezzogiorno fanno a gara a ricordare che il tema non compare nel radar di questa campagna elettorale e, immancabilmente, segue l’elenco infinito di dimenticanze della politica di cui è costellata la nostra storia. A questa tentazione non ha resistito neppure qualcuno dei nostri illustri collaboratori. Voglio dire pubblicamente, mettendolo per iscritto, che sono in dissenso totale.
Perché questo tipo di ragionamento è vecchio e corroso nelle sue radici fondanti, ma soprattutto prescinde dalla realtà di un governo di unità nazionale guidato da Draghi che ha messo il Mezzogiorno con i fatti, non con le solite litigiose parole di un antico piagnisteo, al centro della politica economica nazionale e ne ha fatto il tratto qualificante della proposta di investimenti del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) finanziato con i soldi del debito comune europeo.
Non solo abbiamo avuto i primi livelli essenziali di prestazione per la parificazione dei diritti di cittadinanza nel welfare per bambini e anziani, ma soprattutto abbiamo avuto il più clamoroso piano di investimenti che la storia repubblicana ricordi nel capitale umano, dall’edilizia scolastica all’università, nella rete ferroviaria veloce e in quella digitale ultra veloce, industria del mare, porti e retroporti. Abbiamo avuto assunzioni a raffica nella pubblica amministrazione centrale e, soprattutto, territoriale con criteri nuovi di cui va reso onore al ministro Brunetta che ha tenuto a bada camerille e pressioni clientelari di ogni tipo.
Ci sono segnali evidentissimi che vengono dalla rinascita in atto a partire da Napoli che macina record su record – traffico passeggeri del suo aeroporto internazionale e arrivi soprattutto esteri di lunga durata – con un sindaco, Gaetano Manfredi, all’altezza della sfida e dal vitalismo delle sue università che sono naturalmente candidate alla leadership del Mediterraneo. Per non parlare di un impianto geopolitico messo a terra grazie all’intenso lavoro diplomatico dell’esecutivo Draghi e dei capi di Eni e Snam che fanno del nostro Mezzogiorno il Nord dell’Europa del futuro nei quattro focus strategici della logistica dell’energia, dell’industria del mare, del capitale umano e della ricerca, e delle grandi reti di trasporto ferroviario e digitale.
Questi sono i fatti. Questi sono gli impegni scritti nero su bianco in corso d’opera. Quando la solita associazione ambientalista ha fatto il solito ricorso al Tar contro la stazione di Bari dell’alta velocità ferroviaria Napoli-Bari ed è scattato il solito blocco del cantiere, grazie alla nuova governance del Pnrr voluta da Draghi il Consiglio di Stato ha potuto riaprire in tre giorni il cantiere bloccato e i lavori proseguono. Questo, non altro, è quello che è accaduto.
Allora parliamoci chiaro. Con il Pnrr siamo alla prova di maturità elettorale per vedere se la comunità meridionale ha capito dove sta il suo futuro che si gioca tutto nell’attuazione di questo colossale nuovo Piano Marshall e negli investimenti ad esso collegati del Piano nazionale complementare e di quelli ancora più importanti in arrivo dai capitali internazionali privati alla ricerca di una nuova destinazione dettata dalla nuova globalizzazione corta post guerra mondiale a pezzetti e nuove tensioni in Estremo Oriente.
Questa è la sfida capitale delle donne e degli uomini del Mezzogiorno e non si gioca nella scelta dei nuovi clientes del solito sottogoverno che sono quelli che da sempre hanno fregato il Mezzogiorno. Con il Pnrr e con la nuova pubblica amministrazione finalmente si può ragionare in termini di sviluppo e di investimenti. Ciò di cui sarebbe utile discutere oggi è l’esigenza di mettere in campo una classe dirigente nuova spiazzante rispetto al passato e totalmente all’altezza delle nuove sfide che si hanno davanti sui temi decisivi che abbiamo appena citato. Questa volta, per la prima volta, siamo in partita. Non ci hanno lasciato a bordo campo.
Dobbiamo spingere perché si candidino i migliori o comunque scegliere all’interno dei candidati chi più rassicura sulla possibilità di dare al Mezzogiorno una classe dirigente politica e poi, ancora di più, di amministratori del territorio che siano capaci di fare tandem con il governo di Roma. Per fare più o meno quello che hanno saputo fare benissimo nell’interesse delle loro comunità Zaia e Bonaccini in Veneto e in Emilia-Romagna. Entrambi hanno saputo dialogare sempre fruttuosamente con Roma indipendentemente dallo schieramento politico di chi governa.
Oggi, non domani, ci sono i fondi europei. Oggi, non domani, bisogna mettere a frutto il capitale umano di talento del Mezzogiorno e quello internazionale in arrivo combinandoli con la patrimonializzazione di una pubblica amministrazione che cambia teste e procedure e con il vantaggio competitivo della storia che combatte a nostro favore. Perché il nuovo quadro geopolitico mondiale e il nuovo ordine internazionale si muovono sulla direttrice sud-nord e l’interesse del Mezzogiorno di oggi coincide con l’interesse dell’Italia e della nuova Europa.
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