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Attenzione a trasferire il quadro nero di debiti prodotto dalle distorsioni italiche da superbonus e dintorni sismici in un quadro nero di economia perché si sbaglierebbe di grosso. Il gioco del capro espiatorio appartiene alla cattiva politica, alla cattiva giustizia e alla cattiva impresa. I fatti sono che i bonus nel breve hanno tutelato investimenti privati e potere d’acquisto delle famiglie. Ora corrono gli investimenti pubblici da Pnrr e i nuovi crediti di imposta mettono le ali alle imprese esportatrici di Nord e Sud che producono l’invidiatissimo attivo con l’estero italiano. Spagnoli e francesi se lo sognano. La Germania è in caduta libera su tutto.

L’ECONOMIA italiana non sta andando male. Ha sulla sua strada un macigno di trenta miliardi l’anno che è il frutto avvelenato di sconto in fattura e cessione di crediti di imposta che hanno prodotto la moneta fiscale con la quale non si sono aumentati i lavori ma le truffe e i debiti. Il gioco tipicamente italiano della ricerca del capro espiatorio appartiene alle vergogne dietro le quali si nascondono da sempre la cattiva politica, la cattiva giustizia e la cattiva imprenditoria di questo Paese.

È un fatto, tuttavia, che il primo allarme dato quando la spesa dai 30 previsti di superbonus e affini era volata a 70 miliardi è rimasto inascoltato e l’obbrobrio è cresciuto di mese in mese e ha contagiato anche il bonus sismico con gli stessi timbri distorsivi che avevano caratterizzato la filiera dei bonus edilizi. Ora non si scherza più, il rubinetto è chiuso e soprattutto il controllo scatta preventivamente. Attenzione, però, a trasferire il quadro nero della finanza pubblica da distorsioni italiche da superbonus e dintorni in un quadro nero di economia italiana perché si sbaglierebbe non di poco, ma davvero di grosso. Prima di tutto lo stimolo di Superbonus, bonus edilizi e sisma bonus ha prodotto il disastro della finanza pubblica italiana, non produce effetti nel lungo termine, ma nel breve e nel medio ha contribuito a far funzionare l’economia alimentando investimenti privati, reddito e potere di acquisto delle famiglie.

Seconda cosa, nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) le cose stanno andando benino, nettamente meglio del previsto, e probabilmente quando si andranno a vedere i pagamenti e, cioè, le spese effettive, le sorprese saranno davvero strabilianti per le cassandre di casa nostra in servizio permanente effettivo. Terza cosa, il disastro della tradizionale incapacità di spendere italiana è stato aggirato con un colpo di maestro dal ministro Fitto rivedendo quel Pnrr che tutti dicevano che non si poteva rivedere perché avremmo perso i soldi europei. Invece non solo lo abbiamo rivisto con il plauso della Commissione europea, ma abbiamo tirato fuori oltre sei miliardi di finanziamento alle imprese con i nuovi crediti di imposta di industria 5.0 che sono già partiti e andranno via con la velocità della luce fabbricando Pil e nuova occupazione. È stata fatta una vera e propria giravolta, che unita ai cantieri tutti aggiudicati e, quindi, in apertura, permetterà di superare i livelli di spesa degli spagnoli che hanno fatto gli splendidi in questo ultimo anno semplicemente copiando il modello italiano di sostegno alle imprese che invece funziona con grande successo dal 2015. Questa riconfigurazione ha turato le falle aperte nella programmazione della spesa del Pnrr aperte dai governi precedenti e non era affatto scontato realizzare tale itinerario che vale più delle rate incassate perché garantisce Pil da spesa effettiva che è da sempre il nostro tallone di Achille.

Quarta cosa, da quando il governo Monti fece la manovra che ammazzò la congiuntura italiana da non confondersi con la riforma delle pensioni e la patrimoniale che salvarono l’Italia dal baratro, si è fatta una politica salariale che li ha aumentati di una frazione di quelli tedeschi e questo fattore unito alla forte innovazione di processo e di prodotto e a un modello organizzativo flessibile fa sì che le nostre imprese sono più competitive e le famiglie continuano a spendere. Soffrono i fornitori di prodotti intermedi per la Germania che è ormai in recessione strutturale, ma complessivamente l’unicum del sistema italiano ha permesso di realizzare un avanzo di competitività di parte corrente producendo più risparmio di quello che abbiamo, già elevato, e di produrre una invidiatissima posizione finanziaria netta positiva di 120/130 miliardi.

Siamo un Paese creditore e, quindi, siamo noi a dare i soldi all’estero perché abbiamo più risparmio e facciamo più investimenti. Quando hai una posizione finanziaria netta positiva, vuol dire che hai uno stock di più attività che passività e sei un Paese che produce questo avanzo corrente che è l’esatto opposto rispetto a quanto ci si aspettava che accadesse un anno fa. Giorgetti non fa nulla di sensazionale, obietteranno i denigratori di parte, ma tiene la barra dritta e non fa pazzie. La stagione delle follie di Salvini e delle acrobazie demagogiche dei Borghi e dei Bagnai è sparita. Sono finiti tutti in un angolo. La Meloni si è piazzata bene in Europa e ha la fiducia degli investitori globali. Se riesce a liberarsi di chi non è in grado di tenere il passo e ad attuare fino in fondo la virata della scommessa, che è già realtà, del nuovo Mezzogiorno tra Piano Mattei europeo, hub energetico del Mediterraneo, i primati inaspettati della manifattura e del digitale, allora la barca italiana non solo è salva ma attraversa più forte e veloce delle altre imbarcazioni europee i mari perigliosi della grande guerra globale.

L’ultima conferma è arrivata ieri dall’indice Hcob Pmi del Made in Italy di marzo che ha raggiunto quota 50,4 punti con più ordini, più occupati e più produzione contro una media dell’eurozona che segna un indice di 46,1 punti in calo rispetto al 46,5 di febbraio con Germania e Francia in caduta libera. Questa Europa capovolta con Italia e Spagna in testa è una realtà di cui prendere atto.


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