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Si muove e continuerà a muoversi fino al 25 settembre. Ai sondaggi si dice sempre meno la verità. Che cosa succederà nello scenario internazionale non lo sa nessuno. Nulla si può escludere e le ricadute interne saranno inevitabili. È ovvio che queste elezioni politiche italiane che assomigliano sempre di più a quelle del ’48 avvengono in un contesto dove è inevitabilmente destinata a muoversi la faglia aperta da una formazione neocentrista liberale. Soprattutto perché è dichiaratamente al di fuori degli schieramenti bipolari che hanno al loro interno anime centriste e/o modernizzatrici in subbuglio mimetizzato rispetto alle ale estreme di sinistra e di destra. Capiremo solo dall’urna se l’anima profonda del Paese ha voglia di seguire questo percorso e di affrancarsi dal ricatto bipolare populista dove la colla di tutto è l’incapacità di affrontare i problemi e di decidere.
È una faglia che si muove e che continuerà a muoversi fino al 25 settembre. Ai sondaggi si dice sempre meno la verità. Che cosa succederà nello scenario internazionale non lo sa nessuno. Nulla si può escludere. Siamo in mezzo a una guerra mondiale a pezzetti e a una tensione crescente in Estremo Oriente. Può arrivare una bomba sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, ovviamente crediamo che non avverrà, ma i raid russi sono aumentati. Resta la miccia accesa della Cina su Taiwan e su quello che rappresenta.
Che cosa accadrà sulle forniture russe di gas e su quelle di grano ucraino rimane almeno un punto interrogativo. Il mondo è alle prese con gli shock inflazionistici, energetici, monetari e recessivi per cui tutto si complica e, se non altro, il tasso di incertezza geopolitica permane elevatissimo. Èovvio che in queste elezioni politiche italiane che assomigliano sempre di più al ’48 quando, solo per memoria storica, il colpo di Stato in Cecoslovacchia fece perdere un sacco di voti al Pci per cui fu gioco facile dire “vedete che cosa vi succede se votate la sinistra”, avvengono in un contesto dove è inevitabilmente destinata a muoversi la faglia aperta da una formazione neocentrista liberale.
Soprattutto perché è dichiaratamente al di fuori degli schieramenti bipolari che hanno al loro interno anime centriste e/o modernizzatrici in subbuglio mimetizzato rispetto alle ale estreme di sinistra e di destra. Questa faglia è destinata a muoversi. Suscita reazioni convergenti di derisione che denotano preoccupazione, a volte addirittura paura da parte dei due schieramenti bipolari contrapposti. Questa è la realtà. Sono tutti nervosi. Perché tutti pensano di governare questa fase senza avere il coraggio di prendere atto che in realtà non la governa nessuno.
Devono rassegnarsi a questa idea che siamo davanti a una fase nuova che non governa nessuno, che a dispetto delle sicurezze di troppi non si sa come finirà. Perché tutto è appeso al 50% dei non votanti e, cioè, di quelli che non hanno dichiarato il voto o che tradizionalmente votano centrodestra e sono perplessi, molto perplessi, se non furibondi, per ciò che è accaduto: la più vigliacca delle azioni politiche a memoria degli ultimi venti anni messa in atto da tre partiti – Cinque stelle, Forza Italia, Lega – che sono riusciti senza metterci la faccia dei leader a fare cadere un governo che piaceva al mondo produttivo e alle famiglie italiane e aveva un riconoscimento internazionale mai avuto prima.
La domanda di questa campagna elettorale è quanti di questi sono favorevoli alla svolta del terzo polo o favorevoli al centrodestra. C’è, poi, una seconda domanda altrettanto importante: quanti di quelli che hanno votato centrosinistra sono disamorati da un Pd che non ha scelto tra la componente post comunista e quella post democristiana, nonostante uomini forti del territorio come Bonaccini che vengono dalla storia della sinistra spingessero per una scelta chiara di modernizzazione all’altezza della sfida dei tempi.
Come peraltro ha già in parte fatto proprio in Emilia- Romagna. Per la prima volta nessuno ragionevolmente sa dove finirà questo voto moderato. Tutto è sospeso per aria e assistiamo al teatro dei pupi in cui ogni partito prova a salvare quello che può salvare della sua nomenclatura e a raccogliere un po’ di figurine da sventolare come si faceva una volta con le “madonne pellegrine”.
Anche questo è un segnale chiarissimo della estrema volatilità del momento e della insicurezza generale. C’è una situazione di tale volatilità che possono succedere tre cose.
Scenario uno: il centrodestra non stravince e diventa subito a forte tentazione di dissolvimento.
Scenario due: il centrodestra stravince e allora la coalizione tiene per un po’, poi le contraddizioni interne esplodono e il contesto di rallentamento dell’economia mondiale e la delicatezza del quadro geopolitico moltiplicano le lacerazioni.
Terzo scenario: i cespugli centristi, Lega e Forza Italia della coalizione di centrodestra pagano un conto elettorale troppo salato a causa della valanga Meloni e dell’esautoramento di voti subito dalla fuga verso il centro, allora il quadro cambia subito perché la vittoria sarà di una e di nessuno nello stesso campo; sotto il “ricatto” obbligato di fare la legge di bilancio più difficile degli ultimi dieci anni, non si potrà rifare un governo di unità nazionale, ma sarà inevitabile farne almeno un altro di larghe coalizioni con donne e uomini all’altezza del compito gravosissimo da svolgere.
In questo terzo scenario assolutamente inedito il Pd si spacca all’istante e la sua componente moderata sarà di certo della partita del governo di larghe coalizioni. Perché in questo scenario la destra moderata sopravvissuta e la sinistra moderata stanno insieme con il nuovo centro e avviano al loro interno processi chiarificatori come quello inevitabile del Pd con la scelta di leadership differenti per realizzare progetti differenti. Il Paese ritrova la sua stabilità e ha inevitabilmente bisogno del suo grande timoniere che è naturalmente Mario Draghi e, qualora non fosse possibile, chi meglio ne ricalcherà lo standing internazionale e il metodo di governo realizzativo.
Perché il nuovo centro di Calenda- Renzi è legittimato se non altro a tentare di determinare questo salutare terremoto nella politica italiana all’insegna del recupero della competenza, della stabilità e della governabilità? Per due ragioni essenzialmente. La prima riguarda Renzi che è sempre riuscito a mantenere un ruolo da protagonista a dispetto di tutto e di tutti. Questa forza è indubitabile. Calenda è riuscito a creare un’immagine e una figura come ha dimostrato il caso di Roma che ha seguito. Si tratta di vedere se entrambi faranno davvero sul serio e se Calenda reggerà una prova nazionale.
Con tutti i problemi che ha questo Paese quello che ci interessa di meno è indagare sui loro caratteri che peraltro conosciamo molto bene per indulgere al solito giochetto sporco del teatrino populista mediatico-politico che condanna i nostri figli migliori a lasciare il loro Paese. Dobbiamo uscire da questo circolo vizioso. Capiremo solo dall’urna se l’anima profonda dell’Italia ha voglia di seguire questo percorso e di affrancarsi dal ricatto bipolare populista dove la colla di tutto è l’incapacità di affrontare i problemi e di decidere.
Non abbiamo parlato dei Cinque stelle che, ai nastri di partenza, sono il quarto polo. Perché riteniamo, ovviamente possiamo sbagliarci, che quella stagione sia finita. Gli italiani li hanno visti all’opera e li hanno giudicati. Molti continuano a parlare del granaio elettorale pentastellato del Mezzogiorno e anche qui ci permettiamo di dissentire. Perché l’onda di questo voto popolare storicamente asseconda l’onda del vincitore che, questa volta, non è più il movimento grillino ma la Destra della Meloni.
È un’onda così forte che travolge tutto. Ovviamente parleranno le urne anche in questo caso e Conte di certo non si risparmierà, però il rischio concreto che il successo si dissolva come neve al sole è reale. Anche perché chi ha preso il reddito di cittadinanza non fa un ragionamento di tipo razionale che investe sulla politica, giusto o sbagliato che sia, tendenzialmente è alla ricerca di una nuova cassa dove bussare a soldi e di nuovi cassieri dai quali riscuotere.
Purtroppo, va così. Perché certi percorsi quando deviano dal sacrosanto sostegno a chi non ha niente verso il nuovo assistenzialismo a chi ha già, producono questi risultati che fanno solo indietreggiare il Paese e non favoriscono la riunificazione produttiva delle due Italie.
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