Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti
4 minuti per la letturaIn questi giorni bollenti ci si balocca con le battaglie di parole su fisco, salario minimo e carne coltivata, la fredda realtà ricorda che è in arrivo l’autunno della verità per i conti pubblici italiani. Bisogna trovare 30 miliardi e non ci sono spazi per soddisfare gli appetiti del dibattito della finzione aggravato dalle elezioni europee. Anche se l’economia continuerà a sorprendere l’orizzonte della legislatura priva Meloni e Giorgetti della leva della politica economica. Si agisca subito su tassisti e balneari e si sostenga l’azione di Fitto per mantenere invariati i saldi delle due rate del 2023 e avere una macchina esecutiva che operi stabilmente con efficacia. Solo questa visione di progetto Paese che parte dal Mediterraneo assicura investimenti e ribalta i vincoli esterni e interni.
Avevamo avvisato tutti un paio di settimane fa provando a rompere il rumore del nulla che copre i temi veri per l’economia e la vita degli italiani in una spirale di polemichette quotidiane che fanno parte della malattia del Paese. Avevamo titolato: “La bomba a orologeria della legge di bilancio“. Specificammo allora che a situazione invariata servivano 10 miliardi, ma per gli obblighi di fatto o già assunti o ineludibili si arriva minimo a 30 miliardi.
Sono iniziati ieri i primi incontri del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con i responsabili dei vari dicasteri per spiegare loro che di soldi per finanziare il dibattito della finzione che alimentano quotidianamente prime e seconde file della politica ce ne sono in misura pari a zero euro spaccati. Questo tipo di incontri occuperà anche l’intera settimana prossima e il messaggio sarà sempre lo stesso. Quello dell’operazione verità sui conti pubblici italiani.
È assolutamente necessaria per fare capire a chiunque che mentre tutti si baloccano con le battaglie di parole sulla delega fiscale come sul salario minimo o sulla carne coltivata per superare questi giorni bollenti, la fredda realtà è invece che è in arrivo l’autunno della verità per i conti pubblici italiani. Non solo bisogna già trovare con difficoltà 30 miliardi, come abbiamo già scritto tempo fa, di cui 10 solo per rinnovare il cuneo fiscale, 6 miliardi di spese indifferibili tra missioni internazionali e altro, 2 miliardi minimo sulle pensioni, tre miliardi e mezzo per la sanita e poi i contratti pubblici, ma è evidente che proprio per questo non ci sono spazi reali aggiuntivi per soddisfare nessuno degli appetiti fisici del dibattito della finzione. Che sarà inevitabilmente aggravato dall’avvicinarsi delle elezioni politiche europee con tutte le bandierine che ognuno vorrà sventolare.
Sia chiaro: i 30 miliardi da trovare non determinano un problema reale per quest’anno perché avremo comunque un Pil un po’ meglio di quello che è scritto nel Def e si abbatterà anche se di pochissimo (0,7%) il rapporto debito/Pil, ma il problema vero si avrà l’anno prossimo perché non c’è nessun margine di deficit da utilizzare se si vuole che debito e spread continuino a calare evitando attenzioni indesiderate. Perché nel 2024 si parte da una stima di crescita dell’1,5% che i previsori tenderanno a comprimere e questo creerà un problema di impostazione della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef) di autunno.
Noi riteniamo che l’economia italiana possa ancora sorprendere perché le condizioni strutturali geopolitiche assicurano al Pil nazionale quel contributo del Mezzogiorno che manca da trent’anni e che tutti continuano a sottovalutare, ma fatto sta che già quest’anno con una crescita reale migliore su quella stimata il debito/Pil si abbatte solo dello 0,7% e, quindi, per il 2024 almeno in sede di impostazione del bilancio il quadro ovviamente si complica e sarà difficile non tenerne conto.
Uscendo giocoforza dal dibattito della finzione si entrerà ugualmente giocoforza nel mondo della realtà che misura la sfida vera del governo Meloni. Che è quella di avere una politica economica di tutta la legislatura ipotecata dal problema dell’inflazione e dall’eredità negativa del super bonus di oltre 20 miliardi l’anno per quest’anno e per i prossimi tre. A oggi per tutto l’orizzonte della legislatura Giorgia Meloni e il ministro Giorgetti si trovano a non avere libera la leva della politica economica.
Perché quella leva è bloccata dal contesto esterno e interno ed è un po’ come se una macchina non potesse utilizzare la leva del cambio di marcia. Anche per questo è assolutamente urgente riprendere con forza il bandolo delle riforme, a partire da tassisti e balneari, e coinvolgere tutti nella sfida cruciale degli investimenti pubblici legati al Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) e quelli privati collegati moltiplicati dal Sud nuovo Eldorado mondiale grazie a Zes unica e decontribuzione strutturale. Va sostenuta l’azione del ministro Fitto per mantenere invariati i saldi delle due rate del 2023 per 35 miliardi complessivi, operazione già realizzata, ma soprattutto per mettere la macchina esecutiva nelle condizioni di operare stabilmente con efficacia.
Questa visione di progetto Paese che parte dal Mediterraneo è l’unica che può alimentare scelte coerenti in termini di politica reale di sviluppo. Rappresenta anche la grande occasione storica dell’Italia e dell’Europa nel contesto nuovo delle catene della logistica accorciate e della fine del peso strategico dell’asse Est Ovest che obbliga a guardare ai quattro Mediterranei essendone noi la capitale europea di riferimento. Su questo punto non molleremo mai.
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