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Il ministro per l'Economia Giancarlo Giorgetti

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Il primo errore è il Superbonus con una eredità di oltre 100 miliardi di debiti che cresce e spaventa tedeschi e italiani. Si rischia il ruzzolone per i suoi effetti radioattivi. Il secondo è il no al Mes, capacità di liquidità da 80 a 160 miliardi. Credit Suisse si è salvata con 200 miliardi di franchi svizzeri. Se toccasse a Deutsche Bank potrebbero salvarla solo i tedeschi con il loro bilancio. Con il nostro no rischiamo che spagnoli, belgi, Paesi dell’Est si stringono intorno al nocciolo duro franco-tedesco e l’Italia è attaccata, perde poltrone, e non ha candidati per le nomine internazionali incluso lo stesso Mes. Basta con il giochetto di scaricare sui tecnici le colpe della politica che usa il bilancio pubblico e l’Europa per comprare voti non per sostenere famiglie e imprese.

LA DOMANDA interna italiana si mantiene a livelli accettabili perché le imprese si adattano. Abbiamo una struttura produttiva molto flessibile e che ha investito in robotizzazione dei processi e innovazione dei prodotti. Sui salari il nostro costo del lavoro resta molto competitivo, anche se diversificato con premi e incentivazioni su misura solo italiani, e unito al vantaggio tecnologico fortemente incentivato nell’organizzazione produttiva, contribuisce a fare in modo che le imprese possano tenere prezzi concorrenziali in casa e fuori. Questo è sufficiente a fare crescere ancora il Paese con un po’ di crescita endogena sommata alla dinamicità delle esportazioni. Su questa ostinata resilienza dell’economia italiana che assume ormai tratti strutturali pesa un doppio rischio politico italiano ancora gestibile, ma insidioso, e quindi da risolvere presto con efficacia.

Il primo è quello di stare fuori in modo così evidente quanto sorprendente dalla discussione europea per cui oltre a leccarci le ferite sul nuovo Patto continuiamo a fare pasticci anche sul meccanismo europeo di stabilità (Mes). Chiariamo subito di che cosa stiamo parlando. Si fa la ratifica, la hanno fatta tutti i Paesi europei, per raddoppiare la capacità di liquidità da 80 a 160 miliardi. Poca roba. Per salvare Credit Suisse, nell’ambiente più nota come Debit Suisse, sono stati necessari 200 miliardi di franchi svizzeri. Se ci fosse davvero da salvare, come si sente dire, la Deutsche Bank, servirebbe molto di più e se la salvano ovviamente i tedeschi da soli con il loro bilancio. Perché nessuno potrebbe permettersi di credere di fare diversamente dopo tutti gli allarmi che si sono susseguiti dalla stagione dei subprime, i cattivi derivati, fino a oggi e per l’entità delle eventuali somme in gioco. Morale: il primo rischio serio è che le litanie politiche italiane sull’Europa alla Borghi e alla Bagnai fanno molto male alla nostra economia. Prima i due, per capirci, non volevano il Fondo salva stati perché non volevano la Troika, demagogia pura, ora dicono che non vogliono il Mes perché non vogliono salvare le banche tedesche. Demagogia su demagogia, a cui si dovrebbe semplicemente obiettare: ma non era previsto il ruolo del Parlamento? Sì o no? La risposta è sì, allora prevedilo e falla finita; in un Paese serio dove il governo ha già detto sì, peraltro guidato dallo stesso che oggi strepita, il Mes lo si ratifica e si aggiunge che senza un nuovo voto del Parlamento non lo si utilizza. Invece no, per recuperare, forse, quattro voti alle elezioni europee ci si inventa una balla e è costretta a cavalcarla perfino la Meloni che non può perdere la faccia in casa senza neppure accorgersi che tutti insieme stanno lavorando solo per Conte e i Cinque Stelle che quando erano al governo avevano già detto sì.

L’Italia dovrebbe invece chiudere subito il capitolo e recuperare la centralità che aveva già acquisito in Europa proprio con la Meloni sui grandi dossier che sono Pnrr, migranti, bilancio. Se continua così, gli spagnoli, i belgi, i Paesi dell’est si stringono sempre più intorno al nocciolo duro franco-tedesco e l’Italia piano piano finisce sempre più attaccata, perde poltrone, viene messa in un angolo, e sempre di più non è in grado di tirare fuori dei candidati per tutte le possibili nomine internazionali incluso lo stesso Mes dopo avere già perso con umiliazione, a favore degli spagnoli, la partita della Bei. Ognuno dei politici italiani governante di turno pensa solo a se stesso, non ha idea del beneficio collettivo che si ricava se hai persone credibili per posti credibili, donna o uomo che sia. Bene ha fatto Panetta a scegliere per il board della Banca d’Italia Chiara Scotti pescando dalla Federal Reserve perché aumenta la quota di internazionalizzazione della Banca d’Italia e allarga l’area di nomi italiani spendibili a livello internazionale.

Veniamo ora al secondo rischio sempre di provenienza politica che pesa non poco sulla crescita italiana e rischia di bloccare la resilienza della sua economia che ci è invidiata in tutto il mondo mentre noi siamo solo capaci di sparlarci addosso facendoci del male. Ci riferiamo alla vicenda del Superbonus e al giochetto sporco della politica di fare cadere sui tecnici responsabilità che sono della politica. Dove erano, ci chiediamo, governo e parlamento che erano quelli che decidevano, il governo Conte 2 con l’appoggio anche di Forza Italia, quando la stessa Banca d’Italia si permetteva di chiedere di fare bene i conti? Quando faceva obiezioni, chiedeva di fare bene le addizioni, e tutti si giravano dall’altra parte? Come si può pensare che fossero queste strutture tecniche a contrastare decisioni politiche con un ministro dell’economia Gualtieri che rispondeva a Bankitalia con frasi tipo: tanto il superbonus dura poco oppure diamo la spinta all’economia legata alla pandemia oppure o la diamo ora o mai più.

Altro che spinta legata alla pandemia, siamo davanti a uno spintone e tra poco si ruzzolava di sotto tutti e per sempre. Tutto il mondo aveva paura e ora si riconosce che la spesa pubblica in America è stata eccessiva, non che non si dovesse spendere molto di più, ma i danni sull’inflazione che abbiamo pagato anche noi grazie a altri errori monetari europei comunque ci sono stati. Per quanto riguarda, più specificamente l’Italia, se non fossero arrivati governanti che si vuole, sbagliando, ostinatamente chiamare tecnici, e se questi nuovi governanti che hanno la stima del mondo non ci avessero tirato fuori prima degli altri dalla pandemia rovesciando l’effetto restrizione e facendo partire alla grande l’economia, le addizioni sbagliate della politica ci avrebbero buttato giù per sempre. Questa è la pura verità, e bisogna cominciare a dirlo, perché la demagogia appartiene alla politica, e ha la sua sintesi nel motto “tanto paga Pantalone” che è lo stesso del reddito di cittadinanza, misura in sé sacrosanta, ma che è stata concepita in modo che portasse i voti prima del sostentamento dovuto a chi ha fame o ha poco o nulla.

Questa politica della logica che si sintetizza in una sola parola – gratuitamente – è il secondo grande rischio politico che grava sulla resilienza competitiva della nostra economia sul mercato interno di consumi e investimenti e sui mercati del mondo dove i nostri prodotti continuano a correre. Per cui la cosa davvero più cretina è il giochetto della politica, vecchia e nuova, di scaricare sui tecnici le colpe che sono della politica che usa il bilancio pubblico per comprare voti, non per sostenere famiglie e imprese. Se non si pone in fretta rimedio al primo grosso errore di oggi, che è il Mes, e a quello ancora più grosso di ieri, che è il Superbonus e la sua eredità di oltre 100 miliardi che aumenta di mese in mese e spaventa non solo i tedeschi ma anche gli italiani, il finale europeo della storia è scontato. Noi contiamo poco, l’Europa non conta niente. Bisogna riconoscere che Giorgetti, in audizione ieri alla Camera, ha usato parole di verità non nascondendo i problemi, non svicolando dai punti critici di nuovo Patto e Mes, difendendo la legge di bilancio, ma soprattutto invitando tutti a rendersi finalmente conto che il problema dei problemi italiano è il suo gigantesco debito pubblico. Che gli effetti radioattivi del Superbonus parlano da soli e, soprattutto, che per tutte le forze politiche italiane è arrivato il momento di fare i conti con la realtà. Perché la stagione dei tassi a zero è finita e non può tornare. Evitiamo almeno di nasconderci dietro la solita foglia di fico della demagogia. Soprattutto cominciamo a distinguere le persone serie dai cantastorie. Sarebbe già un bel passo avanti per cominciare con il piede giusto il 2024.


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Alessandro Chiappetta

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