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Si fatica a comprendere che il momento magico dei nostri titoli pubblici è il prodotto del miracolo economico italiano che gli investitori globali hanno scoperto e gli analisti di casa nostra no. Non lo hanno visto prima e lo sommergono di enigma e misteri ora che il mondo intero lo segnala. Abbiamo recuperato con Spagna e Francia che non meritano un giudizio migliore del nostro, ma andiamo bene con tutti perché siamo i soli in controtendenza. I rendimenti degli altri o salgono o scendono meno di noi. Il muro sta cadendo. Perché il mondo ha capito che l’Italia sta meglio di quello che i media italiani raccontano e ha un potenziale importante legato a Pnrr e riforme.
L’Italia che non ti aspetti. C’è la crescita, ma ci sono gli enigmi. Il debito italiano va alla grande sui mercati e c’è ovviamente un mistero da spiegare. Sono tutti sorpresi. Perché hanno oscurato da anni il racconto della realtà e fanno fatica a comprendere che il momento magico dei titoli italiani è semplicemente il prodotto del secondo miracolo economico della Repubblica che ostinatamente tutti, con un paio di eccezioni, hanno voluto ignorare e continuano a farlo.
Gli investitori globali hanno deciso di scommettere sull’Italia perché da fanalino di coda è diventata locomotiva dell’Europa. Perché mostra una tenuta complessiva fatta di esportazioni, turismo, servizi, consumi e maggiore omogeneità territoriale del passato nei tassi di sviluppo e di riduzione delle diseguaglianze. Perché paga un premio sui titoli che, in una situazione di relativa tranquillità con inflazione calante e tassi che si avviano a scendere, determina uno sguardo molto ottimista di apertura sui nostri BTp in qualunque tipo di emissione e in qualunque tipo di scadenza.
L’ultimo caso è stato il BTp indicizzato all’inflazione europea a dieci anni che ha avuto una domanda di 45 miliardi su un collocamento di 5 realizzando la più alta performance della storia italiana e europea con l’80% di investitori che arriva dall’estero e sono tutti non speculativi tipo fondi pensione da Asia, Francia, Regno Unito, Spagna. La lezione di questi primi tre mesi del 2024 è quella di un record su record qualunque cosa si collochi sui mercati. Abbiamo messo a segno il record del BTp retail da 19 e passa miliardi che è il record di sempre tra le offerte di sempre rivolte al pubblico domestico.
A gennaio avevamo fatto il record di sempre con un collocamento sindacato di titoli a sette e trenta anni totalizzando oltre i 100 miliardi di domanda. Tutto questo ben di Dio sta avvenendo in un anno con il più elevato livello di emissioni prodotto da un fabbisogno alto e una gobba di scadenze da 265 miliardi su un programma di emissioni che arriverebbe a 390 miliardi ma si ferma a 340/360 grazie all’entrata delle rate del Pnrr. A tutto ciò si deve poi aggiungere il breve termine, con Bot e Ctz per la gestione della cassa, che vale intorno ai 150 miliardi e porta il totale annuo a quota 510 miliardi. Per capirci, a metà marzo abbiamo già fatto un terzo del programma annuale di funding mentre nello stesso periodo l’anno scorso eravamo vicini a un quarto. Questo succede, di certo, perché hai una condizione generale di calma piatta che si coniuga con un premio di rendimento appetibile tanto più perché viene accordato in assenza di rischio.
È proprio qui, però, che si vedono le sorprese migliori che non possono non nascere da quello che molti degli investitori globali hanno più volte dichiarato di recente nelle riunioni a porte chiuse in questa o quella grande banca italiana: la vostra economia è forte, resiliente, ha reagito molto meglio delle altre al Covid, consolida in controtendenza le sue posizioni di export sui mercati esteri benché in generale contrazione e preserva un avanzo che Francia e Spagna non hanno.
Le sorprese migliori sono che questo premio, che è comunque nettamente migliore di un anno fa, esprime bonaccia e ci ha consentito di portare fieno in cascina, ma soprattutto che anche se il premio continua a persistere comincia ora finalmente a contrarsi del 20/30% rispetto a Francia e Spagna. Oggi lo spread con la Spagna è a 80 punti, fino a febbraio era a 100, a metà ottobre era a 114. Con la Francia dai massimi di ottobre di 62 punti è sceso ai 43 attuali. Siamo arrivati a una riduzione dei rendimenti tra il 20 e il 30% nei differenziali con due Paesi che non meritano un giudizio migliore del nostro.
Tale miglioramento riguarda l’Italia nei rapporti non solo con questi Paesi ma con tutti perché siamo i soli ad andare in controtendenza, i rendimenti degli altri o salgono o scendono meno di noi. Il muro, insomma, sta cadendo. Perché il mondo ha capito che l’Italia sta messa molto meglio di quello che i media italiani raccontano e, soprattutto, ha un potenziale inespresso importante legato a Pnrr e riforme. Ci stiamo giocando alla grande la carta dei cantieri dove l’unica insidia vera non è più l’assenza di manodopera di basso livello che è stata liberata dalla fine del ciclo drogato dell’edilizia residenziale, ma da una difficoltà a reperire ingegneri qualificati e ad avere nei tempi preventivati i macchinari ordinati. Noi abbiamo queste due insidie, ma anche l’asso nella manica, che è il combinato disposto di cantieri, riforme e sostegni alle imprese contenuto nel Pnrr, che di queste dimensioni abbiamo solo noi. In Europa lo sanno, i nostri previsori fanno finta di non capire. In materia sono dei veri e propri specialisti.
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