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In asta il rendimento dei BoT semestrali supera il massimo del 2011, spread e Btp ogni giorno aumentano. Indicano che è il debito italiano la spada di Damocle politica che pende sulla testa dell’esecutivo, non le chiacchiere da bar di Salvini. Il mondo che paga i nostri stipendi pubblici guarda la lenta riduzione del debito/Pil (140,1% nel 2024, 139,6% nel 2026) spaventato da superbonus, pensioni e spesa per gli interessi. Il rumore italiano delle fake news si inventerà complotti, ma per evitare un nuovo 2011 Giorgia Meloni faccia la nuova Thatcher attuando le riforme concordate in Europa e la spending review che non ha mai fatto nessuno

La domanda di oggi dei mercati internazionali è una sola: il debito pubblico italiano in rapporto al Pil l’anno prossimo scende o no? La prima risposta d’istinto è: boh! La seconda risposta, un pochino più ragionata, che si danno alla stessa domanda, è un’altra: verosimilmente il debito-Pil l’anno prossimo sarà solo marginalmente più basso di quello di quest’anno. D’altro canto il numerino (140,1%) indicato dal governo Meloni nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) per il 2024 e quello del 139,6% per il 2026 confermano un percorso obbligato di lenta riduzione causa Superbonus.

Per chi compra i nostri titoli i numeri sotto osservazione sono soprattutto il debito e il deficit definitivo 2024 programmatico, ma è evidente che il giudizio resta in partenza controverso perché il quadro generale è controverso e perché i dubbi sull’Italia nel percorso di rientro dal debito non sono più aboliti a priori. Questi due elementi combinati alimentano l’incertezza sull’Italia. Bisogna che su questo punto ci chiariamo subito perché è il modo migliore affinché le consapevolezze alla guida complessiva del governo e dell’economia siano radicate, forti e contagiose. Altrimenti siamo spacciati in partenza.

Questo è il problema serio che ha l’Italia. Perché i mercati vanno male di loro, ma da noi sono tre mesi che lo spread sale ogni giorno un pochettino toccando ieri i 195 punti, il rendimento del Btp decennale ha raggiunto il 4,77% e viaggia verso quota 5%. C’è dell’altro perché, cosa molto più allarmante sottovalutata da tutti, si hanno in asta le sorprese più negative. Anche se ovviamente influenzate dai nuovi riferimenti di base della Bce. Qualche giorno fa segnalammo in assoluta solitudine che il rendimento del titolo triennale italiano aveva eguagliato il record del 2012, oggi ci tocca sottolineare che il Tesoro ha emesso ieri 6,5 miliardi di BoT a 6 mesi con scadenza marzo 2024 spuntando un rendimento che aggiorna i massimi toccati dal novembre 2011.

Parliamo di un mese e di un anno che solo evocarli significa fare correre brividi gelidi lungo la schiena perché sono i giorni di massimo rischio di default sovrano per i titoli della nostra Repubblica. Questo, non altri, è il problema serio italiano di oggi perché sui mercati il clima generale non è buono, tira una brutta aria.

Perché la Federal Reserve lancia segnali preoccupanti e tutti hanno capito che i tassi della Bce resteranno alti a lungo se loro stessi hanno spostato il target dell’inflazione del 2% al terzo trimestre del 2025 quindi molto in là e, per di più, tutti aggiungono che è una penosa bugia. La cosa che deve preoccupare davvero chi guida questo governo oggi è una sola: che cosa serve per placare i mercati prima del giudizio sul rating italiano di Standard & Poor’s previsto per il 20 ottobre e, a seguire, di quello di tutti gli altri, con l’incognita più pericolosa che riguarda Moody’s? Qualche ritocco al ribasso sull’Italia soprattutto nel caso in cui siamo solo un livello sopra la spazzatura significherebbe che la tempesta perfetta si è attuata.

Per capirci, senza che la situazione peggiori, ad oggi dobbiamo fronteggiare una spesa per interessi di 100 miliardi contro gli 85 previsti dal Def. Ci permettiamo di sottolineare che con i tassi alti a lungo termine per un Paese superindebitato come il nostro le acque non sono tranquille. Ci permettiamo di sottolineare che i ripetuti segnali di allarme che vengono dalle aste che indicano rendimenti che riflettono quelli del 2012 e, addirittura, del 2011 cumulati alla crescita costante di spread e BTp, indicano una sola cosa. Il debito pubblico italiano è la vera spada di Damocle politica che pende sulla testa del governo Meloni perché i mercati, i rendimenti alle stelle e i rating delle compagnie internazionali, non sono le chiacchiere da bar di Salvini.

Non basta che si faccia una Nadef che prevede una manovrina sotto i 25 miliardi perché la spada non tagli la vita di questo esecutivo. Nonostante la vigilia elettorale europea le chiacchiere elettorali stanno a zero perché ciò che osserva il mondo che paga i nostri stipendi pubblici è la riduzione del debito rispetto al Pil e sa che si deve misurare con tre macigni che sono gli effetti del superbonus, le pensioni e la spesa per gli interessi.

Quando succederà il patatrac ovviamente il dibattito del rumore italiano, che ha il primato europeo delle fake news, si inventerà nuovi complotti interni o, meglio ancora, internazionali. Per evitarlo Giorgia Meloni si metta a capo chino con i suoi ministri migliori per attuare il programma di riforme concordato in Europa. Faccia la Thatcher attuando la spending review che non ha attuato mai nessuno, non molli sul riassetto della macchina per gli investimenti, e liberalizzi questo Paese ovunque può. A partire dalle rendite più smaccate e evidenti che sono quelle di tassisti, balneari e partite Iva mascherate. Soprattutto lo faccia dichiarandolo, mostrando visione e determinazione. La stessa che ha dimostrato nei primi sei mesi in Europa e in politica estera confermando all’Italia il peso che merita.


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