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La narrazione è che va tutto male. Nessuno legge i numeri dell’economia e li confronta con quelli degli altri. Il boom dell’export italiano? I nuovi occupati a tempo indeterminato? Volano turismo e servizi? Tutto vero nei numeri, ma non esistono. Il desiderio di Italia nel mondo è esploso? No, è abolito concettualmente. Anche i consumi interni fanno crescere il Pil? Tranquilli, tutto inventato. Lo spread precipita sotto i 170 punti e il gas a 25 euro a MWh, ma che dite mai? Sarà uno scherzo. Lo spettacolo deve compiacere la realtà immaginaria in cui vive l’impresario dello spettacolo che ha paura che si dimostri che quando la politica favorisce, come con Draghi e con la Meloni, il mondo produttivo si mette a correre e fa 12/13 punti di Pil in tre anni. Invece di sfruttare il momento alto dell’economia evitando di produrre disastri e accelerando sulla riduzione delle diseguaglianze e della povertà. Il circuito mediatico-politico di destra e sinistra punta al dominio della paura che porta al disastro. Questo spettacolo e la stoltezza delle opposizioni sono l’insidia più grave per il miracolo economico italiano.
La narrazione dominante è quella che bisogna dire che andiamo male. Punto. Nessuno guarda i numeri dell’economia. Nessuno li legge e li confronta con quelli degli altri Paesi europei, di Stati Uniti e Cina. Nessuno guarda niente. Il boom delle esportazioni italiane? Non esiste. Il boom dei nuovi occupati italiani a tempo indeterminato? Non esiste. Il boom del turismo italiano di provenienza americana? Non esiste. Il boom dei servizi italiani aerei, ferroviari, marittimi? Non esiste.
Il desiderio di Italia nel mondo semplicemente è esploso? Viene abolito concettualmente. La crescita dei consumi interni fa aumentare in misura significativa il prodotto interno lordo (Pil) e esprime meglio delle chiacchiere il potere di acquisto delle nostre famiglie? Tranquilli, semplicemente non esiste.
Lo spread è calato sotto i 170 punti e il prezzo del gas è sceso a 25 euro a megawattora (MWh), è successo, ma il senso con cui lo si racconta è del genere: ma che dite mai? Sarà sicuramente un scherzo, e poi quanto dura?, diciamo che non è possibile ammetterlo. Il fatto che banalmente per trovare un taxi a Roma devi attendere 40 minuti anche questo non esiste e, se ti azzardi a dire che la domanda è esplosa frantumando l’offerta, sei uno che racconta storie.
Sia ben chiaro: tutto ciò non vuol dire affatto che non dobbiamo misurarci con problemi strutturali imponenti di divari territoriali, generazionali e di genere, di un tema vero di diseguaglianze retaggio della miopia di una politica economica dominata dalla frammentazione decisionale e dal dominio di corto respiro delle Regioni dei ricchi, così come non vuol dire che dobbiamo occuparci con maggiore determinazione di fasce ancora molto estese di dolorosa povertà. Tutto ciò vuole semplicemente dire che dopo venti anni da fanalino di coda dell’Europa da circa tre siamo diventati in economia la locomotiva europea e che, per la prima volta, anche quei carichi pesantissimi e persistenti di debolezze di reddito e di qualità della vita se non proprio di povertà e di fame si stanno comunque almeno di un pochino riducendo.
Tutti questi piccoli segnali positivi in controtendenza andrebbero colti e valorizzati per accrescerli con la fiducia che genera a sua volta consumi e investimenti e produce lavoro vero che riduce povertà e diseguaglianze. Il miracolo economico indiscutibile e, addirittura, poderoso nelle sue dimensioni di crescita in termini di prodotto interno lordo andrebbe difeso e rivendicato orgogliosamente come bandiera della rinascita italiana.
Tutto ciò non avviene, tranne pochissime eccezioni, perché lo spettacolo è fatto per compiacere la realtà immaginaria in cui vive l’impresario dello spettacolo.
La comunicazione si fa sul mainstream e si può dire da una settimana all’altra con lo stesso titolo di scatola di apertura del giornale che l’onda di destra si è fermata alla fine del primo turno e che spira il vento della destra alla fine del secondo turno. Bianco e nero uguali sono. Il dato politico-mediatico drammatico è che tutti cercano di inventarsi la realtà che ci si aspetta, quella che ognuno di loro desidera, invece di pensare tutti insieme a come fare per sfruttare al massimo il momento alto dell’economia evitando di produrre disastri.
Il dato strutturale gravissimo di occultare deliberatamente la verità impedisce di fare quello che si deve fare e rischia di azzoppare tutto ciò che di buono l’economia produce in ogni campo. Per cui dobbiamo tutti almeno dire per forza che il Pnrr non funziona, che il caso in Europa non è la Germania come dice l’Europa ma l’Italia, bisogna dire in generale che tutto non funziona e anche se qualcosa funziona è in agguato tutto ciò che impedirà che quel qualcosa continuerà a funzionare. Tutti puntano al dominio della paura e questo porta al disastro. La gente è preoccupata del futuro e, si dice, questo favorisce la destra perché tradizionalmente è nata per dominare la paura.
Ora, purtroppo, la stessa cosa la fa la sinistra che parla solo di catastrofe ambientale. Che dice che non avremo più nulla da mangiare. Che la scuola è a pezzi o praticamente chiusa quando ha invece problemi seri da risolvere, ma continua a produrre la migliore classe dirigente europea. Che la sanità non è in grave difficoltà – cosa verissima – ma addirittura non esiste più. Con questi catastrofismi da una parte e dall’altra non si va da nessuna parte e si riduce il futuro di un Paese a un ping pong della tragedia senza mai entusiasmarci dei risultati che invece dopo vent’anni riusciamo a raggiungere e che il mondo intero ci invidia.
Perché naturalmente questa cosa del miracolo economico italiano è arrivata e non sapendo a chi attribuirne il merito si preferisce negare che sia arrivata. Succede perché non si vuole dire che è merito della credibilità e della fiducia che Draghi ha restituito in casa e nel mondo all’Italia e della Meloni che ne ha preso il posto con una forte investitura popolare di non avere scassato il giocattolo. Succede, soprattutto, perché non si vuole ammettere che il miracolo è frutto della capacità assoluta della economia italiana di reagire a pandemia e guerra in una condizione finalmente favorita dalla politica. Perché riconoscere questa semplice realtà significa dire che una gran parte della politica precedente è stata fallimentare e che a salvarci è stato quasi sempre lo stellone d’Italia e non l’azione di un leader di governo espresso da quel sistema politico-mediatico autoreferenziale che è sempre lo stesso.
Questo è il circuito perverso italiano da cui dobbiamo uscire. Sono tutti terrorizzati dal fatto che quando l’opinione pubblica realizzerà che c’è stato questo miglioramento, e in parte già lo sta facendo, finirà con attribuirlo interamente alla Meloni, ovviamente anche molto oltre i suoi meriti, e questo finisce con aprire un nuovo orizzonte politico che fa paura a troppi perché è nuovo e, quindi, non lascia posto ai vecchi. Stringi stringi, la malattia è questa e faremmo bene a guarire in fretta. Soprattutto le opposizioni perché nessun governo alla lunga riesce a fare bene se non è costretto a misurarsi con una forza di opposizione compatta e intelligente che obbliga a meditare le cose e a farle per il meglio condizionandole e favorendo una positiva condivisione generale. Lo spettacolo della paura e la stoltezza delle opposizioni sono insieme l’insidia più grave per il miracolo economico italiano.
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