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Giorgia Meloni e Mario Draghi

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La crescita record delle esportazioni italiane extra europee compensa la caduta della domanda interna tedesca e viaggia verso un surplus commerciale su base annua, al netto dell’energia, che può arrivare a 100 miliardi. A ciò si aggiunge un boom storico del turismo che è arrivato a 12 milioni di pernottamenti stranieri in 4 mesi che trascina alla grande i servizi. Per questo il miracolo economico di Draghi prosegue con la Meloni, che non ha rotto il giocattolo della fiducia, portando la disoccupazione ai tassi della stagione aurea prima degli effetti delle grandi crisi. Il bellissimo è che in termini relativi il Sud va anche meglio del Nord.

Siamo stati i primi a parlare di un effetto Draghi sull’economia italiana che ha la qualità e la dimensione del secondo miracolo economico italiano. Qualcosa che nella sua sintesi estrema si chiama fiducia e che era destinato a durare a lungo. Credito internazionale personale, americano e europeo, irraggiungibile per chiunque, volontà dei soggetti economici nazionali – imprese e famiglie – di partecipare a questa rivoluzione culturale fatta di buon senso riformista, organizzazione e pragmatismo nelle scelte economiche e sociali. Siamo stati i primi ad avvisare che Giorgia Meloni mostrava l’intelligenza politica di non bruciare questo capitale di fiducia che avrebbe precluso la prosecuzione del miracolo economico in atto nonostante nelle sue file ci siano uomini dal passato illustre, anche di valore, divorati però da un’insana invidia nei confronti di Draghi.

Avevamo detto e ripetiamooggi che il rumoremediatico di casa nostra non essendosi accorto dei 12 e passa punti di Pil di crescita in poco più di due anni avrebbe continuato ad applicare ai risultati economici del governo Meloni la stessa logica della bolla propagandistico-politica. Che è solo italiana e mischia discussioni serie su argomenti seri come la ratifica del meccanismo europeo di stabilità (Mes) con il nulla del nulla del nostro vaniloquio quotidiano a reti unificate. Come dire: senza neppure dovere oscurare fiducia di consumatori e imprese alle stelle, esportazioni extra europee che volano, il Sud che in termini relativi fa meglio del Nord in tutto, il turismo che rompe i rilevatori statistici sotto la pressione di 12 milioni di pernottamenti esteri in quattro mesi e servizi messi a durissima prova per una domanda semplicemente esplosiva; no, non ha bisogno di oscurare tutto ciò, perché semplicemente molto allegramente lo ignora.

Non conosce la realtà. È un po’ come la storia del rimbalzo che veniva usata da tutti per ridimensionare il miracolo economico di Draghi non venendo in mente a nessuno di loro, nemmeno a chi ne aveva le massime responsabilità in quella stagione, che con la crisi dei debiti sovrani del 2011 si è dovuto attendere il 2015 per vedere qualcosa dopo avere perso nel 2012 oltre cinque punti di Pil. Altro che rimbalzo! Si andava sempre più giù, prigionieri degli eccessi di austerità e degli errori fatali della classe dirigente politica europea. Che cosa dire, poi, di tutti i centri studi del mondo produttivo e in genere che hanno sbagliato e, con la sola eccezione positiva della Banca d’Italia, continuano a sbagliare dal 100 al 400% le previsioni sul Pil italiano attentando al bene comune della fiducia. Senza peraltro che nessuno osi chiedergliene conto se non altro come danno erariale visto che incidono sulla fiducia e rallentano di conseguenza le entrate pubbliche derivanti dal moltiplicatore fiscale di investimenti e consumi che quella fiducia da loro scalfita ha fatto venire meno.

Ho scritto un libro “Riscatti e ricatti” (edizioni La Nave di Teseo) perché di questo miracolo ne rimanesse traccia a futura memoria e fosse chiaro a tutti qual era la portata reale della sfida della nuova Destra al governo. Che è quella di una Giorgia Meloni che se non rompe il giocattolo e fa le riforme può diventare la nuova Thatcher o altrimenti declinerà in una delle tante stagioni effimere della politica italiana. Al momento, nonostante il rumore mediatico interno infarcito di pregiudizi e qualche errore tattico, Giorgia Meloni non ha rotto il giocattolo. I numeri dell’economia lo confermano senza ombra di dubbio. A maggio di quest’anno l’export italiano verso i Paese extra-Ue rispetto al mese precedente, al netto di operazioni occasionali di elevato impatto di cantieristica navale, cresce addirittura del 5,2%. Trascinato dalle maggiori vendite di beni strumentali (+16,0%) e beni di consumo non durevoli (+7,2%) la crescita su base annua è del 4,1%.

Attenzione: il surplus commerciale, al netto della variabile energia, è tornato a 16,8 miliardi; da gennaio a maggio, sempre al netto dell’energia, il surplus è di 46 miliardi di euro e, se andiamo avanti così, su base annua arriviamo a 100 miliardi, sempre energia esclusa. Sono numeri straordinari che compensano la caduta della domanda interna tedesca dovuti al fatto che nei primi cinque mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2022, le esportazioni verso la Turchia sono cresciute del 22,4%, in Cina sono a +58%, in Medio Oriente a +5,9%, negli Stati Uniti +5,3%, India più 10,4, in Oceania +28% e nei Paesi della America Latina salgono dell’11,2%. Sono numeri da capogiro che dimostrano la solidità delle nostre imprese esportatrici che hanno innovato più delle altre imprese europee e ridotto l’indebitamento come certifica la caduta del numero delle partite incagliate.

Alla tenuta dei primati delle imprese esportatrici grazie al cambio dei mercati, attenuato cioè l’effetto negativo della Germania, nonostante la caduta della produzione industriale di aprile, si aggiunge un boom del turismo che è arrivato al record storico dei 12 milioni di pernottamenti stranieri negli ultimi quattro mesi che si trascina dietro alla grande il boom dei servizi. Tutto questo porta a creare tanta nuova occupazione buona e, cosa assolutamente strepitosa, addirittura più al Sud che al Nord. Avendo il primo assorbito il 53,5% del totale di nuova occupazione e conseguendo un tasso di crescita delle esportazioni superiore alla media italiana. Ovviamente i dati misurano il doppio fenomeno in termini relativi, ma se ne trova riscontro anche nelle performance in termini di ebitda e di valore aggiunto delle piccole e medie imprese manifatturiere oltre che in turismo e costruzioni. A conferma che si tratta di un dato strategico segnaletico complessivo che non può essere sottovalutato.

La nuova narrazione del Sud, che è il punto primo della Carta di Napoli per iMediterranei voluta da questo giornale, è il frutto di queste constatazioni tecniche tanto rigorose quanto incoraggianti. Per cui nei fatti il governo Meloni, preannunciato da tutti per ignoranza dei fondamentali dell’economia o per pregiudizio politico come il governo della recessione, può comunicare che a maggio il tasso di disoccupazione cala al 7,6% ed è ai minimi dal 2009. Per trovare un risultato precedente più basso, bisogna risalire a maggio del 2009 e, cioè, a 14 anni fa, quando il tasso di disoccupazione si attestava al 7,5%. Non è finita. Il tasso di occupazione è al 61,2% e continua a crescere in modo sensibile visto che solo a maggio di un anno fa era al 60,1%. Insomma, c’è un effetto Draghi diventato Meloni, perché gli operatori economici si sono convinti che la prima donna premier italiana non romperà il giocattolo, che riguarda anche il mercato del lavoro. Che continua a giovarsi della fluidità del jobs act come le imprese si sono giovate degli incentivi 4.0 della stagione Renzi-Calenda, dimenticata ingiustamente troppo in fretta da tutti per avversione ai loro caratteri, ma anche tout court della cosiddetta famosa fiducia che è quella che spinge le imprese ad assumere perché hanno meno paura di prima del futuro e fanno quello che devono fare per soddisfare la domanda di mercato.

Cosa che prima esitavano a fare proprio per assenza di fiducia nella stabilità italiana. Sarebbe ingiusto non sottolineare che in questa fotografia dell’Italia del miracolo economico c’è la fotografia di un Paese che lavora molto seriamente, che produce profitti e paga le tasse, ma c’è anche la fotografia di un Paese che continua ad evadere o togliere Pil a tutti evitando di liberalizzare le licenze dei taxi, le concessioni dei balneari e così via. Questo, però, è un tema che merita un articolo a parte ed è il banco di prova su cui nel medio termine, in casa più ancora che in Europa, la Meloni sarà giudicata.


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